I racconti della luna pallida d’agosto (Ugetsu monogatari)
di Kenji Mizoguchi, 1953
Uno dei pilastri del cinema giapponese. Storicamente uno dei primi prodotti esportati in occidente, "apripista" per i cineasti e le opere di un’intera cinematografia. Potrebbe bastare. Quindi una pellicola di importanza storica essenziale, a prescindere dal suo valore? Macché!
Era molto tempo che cercavo di vedere questo film, di averne il tempo. E soprattutto di averne una copia. Conoscendo però, anche se solo "a parole", l’opera di Mizoguchi, sentivo prima di iniziarlo un certo peso, che è la paura di non poterlo apprezzare, di non poterlo comprendere. Molte cose sono infatti inconoscibili, si sa, a meno di non essere profondi conoscitori di quella cultura, o di esserne parte. Di non potere, insomma, per dichiarazione di ignoranza, giustificare la sua immensa fama.
Ma quando mai. Chi non l’ha visto non lo direbbe (così io, ieri, stupito), ma non c’è un momento di noia, e pochi momenti in cui scemi la tensione drammatica e la pulsione estetica. Inanzitutto, non un attimo di tregua visiva: movimenti di macchina perfetti e incessanti, tecnicamente perfetto (l’idea platonica di carrello laterale), con ardite soluzioni (il "fuoricampo erotico" del bagno, che si dissolve vorticosamente nella scena del picnic). Nei momenti di fissità, movimento continuo all’interno del quadro.
Tratteggio amaro e misantropo di un mondo in cui le donne sono destinate a subire l’innata immaturità degli uomini, riesce ad essere lucido come un trattato filosofico, ma anche inquietante e visionario come un horror. Come durante il viaggio "acheronteo" sul fiume e l’incontro la barca fantasma, o il ballo di Wakasa che risveglia lo spirito del padre. Tutta la scena della "rivelazione" di Wakasa, con la voce inquietante della badante che scandisce le sillabe, è da vedere e rivedere.
Un grande, grandissimo racconto allegorico sulla vanità che tutto mortifica. Vanità duplice, quella del mastro vasaio e del becero contadino, ma che comunque conduce sempre allo stesso punto: all’illusione del sè, e infine alla dolorosa dissoluzione dell’apparenza. In questo, per il contrasto tra essere e apparire, è un archetipo chiaro, moderno, un punto fermo.
Posso dirlo anch’io, finalmente che è un capolavoro? Tiro un sospiro di sollievo ricolmo di immensa soddisfazione estetica.
Avete presente quando si giocava a Taboo? Ecco, io vorrei trovare il modo di parlare di questo film evitando le parole Capolavoro, Pilastro, Attuale, Emozione, Allibito. Ma non ci riesco…
Kekkozzz, spero che tu ti renda conto che nella pratica sei sempre più un mereghettiano…
Mi spiace per Marquant e per il dejà-vu, sono un utente recente, non sapevo…
comunque quel gioco l’ha fatto spesso marquant.
ohda, ma tu passi qui solo per cercare il litigio? non mi stai antipatico, per quanto ti sforzi. per ora.
c’è stato un intersecarsi di commenti. vabbè fa niente. basta goka a darmi del mereghettiano.
(falso modesto)
Ti prego di trovare il tempo per leggere la mail che ti ho appena mandato, K.
ci tengo, sul serio
risposto. che lampo, eh?
a questo punto il dizionario è d’obbligo…segnalerò il tuo blog a chi di dovere….(ora devi passare all’intendente sansho e agli altri di mizoguchi)
sansho non l’ho ancora trovato (dovrei come sai sbattermi e vederlo in cineteca, SE c’è) – punto su O’Haru.
ma come fate voi giovani ad amare il cinema giapponese contemporaneo se temete i classici come mizoguchi? davvero, inizia a guardare un po’ di imamura e ozu, ichicawa e oshima e vedrai che miike non ti sembrerà più tutto quel granché. un po’ come dire che soldini è un grande senza aver mai visto fellini.
p.s. non incazzarti come fai con odhaesu, preferisco che continui a guardare miike piuttosto che perdere un compagno di blog come te.
AVVISO A TUTTI I CINEBLOGGERS
è nato bmdb, per creare un archivio di tutte le recensioni della blogosfera.
Qui il blog e qui per le info
io anelo visione di:
Hijosen no onna di Ozu (quando non era Ozu…)
TUTTI i film (rimasti) di Daisuke Ito (finora ho visto solo Chuji)
e tutto Mizoguchi (di cui purtroppo ho perso la monografia bolognese)
e perché poi mi dovrebbero piacere meno Miike & co.? non capisco… :-/
Il paragone di Miike con Soldini è quantomeno irrispettoso.
Ah, il disprezzo dei contemporanei nel nome di una passata età dell’oro è così snob da meritare quasi di essere inserita nella guida alla posa cinefila, se non fosse che si potrebbe passare per vecchi rincoglioniti (“Ai miei tempi sì che si faceva cinema, mica come ora che è solo chiasso e confusione” – “per forza dici di amare i Radiohead, non hai mai sentito i Television!”)
Mmm, con l’avvertenza che può essere utilizzata solo se il cinefilo è giovane, si può inserire.
in realtà il mio non è disprezzo, è solo che conosco i primi (mizoguchi e co.) e sono abbastanza perplesso nei confronti dei secondi (miike e co.). comunque gokachu non è il primo a definirmi “vecchio rincoglionito” (vedere anchediohaunblo.splinder.com) quindi dev’esserci per forza un fondamento di verità in cotale affermazione. in ogni caso, in quanto relitto di un’altra era, sto meditando seriamente di abbandonare il campo (sigh, mi sento come carné dopo essere stato sfottuto da quelli dei cahiers du cinema).
grande rat! Le cinema du papa merita rispetto ed ozu può convivere miike.
con miike
le cinema du papa… aah, non avrei mai creduto di sentirmi come carné. e dire che una volta dicevo che non esisteva musica prima dei sex pistols, e ora sono già ammuffito a questi livelli.
goka: noto spesso che di rado si riconosce l’importanza un’opera contemporanea, come se ci volesse per forza la prova del tempo per stabilire il suo valore. certo, è importante che il suo apporto non arrugginisca con gli anni…
sono d’accordo con il saggio nicola. tutto è relativo: nessuno NASCE classico, no?
comunque non si può conoscere tutto, e mi spiace molto. confesso la mia enorme ignoranza.
per quanto riguarda miike, più o meno, l’ho inquadrato, e lo trovo un autore interessante. seppur a volte sopravvalutato (tra i miei due ultimi “feticci” preferisco kim ki-duk), ha una personalità importante, e i suoi film sono molto belli. de gustibus: ma comunque molto ben congegnati.
e non dimentichiamo che la sua opera è eclettica, tocca molti generi e stili (accontentando ANCHE gli snob, non solo i ragazzetti gasati come me), ed quasi sconosciuta in italia.
checco andrea gokachu e io (e altri) facciamo anche informazione, su questo. che certe cose non passino del tutto inosservate. se non ci fossero i cineblog, CHI parlerebbe di miike? la risposta viene da sè.
rat: non ti azzardare ad abbandonare il campo! ti vogliamo!
lo so che l’ultimo commento è troppo lungo, ma volevo rispondere a un dibattito che mi interessa molto… ho detto stronzate?
Vagheggiare una passata età dell’oro e disprezzare i contemporanei è ufficialemnte diventata una voce della guida alla posa cinefila. Bello questo riferimento a Carné; non vorrei però che la mia posizione venisse estremizzata (non sono né giovane né turco), semplicemente dico che il cinema contemporaneo ha una sua dignità; non era assolutamente nelle mie intenzioni disprezzare i classici (e poi anch’io voglio vedere tutto Mizoguchi, ma proprio tutto, non solo le quattro cose edite in Italia).
a me è toccato vedermelo in francese, per poterlo vedere tutto (vabbè, non tutto, una decina di film). imamura lo vidi tutto in una massacrante rassegna durata tre giorni (per fortuna però imamura non è stato prolifico come il buon kenji). comunque al di là di quel che uno ha visto o non ha visto, che non conta davvero una cicca, la mia non voleva essere una posa, ma un semplice richiamo al fatto che i contemporanei si godono ancora di più se si conoscono i classici. quanto più si ama tarantino se si è visto ford?
goka: purtroppo più della metà dell’opera di mizoguchi è perduta… aspettiamo la retrospettiva di ghezzi (se ne parlava con nicola… questione di mesi? mah…)
rat: e quanto più si ama tarantino se si è visto leone? e quanto più si ama leone se si è visto ford?
d’oh!
vi leggo ascoltando “marquee moon”: che delizia!
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grandi television, nordovest!
nicola: non ce n’è bisogno, sta bene lì.