Ladri di cadaveri – Burke & Hare
di John Landis, 2010
Tra il 1977 e il 1985 John Landis, ai tempi all’incirca trentenne o poco più, ha realizzato un pugno di film amatissimi e che hanno condizionato il cinema americano in modi che intere filmografie di colleghi più fortunati di lui non hanno saputo fare; e a parte opere seminali e imprescindibili come The Blues Brothers e Animal House, o la commedia perfetta e chirurgica di Una Poltrona Per Due, alcuni di quei film erano di fatto autenticamente sperimentali: basti pensare al modo in cui commedia e horror si incontravano in Un lupo mannaro americano a Londra e senza cui forse non avremmo la horcom contemporanea; oppure ai cambi di registro di Tutto in una notte, quasi coeniani ante litteram; al sodalizio epocale con gli ZAZ in Ridere per Ridere che è stata la radice di tutto il cinema demenziale successivo; a quella vetta della storia del videoclip che fu Thriller nel 1983. Il lascito di quegli anni così lontani, a un quarto di secolo da Spie come noi, è ancora enorme e pesantissimo, e nonostante la decadenza implacabile degli anni ’90 e la dozzina d’anni di pausa dall’ultimo lungometraggio, Landis è davvero uno dei cineasti della nostra vita. Si attendeva da tempo un ritorno del regista di Chicago, come già quello di altri suoi colleghi, ma Landis è tornato dietro la macchina da presa in vesti inaspettate e inusuali – una produzione britannica, con cast britannico, per una vicenda profondamente britannica: Burke & Hare è infatti la storia di due assassini irlandesi che negli anni ’20 dell’ottocento uccisero 17 persone in Scozia per poter poi rivendere i corpi a illustri anatomisti. Tra le mani di Landis e degli sceneggiatori, le vicende di Burke e Hare diventano un film allegro e allegramente violento, nerissimo anche se leggero come l’aria, che utilizza al meglio le doti dei due interpreti (Simon Pegg e Andy Serkis) per recuperare il gusto puro della black comedy: tant’è, che il film è realizzato con uno stile e uno spirito narrativo e produttivo drasticamente fuori dal tempo. Ma non sempre dire di un film che è “vecchio” significa un insulto, non fino in fondo- soprattutto quando sotto alla polvere che si alza soffiando sulle pagine appare ben in rilievo la mano sicura di un grande professionista. Il cui talento, scopriamo con malcelata gioia, non è stato del tutto smorzato dall’inattività. Certo, ogni risveglio dal coma necessita una proporzionale convalescenza: insomma, c’è ancora tanto da lavorare. Ma come primo passo, beh, non c’è male. Bentornato, allora? Bentornato, allora.
mi ricorda il pessimo I sell the dead… stessa storia?
Uh, I sell the dead. L’ho pure visto ma non me lo ricordo molto bene… il che la dice lunga
comunque la storia non è la stessa, là mi sembra che si prendesse una piega horror, con zombi e fantasmi, qui no; l’ambientazione è simile, ma là eravamo in Irlanda e qui in Scozia. Comunque questo è riuscito meglio.
L’ho visto la scorsa settimana e l’ho trovato piuttosto moscio. Una comicità che ha quasi paura di strafare. L’impressione è che Landis si sia divertito molto più del pubblico. Speriamo nel prossimo The Rivals.
L’ho trovato moscio anch’io. Non brutto per carità, ma mi ha lasciato un po’ meh. E come dici anche tu, per come è confezionato e girato, mi sembra fuori tempo massimo di un po’. Nulla di drammatico, non sono uscito dicendo ‘Rivoglio i miei soldi!’… però neanche con la voglia di rivederlo un giorno.