Harry Potter e il calice di fuoco (Harry Potter and the goblet of fire)
di Mike Newell, 2005
La trovata migliore nell’adattare una saga ormai divenuta industriale è stata quella, forse in un primo momento disperata, di affidare a registi diversi per provenienza e per curriculum i vari capitoli: la stessa idea di riutilizzare Columbus fu artisticamente disastrosa. E così, dopo il soprendende terzo capitolo, ecco le avventure del giovane mago inglese in mano (finalmente) ad un regista inglese.
E Mike Newell, che sappiamo essere regista di ottimo mestiere, rovistando nel Calice di fuoco, trova facilmente materiale con cui giocare a suo piacimento. Perché questo è il libro dove, soprattutto, si consolidano i rapporti, si cresce sentimentalmente, si comincia ad entrare nel "delicato selciato dell’adolescenza". Le prime coppie, i "primi batticuori". Brr, la smetto. Comunque, per metà abbondante della sua durata Harry Potter 4 è questo: una vera e propria commedia dei sentimenti, con i personaggi che si desiderano l’un l’altro, in un balletto (non solo metaforico) ormonale di frasi non dette e qualche doppio senso, ricerche amorose e tanta foia. Cose che, nella cupa cornice di Hogwart, sono quanto di più bizzarro possa venire in mente.
Ma questo è anche il libro dove succede quello che succede alla fine (non voglio rivelare, se lo sapete peggio per voi). Per cui, dopo un’ora e mezzo di questa strana pochade, c’è la parte subacquea – pazzesca, quasi visionaria – quella del labirinto – claustrofobica e da incubo, quella sì quasi horror – e lo scontro finale, un po’ George Lucas e un po’ Ken Shiro. Tutte sequenze con i fiocchi, con i cazzi e i controcazzi.
Va bene, ci sono gli ovvi limiti dichiarati di un prodotto che deve essere masticabile per un altro tipo di pubblico. Va bene, l’episodio di Cuaròn era forse – un dito – migliore. Va bene, ci sono ancora delle difficoltà (ma sempre meno) per i non-iniziati. Ma questa è una saga sempre più divertente e coinvolgente, e sul finale persino commovente: diciamolo, non è più tutto un giochino da bambini, e l’avevamo già capito. Qui ora c’è la morte, con cui fare i conti.
Viste le aspettative ribassate dall’entusiasmo malcelato per il terzo episodio, è inutile negarlo: questo maledetto Harry Potter ci piace sempre più. Continueremo a non leggere i libri della Rowling perché si ha di meglio da fare nella vita, ma i film del maghetto – sempre più insopportabile alla vista – li attenderemo con ansia.
Hermione invece è sempre più carina ed sempre più brava la sua interprete Emma Watson. Ci garba. Ma c’è un conflitto d’interesse, perché qui si farebbero carte false per Katie Leung. Che è pure maggiorenne e non si va nel penale.