luglio 2004

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(altre letture)


Odio, detesto lasciare i libri a metà. Ma La struggente opera di un formidabile genio di Dave Eggers dopo 203 pagine mi ha costretto ad abbandonarlo. Indubbiamente genialoide e scritto da dio, ma troppo megalomane e alla lunga poco interessante.


Sto completando invece la lettura di Soffocare di Chuck Palahniuk. Dallo stess humus del celebrrimo Fight club, un libro caustico, cinico, un’opera irresistibile e divertentissima sulla dipendenza e sul sacrificio. Lo consiglio a tutti.

[i'm un chien andalousian]


Scusate tanto, ma l’offerta cinematografica del comune di Finale Ligure è abbastanza risibile… niente cinema, quindi, ma un breve [fuori tema]


Ogni estate ha la sua canzone. La mia canzone dell’estate 2004 è senza alcun dubbio Here comes the man, dei Pixies.


Anzi. Surf, direbbe Lillo. ‘Pazzire, direbbe Teo. Quant’erano avanti? Una vita, direbbe Emi.


Il titolo qui sopra incece viene da Debaser e cita Bunuel. Il cinema salta sempre fuori.


E già che ci sono, aggiungo che “stavo nuotando nei caraibi, e si nascondevano tutti dietro le rocce, tranne quel pesciolino, ma mi dicono, e lui giura, che stava cercando di parlare a me a me a me a me…” (da Where is my mind?)


ps: grazie, Gas, grazie grazie (gran cd)

[fuori tema (quasi)]


Ti prendo e ti porto via – Niccolò Ammaniti


Al mare si legge di più e si va meno al cinema. Meno male, almeno qui. Questo non vuol dire che diventerà un blog letterario. Per carità. Non mi permetterei mai.


Voglio solo consigliarvi caldamente e con tutto il cuore questo libro, che ho appena finito di divorare, tra i brividi.


Tutto qui. Tanto per concludere un po’ meno fuoritema, non vedo l’ora di vedere che ne farà Paskaljevic (se se ne farà qualcosa….)


“Preparati, perché quando passo da Bologna…”

[leaving]


Sto partendo. Lascio qui un saluto a tutti i lettori affezionati (o meno). Il mio soggiorno on the seaside perdurerà (ahivoi!) fino al 31 Luglio.


Non sono esclusi aggiornamenti versione marina, ma sono una cosa ipotetica.


Se volete disperatamente cercarmi, unite con intelligenza l’icona qui a destra e il mio indirizzo email.


Buon luglio a tutti! A presto!


Kekkoz


ps: lasciate commenti su Mystic River!

Mystic river


Uno straziante romanzo corale sulla perdita dell’innocenza. L’innocenza di tre uomini che vedono i pezzi della loro vita sfaldarsi. Perché forse sono tutti morti da un pezzo, quando la loro infanzia si è sgretolata mostrando l’incredibile assurdità del mondo. Come vampiri, il morbo del male è rimasto dentro di loro. Ma anche l’innocenza di un’intera nazione, che nonostante tutto nel finale sfila in modo rassegnato nel giorno dell’indipendenza. E poi il senso di colpa, la protezione dell’intimità, l’amicizia e la vendetta.


Attori fenomenali (tutti e tre, allo stesso incredibile livello), sceneggiatura complessa ma impeccabile. Straordinari l’incipit (flash di buio che separano i ricordi come lacrime nere sugli occhi) e il finale: il fantasma di una macchina che se ne va, quelle frasi, la parata, quei due sguardi, quei due gesti. E infine, il fiume.


Un meraviglioso affresco morale (travestito tra thriller) in cui i personaggi escono di rado dal buio della penombra che li sovrasta (e li protegge), dipinto da Eastwood con classicismo sofferto e inevitabile, ambientato in una Boston oscura e dominata dallo scorrere del fiume mystico. Quasi un personaggio, un dio fatalista che ingoia i ricordi del passato, e scorre inevitabile come il tempo.


Grande, grandissimo cinema.

C’era una volta in America


Sarà forse la smania di partire (lasciare la canicola bolognese), sarà il “post posticipato” da ieri (e il viso angelico di Jennifer Connelly), sarà la stanchezza (e una valigia che pesa), ma non trovo le parole. Forse ce ne sono troppe, forse troppo poche. Ce n’è una che mi gira nella testa da ieri. Quella unica parola sarà il mio commento.


Magnifico.


Ce l’avete anche voi una parola per C’era una volta in America?


[...]


Primo Dvd, ieri. Secondo Dvd, oggi.


Il post, a domani.

[gente seria]



Per altre informazioni, leggere qui.


ps: già che sono qui, aggiungo che il blog subirà una robusta decelerata almeno fino alla fine di questo mese (avrò altro da fare che guardare la tivì, ma qualche cine non è escluso)

Bilancio semestrale


Sei mesi di blog
Film visti (e commentati): 176
Media: 0,96 film al giorno


Riassunto delle uscite del 2004
(divisi secondo i voti su Cinebloggers)


Nota 1: non sono i “migliori”, sono TUTTI
Nota 2: non è una classifica, sono in ordine alfabetico



Big fish
Kill bill vol.2
Il ritorno del re



Dopo mezzanotte
La casa dei 1000 corpi
Le regole dell’attrazione
Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora Primavera
Primo amore
Una storia americana



21 grammi
Down with love
Harry Potter e il prigioniero di Azkaban
Il siero della vanità
Il tempo dei lupo
Paycheck



A/R Andata + Ritorno
La passione di Cristo
L’ultimo samurai
Non ti muovere
Troy
Tutto può succedere


























La casa dei 1000 corpi


Lunghissima attesa, ampiamente soddisfatta. Udite, udite: House of 1000 corpses, cult dei cult di Rob Zombie è davvero un gran bel film.


Forse perché è consapevole, perché strabocca di amore per il genere, e ci mette davanti a una specie di “sunto poetico” del cinema del terrore anni ’70 (Tobe Hooper in testa, ma non solo – e comuqnue è un omaggio dichiarato), senza paura di sembrare “già visto”, in quanto la sua forza sta nella rilettura di un immaginario che cancella in un soffio e fa sembrare ridicoli tutti gli horror degli ultimi dieci anni (o almeno, il trend), in una sarabanda che non teme il kitsch, né il trash.


Nè la sperimentazione. Infatti mischia, o meglio accumula, pellicola, video, (digitale?), lenti bifocali, lenti distorte, split-screen, ralenti, e i più diversi stili di montaggio. E poi Zombie ci mette dentro tutte le suggestioni cinefile che probabilmente l’hanno accompagnato come artista, non risparmiandoci un attore cormaniano (il fantastico Sid Haig in guisa di pagliaccio omicida) e un’attrice che viene dritta dritta dalla New Hollywood (Karen Black, coraggiosissima serial killer di mezza età).


Ma il film è anche, al di la dell’autoriflessività, un horror vero, sanguigno e terrificante, strapieno di elementi, situazioni e personaggi indimenticabili, e che fanno realmente paura. Senza contare che ci si mette la realtà, con la paranoia americana del serial-killer (le foto delle vittime di Manson che mangiano lo schermo).


E Rob Zombie è (surprise!) anche un ottimo regista: basterebbe solo la scena al ralenti, seguita da un interminabile momento di silenzio, e poi uno sparo: da antologia. Ma c’è bel altro. E c’è da dirvertirsi. Non fatevelo scappare, e non deludetemi sottovalutandolo.

Donnie Brasco


“And listen to me, if Donnie calls… tell him… if it was gonna be anyone, I’m glad it was him. All right?”


Lefty e Donnie (due nicknames, per un motivo o per l’altro) hanno molto in comune. Sono due perdenti, coinvolti loro malgrado in una lotta (in una giungla, come nei documentari che Lefty ama tanto) all’interno di un mondo che li usa come pedine (uno della mafia, l’altro dell’FBI) e li sfrutta, per poi cancellarli (l’omidicio da una parte, la rinuncia sempiterna all’identità dall’altra).


Non ricevono veri premi (ma una squallida medaglia) e non vengono ricordati, ma conta il loro sforzo umano. Ma per cosa hanno lottato? Forse, ed entrambi, per un’idea giusta, che non è “la legge”, ma piuttosto “una regola”. L’idea che ci sia un modo giusto per fare le cose. Che ci debba essere un’etica nei rapporti tra le persone, che siano amicizia o omicidio. Questa è la regola. Che te lo dico a fare?


Per quanto io continui a preferire Scorsese, Newell usa uno stile inedito e affascinante, e Donnie Brasco è un film bello e triste. Come lo sguardo invecchiato di Pacino che mette i suoi preziosi nel cassetto, lo lascia aperto per Annette, e se ne va a morire.


Forget about it!