Kairo
E’ il secondo film di Kurosawa Kiyoshi che vedo (di Charisma ho parlato tempo fa), e sono ancora entusiasta del personalissimo stile di questo eccezionale regista giapponese. Il suo è un cinema decisamente horror, qui con reminiscenze romeriane (la visione finale), ma soprattutto con un occhio a quel “new japanese horror” che lui (con Cure, che cerco disperatamente) e Nakata (con Ringu, di cui ho parlato nel blog appena nato) hanno fatto nascere e visto crescere. Ma c’è qualcosa di più, che scava sotto l’orrore, e che lo distingue da Nakata.
Se Ringu era un film dalle radici sociologiche, Kairo è un horror esistenzialista e metafisico, una ghost-story in piena regola che, attraverso il contrasto tra i cari vecchi fantasmi e la rete di internet (tecnologia e soprannaturale, ma anche razionale e irrazionale) ci parla della solitudine dell’uomo contemporaneo, nonostante la retificazione, e forse a causa di essa. Un film sulla solitudine e sull’assenza, come confermano i bellissimi dialoghi, e il finale, che conferma la vena disperatamente apocalittica e pessimista che avevo visto nel finale di Charisma.
Per gli altri: fa paura. Mi sono proprio cagato in mano.
Continuo con l’invidiarti per la visione di questi film;-)ciao!!
Uno dei più bei film di SEMPRE
banjo
E poi c’è Koyuki Katō… cheffiga!
Banjo