L’innocenza del peccato (La fille coupée en deux)
di Claude Chabrol, 2007
Un piccolo mea culpa: ho recuperato il film, tra l’altro con notevole ritardo, ormai parecchi giorni fa. E poi mi sono dimenticato, letteralmente, di averlo visto – e quindi di scriverne. Forse il film meritava diverse sorti anche da queste parti, perché si tratta comunque di un’opera di professionalità cristallina, costruita su un magistrale triangolo – anche se il mio personaggio preferito, quello di Caroline Sihol, ne è al di fuori. In ogni caso, il film mi ha colpito più che altro per la sua programmatica freddezza: una lucidità assolutamente glaciale che se anche fa parte delle scelte stilistiche caratterizzanti del film e del suo autore, rende anche difficile riuscire a immergersi nella vicenda senza distaccarsi da constatazioni puramente analitiche. Questione di metodo più che altro, e sulla precisione millimetrica e spietata di Chabrol non si discute, ma l’entusiasmo si ferma a un certo punto – anche a causa di un approccio alla materia che predilige metafore troppo forti e persino troppo incisive. Come quella, per esempio, che dà (addirittura) il titolo e la chiusura al film. Ma il modo in cui Chabrol provvede ancora una volta alla dissacrazione e alla dissezione dell’ipocrisia borghese (soprattutto con due sequenze: ovviamente quella dell’omicidio, terrificante per come interrompe violentemente all’improvviso un’assenza di crescendo che è tanto deliberata quanto piena di presagi, ma anche quella, tutta di negazione, dell’iniziazione di Gabrielle nel club di Charles) ha ancora pochissimi eguali nel cinema europeo. Una notazione di sconforto per il pavidissimo titolo italiano.
Io il titolo italiano ho fatto finta di non conoscerlo neanche. Mi sa che comprerò il dvd estero.
Sul film: è stato uno della mia top ten dell’anno scorso. Il ritorno di Chabrol alla perfezione, per me. Lucidissimo e freddo come il suo migliore cinema.
Ora mi manca il tuo pezzo su Presque rien e posso morire felice. ^_^
Ciao bellissimo.