Dragon trainer (How to train your dragon)
di Dean DeBlois Chris Sanders, 2010
Si tratterà forse di un caso isolato (questo è ciò che lasciano intendere i progetti futuri dell’azienza) ma Dragon trainer sembra proprio essere la dimostrazione che alla Dreamworks Animation hanno capito come si fa a fare un gran bel film d’animazione e non un’accozzaglia di gag rifritte e buone per un pubblico decerebrato – ed è, finalmente, il loro primo film davvero maturo e davvero bellissimo.
Hanno raggiunto questo risultato lavorando su territori già percorsi dai ben noti rivali che per timidezza o paura del rischio erano stati accantonati (la scrittura, la caratterizzazione dei personaggi, ma soprattutto il cuore) dando più spazio all’immaginazione e allo stile degli autori (non a caso ex Disneyani: a loro si deve Lilo & Stitch, e si vede) più che alle mere necessità industriali e commerciali. Un piccolo rischio che sta già ripagando con uno dei più eclatanti casi commerciali della stagione: il film invece di calare nelle sale dopo le prime settimane è cresciuto, riportandosi al primo posto – facendo, in parole povere, una barca di soldi grazie al buon vecchio passaparola.
Tutti meritati: Dragon trainer è un film spudoratamente bello ed emozionante, non soltanto per la qualità e l’attenzione di cui si parlava, per la sua delicatezza e per il design colorato e ricchissimo dei draghi che popolano la pellicola (Sdentato in cima), ma anche per la sua portata tecnologica, non del tutto slegata (come sempre) dal "contenuto": si tratta infatti, con buona pace degli ancora insuperabili colleghi della Pixar, dell’applicazione più immersiva, più completa e, per ora, definitiva, della tecnologia 3D nel cinema animazione, che trova nella fascinazione del volo il suo terreno (anzi il suo cielo) ideale, con sequenze che fanno venire la pelle d’oca e le lacrime agli occhi, e che fanno fare un balzo in avanti al sistema e che si impongono immediatamente come nuovo punto di partenza e nuovo esempio da seguire.
Quest’attenzione all’aspetto tecnico e formale sacrifica semmai quella alla struttura narrativa, rispettosamente e forse volutamente risaputa, che si rifà ancora una volta ad archetipi arcinoti che vengono dall’universo della favola e da quello psicanalitico, con la sua storia lievemente liberal di rivalsa dell’alterità e di lotta ai pregiudizi – ma il mondo creato da DeBlois e Sanders intorno all’immaginario vichingo (non propriamente il più facile da far digerire a un grande pubblico) è assolutamente riuscito, spassoso e irresistibile, e la semplificazione della storia è un sacrificio che facciamo volentieri, se ci si dà la possibilità di saltare in groppa a un drago e prendere il volo. Di sognare senza bisogno di chiudere mai gli occhi.
Completamente d'accordo!
Lenny Nero
Aggiungo che l'accento scozzese dei vichinghi, soprattutto del 'maestro di draghi', è una delle tante buone idee di un film godibile.
sottoscrivo pur'io, 'aggiungendo all'aggiunta' che la scelta delle voci originali è una chicchella quasi meglio di 'Cloudy with a Chance of Meatballs'…
non solo il già citato Craig Ferguson ma anche il poker Jonah Hill, Kristen Wiig, T. J. Miller, Christopher Mintz-Plasse.
eazye