Innocence (Kôkaku kidôtai 2: Inosensu)
di Mamoru Oshii, 2004
Oshii continua il discorso iniziato con Ghost in the shell, riprendendo i temi e il personaggio cupo e noir del protagonista. Certamente anche Innocence non è per tutti: è un anime arduo ed estremamente adulto, infarcito inoltre di una letterarietà enciclopedica, da Confucio a Milton, che però non si ferma al citazionismo ma permette di sviluppare le tematiche, che sono sempre quelle altissime della natura dell’essere umano e dell’anima nell’era cibernetica, nell’era della riproducibilità (del corpo, dell’arte).
Nonostante questa complessità e parziale oscurità (ma è solo questione di attenzione, la sottotitolazione per una volta non aiuta), il film può esssere vissuto come un’esperienza puramente visiva. Sotto quest’ottica e a questo livello, è forse il punto d’arrivo del cinema d’animazione (non solo nipponica), sia per la meraviglia visiva che per l’integrazione di tecniche differenti.
Anche nella forma narrativa, il film non si ferma alla mescolanza tra fanta-action e trattato filosofico, ma sviluppa nuovi percorsi (forse rivoluzionari), arrivando al puro genio della lunga sequenza del castello di Kim, in cui Oshii completa un ideale tracciato postmoderno, sia a livello della narrazione (e qui non posso spiegare, va visto) che a livello tematico (il dubbio ontologico nella virtualità).
I titoli di coda presentano una versione cantata in inglese del Concierto de Aranjuez di Rodrigo (di cui è celebre la versione di Miles Davis in Sketches of Spain), ed è sempre un bel sentire. I titoli di testa, invece, tolgono letteralmente il fiato: di una bellezza inspiegabile, impossibile resistere alla tentazione di guardarli e riguardarli ancora.
Capolavoro.
Un consiglio: andate a leggere quel che ne ha scritto MurdaMoviez: lui lo adora molto più di me, ma nonostante ciò ne ha parlato in modo più completo, serio e preciso. Buona lettura. Ciao Lore’.