Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera
E come se non bastasse il titolo italiano, mi diverto e posto quello originale: Bom yeoreum gaeul gyeoul geurigo bom. Intuisco che Bom voglia dire Primavera. Che bello il coreano, eh?
Purtroppo, per la scarsa (diciamo nulla) distribuzione che i titoli coreani hanno in Italia, non avevo mai visto nessun film di Kim Ki-Duk, né Isle, né Bad guy, e via dicendo. Sapevo che questo era diverso, ma forse è una fortuna non aver visto altro per ora, perché ho potuto apprezzarlo per quel che è, e non relativamente. Il mio consiglio personale (e discutibile, ma non sono il solo a pensarla così) è: diffidate di chi ne parla male.
Dunque, bellissimo. Voglio esser banale: un viaggio calmo ma appassionante nelle stagioni della vita, mai rappacificato né sereno, ma con un invidiabile sguardo al futuro, e un senso dello scorrere del tempo che affascina e sconcerta, e che (nonostante le mie dubbie previsioni) non annoia. Stagione per stagione, dunque, il peccato e l’espiazione, l’abbandono e il ritorno, la vita e la morte.
Quattro stagioni, quattro sequenze. Primavera. Forse la sequenza meno significativa, ma in realtà funzionale ed essenziale per lo sviluppo narrativo a posteriori. Estate. La mia preferita, in assoluto: l’amore come scoperta della solitudine e del dolore. Autunno. Forse la più interessante, la più forte, la più contrastata e dolorosa: l’espiazione inevitabile, e il mondo esterno che non può interferire con essa. Inverno. Esteticamente splendida, fatta di corpi e silenzi, della riconquista dello spazio da parte del corpo, e dello sguardo negato di una madre. I colori esplodono nel bianco della neve e del ghiaccio, e si tirano le somme di tutta una vita, di tutte le stagioni.
E poi, ancora Primavera.