L’amore sospetto
(La moustache)
di Emmanuel Carrère, 2005
La moustache, tratto da un romanzo dello stesso Carrère, parte da un’idea davvero bizzarra ma terribilmente stimolante: Marc (un Vincent Lindon sospettoso – non mi viene altro termine, la sua sola espressione è quella, ma gli riesce bene) decide di tagliarsi i baffi per un vezzo, ma tutta la gente intorno a lui non nota la differenza, anzi, nega che lui li abbia mai avuti. Soprattutto la sua fidanzata, di cui comincia a dubitare, perché pur di non accettare la propria follia chiunque sospetterebbe prima di tutto degli altri. E i baffi sono solo l’inizio.
Pur trattando e rappresentando temi interessanti come – ovviamente – la perdita dell’identità e la ricerca esasperata dell’annullamento della stessa – i viaggi senza meta nei nonluoghi, qui i battelli aeroportuali di Hong Kong -, l’interesse maggiore del film è al livello delle strutture superficiali del racconto, che si sviluppa come una variazione quasi metanarrativa tutta giocata sul ribaltamento e la forzatura della forma retorica del punto di vista.
Condividendo infatti in tutto e per tutto quello di Marc, anche nelle possibili visioni e paranoie, lo spettatore è altrettanto sperduto nel dubbio, e quando interviene la follia a chi guarda non resta che barcamenarsi come può tra passato e presente, sogno e realtà. Peccato che però tutto ciò si perda molto nella seconda parte, troppo occupata a tirare su metafore per non accorgersi che ci si annoia, e la senzazione è che nonostante la brevissima durata del film, giunto ad un certo punto Carrère avesse finito le idee per quello che sarebbe stato un bellissimo cortometraggio.
Si gusta con piacere e si dimentica al volo, come la realtà.
Un tantino fuorviante il titolo italiano, neh? Ma si sa, la francia è il paese dell’amore, ah, l’amour, e i francesi fanno solo film d’amore e si baciano con la lingua.