The Town
di Ben Affleck, 2010
Sei anni fa in Team America: World Police, Trey Parker e Matt Stone facevano cantare a uno dei loro pupazzi “I need you like Ben Affleck needs acting school: he was terrible in that film”. Il film in questione era Pearl Harbour, ma nonostante alcune intepretazioni applaudite e il sodalizio con Kevin Smith grazie al quale acquistò molte simpatie, basta pensare che nel 2003 l’attore era riuscito a infilare una tripletta come Daredevil, Gigli e Payback per capire come potesse essere considerato a quei tempi. Tutto ciò per far capire meglio la sorpresa che fu vedere nel 2007 il suo straordinario e intenso esordio alla regia, Gone Baby Gone. Nel giro di tre anni, con un’inattesa Coppa Volpi per Hollywoodland nel mezzo, Affleck si era trasformato dall’attore rigido e legnoso che conoscevamo in uno dei più promettenti registi del cinema americano.
Proprio per questo, le aspettative intorno a The Town erano considerevoli: riuscirà l’opera seconda a tenere testa a quel sorprendente esordio? O si era trattato solo di un colpo di fortuna? Bando agli indugi, questo film è probabilmente inferiore al suo precedente, ma è anche senza dubbio una conferma: Ben Affleck è davvero un bravissimo regista. Il film è più canonico nel suo sviluppo narrativo, ma anche più onesto: Affleck riprende ancora una volta l’ambientazione bostoniana a lui cara e racconta la storia amara e romantica di un riscatto impossibile, mettendo a fondamenta tre eccellenti sequenze di rapina – una che apre in grande stile il film, un ottimo inseguimento centrale (quello con le maschere da suora), e quella che dà il moto all’inevitabile conclusione.
Ma The Town non è solamente un film di rapina o un “western contemporaneo”, né è soltanto il film del Doug MacRay che Affleck si è cucito addosso con innegabile talento a partire dal libro di Chuck Hogan, ma è un film che fa grande tesoro dei suoi moltissimi personaggi e del suo brillante cast (tra cui spiccano Jon Hamm, Jeremy Renner e due attrici favolose in ogni senso come Rebecca Hall e Blake Lively) per dipingere un robustissimo affresco sulla periferia americana che non ha paura di prendersi i suoi tempi (il film dura circa due ore, e si sentono tutte) e che fa pochissimi sconti nel raccontare il contrasto tra il legame con le proprie origini (la città, il quartiere, la via) e il desiderio pulsante di fuga dal proprio passato. Fino a quando Doug non capisce che se la fuga è possibile, il passato si paga.
Il lungo articolo sull’ultimo numero di Empire dice una cosa interessante, dice che The Town in qualche modo mostra che cosa ne è stato dei ragazzi che il buon Will Hunting ha lasciato a South Boston, alla fine del film che proprio ad Affleck regalò la fama (e mezzo Oscar come miglior scneggiatore): giusto. Ora resta da vedere se con questo titolo si sia conclusa la sua “saga bostoniana”, se Affleck sia in grado di raccontare altre storie, altri luoghi, se sia capace di fuggire anche lui da quella città e da quelle ossessioni. Ma se farà sempre la stessa cosa con questa qualità, non saremo certo qui a lamentarci. E in conclusione a una lista di meritati elogi, il pezzo dice anche un’altra cosa: “tutto questo dal tizio di Gigli“. L’hai detto.
“la sorpresa che fu vedere nel 2007 il suo straordinario e intenso esordio alla regia, Gone Baby Gone”
..e infatti, chi se l’aspettava un film così? The Town non l’ho ancora visto, ma m’ispira parecchio.
Non è che avessi molto da dire, però tu citi Trey Parker (grazie Grilled Cheesus per Trey Parker!) e io DEVO scrivere, anche solo per citare l’altra grande pearla di saggezza di quella canzone: “why does Michal Bay get to keep on making movies?”
Michael
“per mettermi i piedi in testa ci vuolebbènaffleck!”
(scusa, non ho potuto resistere)
tranquillo, questa la dico sempre anch’io
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non sono molto d’accordo.. premetto che gone baby gone mi era piaciuto molto, ma The Town mi è piaciuto di più.. sarà ce mi devo rivedere Gone baby gone?
Comunque mi chiedo perchè non abbia cominciato prima a fare il regista..
Utente Anonimo
“Ben Assleck” (copyright Eric Cartman).
Bello teso, buona regia, cast veramente incredibile (spero di vedere Hamm più spesso al cinema che se lo merita, non vorrei finisse imprigionato nel ruolo di Don Draper) ma ad esser sincero il finale m’ha lasciato l’amaro in bocca…
magnifico.
un film con i controcoglioni.
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ATTENZIONE – MINIMO SPOILER IN AGGUATO
“[...] un ottimo inseguimento centrale (quello con le maschere da suora) [...]”
Fresca fresca di visione e un po’ delusa. Aspettative troppo alte? Po’ esse. Però, sarà che sono stupidella o peggio, ma qualcuno mi può spiegare perché alla fine di quell’inseguimento il poliziotto nell’auto a fine corsa gira la testa dall’altra parte? Temo sia un momento centrale e io sob, non l’ho capito. Saranno gli antibiotici, sarà la fino a ieri febbre, ma davvero non l’ho capito, cosa che da lì in poi mi ha guastato il resto. Peccato, anche perché sì, Rebecca Hall e soprattutto Blake Lively (che in quella scena non c’entrano) sono una gioia.
Non sono sicuro di aver capito di quale scena parli, ma se è quella che dico io a me è piaciuta molto – non solo per come è congegnata ma perché riesce a dare l’idea di quello che passa per la testa ai personaggi senza dire una parola. Quel poliziotto non faceva parte dell’inseguimento, era in quel punto perché c’erano dei lavori in corso, ma avvistati i rapinatori armati capisce subito tutto, così come capisce che se proverà a dare l’allarme verrà ucciso. Quindi semplicemente decide di fare finta di niente e si volta dall’altra parte.
Quel poliziotto è pure lui di Charlestown, questo ho pensato io quando si volta dall’altra parte. Il film m’è piaciuto, nei momenti in cui m’è piaciuto, perché, pur essendo un film-americano-con-le-spalle-larghe-e-il-mascellone, ogni tanto ti lascia un po’ sola e puoi pensare quello che ti va.