Il titolo… mah. Come dicevo da Marquant, secondo me trattasi di traduzione sbagliata di quello che in originale è un modo di dire peculiarmente francese. Ma non ne ho la certezza. Una mia amica sostiene invece che all’inizio del film si affermi che i soldati vengono condannati a morte un sabato sera (di conseguenza, la domenica succede tutto il casino sul campo di battaglia). Ma in questo caso non si spiegherebbe più il titolo originale, direi.
Altra cosa: a parte che si chiama TaUtou con la U (per cui si pronuncia totù e non tatù), mi spiegheresti meglio quella cosa dell’agganciamento seriale? Non l’ho porprio capita ^^”
D’accordissimo invece sulla mancanza di emozioni a scapito della complessità del racconto (anch’io ho parlato di finale forse persino troppo poco commovente), ma a me quella complessità del racconto ha appassionato e colpito così tanto che mi è bastata eccome…
scusa il refuso, correggo subito. intendevo dire che si ha troppo la sensazione che questa sia Amélie zoppa (o viceversa).
ovviamente, a uno sguardo disattento, non al nostro: ma l’effetto-sequel infastidisce un po’. che ci voleva, dico io, a cambiar faccia (magari un’attrice vera)?
tra i pochissimi a non aver visto amelie, e scettico alla lettura della trama di questo film, l’ho apprezzato come pochi, esaltandomi per tutto, da un superbo montaggio alle sapienti parentesi umoristiche, fino ad un intreccio trionfale e dannatamente maestoso. (ne ho scritto anch’io proprio questo pomeriggio. buon fine settimana).
Una mia piccola pseudo-rece appannata dalla personalissima venerazione nei confronti di Jeunet…
Ciao, complimenti per il blog!
BenSG
Una lunga domenica di passioni
di Jean-Pierre Jeunet
Voto (da 1 a 5)
****1/2
Jeunet è un genio. Jeunet è un pazzo. Jeunet è il Terry Gilliam francese. Jeunet è un Don Quixotte dei nostri giorni. Jeunet è un maniaco perfezionista. Jeunet è un poeta.
Potrei continuare di questo passo all’infinito ed elencare le sue passioni per gli oggetti, per i dettagli, per le costruzioni delle inquadrature come se fossero delle piccole opere d’arte, ma poi salterebbe sempre fuori qualcuno a ricordare che Jeunet, in fondo, è anche quello che ha fatto “Alien 4 La clonazione”. Sarebbe anche ora di finirla con questo Alien… Dopotutto, dal punto di vista della costruzione visiva, è stato il più eccentrico della saga, con delle chicche qua e là davvero niente male; il problema reale, semmai, era la sceneggiatura priva di un personaggio, di un eroe od eroina, nel quale il pubblico si potesse identificare. Tutto era caos, come se qualcuno avesse spostato il microcosmo di “Delicatessen” nel cosmo.
Jeunet, da un’intervista tratta da FilmTv: “All’epoca stavo già scrivendo Amélie e non è che avessi voglia di realizzare Alien. Avevo paura, ero terrorizzato. Ma sono del parere che se ci sono due strade da scegliere è sempre meglio scegliere la più difficile. In quel momento la più difficile era accettare di girare quel film. Se non lo avessi fatto non me lo sarei mai perdonato”.
Certo, si potrebbe dire che, in compenso, non lo hanno perdonato tutti gli appassionati della saga, oltre a coloro che prima lo seguivano come eccentrico autore di pellicole “freaks” francesi. Ma i passi falsi, in un mondo fantastico dominato però dal reale mondo del denaro, sono all’ordine del giorno. Perciò avanti, con determinazione e coraggio, contro i mulini a vento.
Dopo l’enorme successo de “Il favoloso mondo di Amélie” (personalmente amato alla follia) il poco prolifico regista si butta anima e corpo nella trasposizione filmica di un romanzo d’amore e dolore sulla Grande Guerra, portandosi appresso Audrey Tautou (qui cupa come non mai, ma perfetta per la parte) e lo sceneggiatore del suo precedente (capo)lavoro; fortunatamente ha lasciato a casa l’autore delle musiche Yann Tiersen, altrimenti sarebbe stato davvero troppo, optando per il professionale Badalamenti. Ovviamente i paragoni con Amélie sono inevitabili, ma questa è davvero un’altra storia: una storia nella quale allo zucchero si sostituisce il sangue, alle lacrime d’amore le lacrime di dolore. Ma Jeunet è sempre Jeunet e, come tutti i veri autori, facilmente riconoscibile ed identificabile. Nel bene e nel male.
Se da un certo punto di vista a qualcuno (e qui parlo dei miei compagni di visione) “Una lunga domenica di passioni” è sembrato un po’ “lunghetto” e “sforbiciabile”, per quanto mi riguarda, invece, l’ho trovato al limite della perfezione, considerando che la sceneggiatura non poteva certo prescindere dal romanzo dalla quale è tratta, imbrigliando inevitabilmente il film in una rigida struttura fatta di nomi su nomi, piccole storie incastrate come un puzzle che alla lunga, lo ammetto, potrebbero facilmente tediare lo spettatore. Ma “tediare” è veramente una parola grossa; lasciatevi trasportare dalle emozioni, dalla poesia delle immagini, dalla crudeltà e dalla durezza di una storia senza tempo. Come senza tempo è il vero, grande amore.
Non ve ne pentirete. E se per caso non vi dovesse piacere, il buon Jeunet vi rimborserà il prezzo del biglietto. Vi do la sua parola.
BenSG
P.S. Lo so che avrei potuto continuare pressoché all’infinito, analizzando ogni più piccolo particolare della pellicola, trascrivendo anche qualche pezzo delle interviste fatte a Jeunet ed alla protagonista, ma sarebbe stato tutto inutile: il 99% di noi guarda il voto e basta. Perciò la tesina sul film la farò, semmai, più avanti… (credeghe!)
Il titolo… mah. Come dicevo da Marquant, secondo me trattasi di traduzione sbagliata di quello che in originale è un modo di dire peculiarmente francese. Ma non ne ho la certezza. Una mia amica sostiene invece che all’inizio del film si affermi che i soldati vengono condannati a morte un sabato sera (di conseguenza, la domenica succede tutto il casino sul campo di battaglia). Ma in questo caso non si spiegherebbe più il titolo originale, direi.
Altra cosa: a parte che si chiama TaUtou con la U (per cui si pronuncia totù e non tatù), mi spiegheresti meglio quella cosa dell’agganciamento seriale? Non l’ho porprio capita ^^”
D’accordissimo invece sulla mancanza di emozioni a scapito della complessità del racconto (anch’io ho parlato di finale forse persino troppo poco commovente), ma a me quella complessità del racconto ha appassionato e colpito così tanto che mi è bastata eccome…
scusa il refuso, correggo subito. intendevo dire che si ha troppo la sensazione che questa sia Amélie zoppa (o viceversa).
ovviamente, a uno sguardo disattento, non al nostro: ma l’effetto-sequel infastidisce un po’. che ci voleva, dico io, a cambiar faccia (magari un’attrice vera)?
tra i pochissimi a non aver visto amelie, e scettico alla lettura della trama di questo film, l’ho apprezzato come pochi, esaltandomi per tutto, da un superbo montaggio alle sapienti parentesi umoristiche, fino ad un intreccio trionfale e dannatamente maestoso. (ne ho scritto anch’io proprio questo pomeriggio. buon fine settimana).
claudio
PoOovera la mia Audrey Tautou
Gioia invece per il dvd che esce tra un paio di mesi e finalmente, coi sottotitoli, faro luce su quello che nel parlato non ho capito
però, come dice ohdaesu, che sedere.
Ohdaesu usa un altro termine, ma vabè.
Sicuri che non sia una controfigura allora?
oddio, non voglio leggere il post, vado a vederlo stasera. e siccome nessuno vuole venire, ho finalmente deciso che c’andrò da solo!
sto facendo un nuovo cineblog:
http://www.indianablog.splinder.com
avrei bisogno di consigli
Il film non ‘ho visto ancora ma sol perchè una influenza matrigna mi costringe a letto da una settimana.
A parte ciò vorrei fare i complimenti al blogger nonchè una squallida segnalazione del cineblog che ho aperto oggi.
http://www.ambiguopesce.splinder.com
Saluti e salute
due nuovi cineblog in un solo stream di commenti. tempi duri per i vampiri!
meglio così! più siamo, meglio è!
Sempre un blog prezioso il tuo!
Vedrò questo film la settimana prossima!
grazie kaly!
Una mia piccola pseudo-rece appannata dalla personalissima venerazione nei confronti di Jeunet…
Ciao, complimenti per il blog!
BenSG
Una lunga domenica di passioni
di Jean-Pierre Jeunet
Voto (da 1 a 5)
****1/2
Jeunet è un genio. Jeunet è un pazzo. Jeunet è il Terry Gilliam francese. Jeunet è un Don Quixotte dei nostri giorni. Jeunet è un maniaco perfezionista. Jeunet è un poeta.
Potrei continuare di questo passo all’infinito ed elencare le sue passioni per gli oggetti, per i dettagli, per le costruzioni delle inquadrature come se fossero delle piccole opere d’arte, ma poi salterebbe sempre fuori qualcuno a ricordare che Jeunet, in fondo, è anche quello che ha fatto “Alien 4 La clonazione”. Sarebbe anche ora di finirla con questo Alien… Dopotutto, dal punto di vista della costruzione visiva, è stato il più eccentrico della saga, con delle chicche qua e là davvero niente male; il problema reale, semmai, era la sceneggiatura priva di un personaggio, di un eroe od eroina, nel quale il pubblico si potesse identificare. Tutto era caos, come se qualcuno avesse spostato il microcosmo di “Delicatessen” nel cosmo.
Jeunet, da un’intervista tratta da FilmTv: “All’epoca stavo già scrivendo Amélie e non è che avessi voglia di realizzare Alien. Avevo paura, ero terrorizzato. Ma sono del parere che se ci sono due strade da scegliere è sempre meglio scegliere la più difficile. In quel momento la più difficile era accettare di girare quel film. Se non lo avessi fatto non me lo sarei mai perdonato”.
Certo, si potrebbe dire che, in compenso, non lo hanno perdonato tutti gli appassionati della saga, oltre a coloro che prima lo seguivano come eccentrico autore di pellicole “freaks” francesi. Ma i passi falsi, in un mondo fantastico dominato però dal reale mondo del denaro, sono all’ordine del giorno. Perciò avanti, con determinazione e coraggio, contro i mulini a vento.
Dopo l’enorme successo de “Il favoloso mondo di Amélie” (personalmente amato alla follia) il poco prolifico regista si butta anima e corpo nella trasposizione filmica di un romanzo d’amore e dolore sulla Grande Guerra, portandosi appresso Audrey Tautou (qui cupa come non mai, ma perfetta per la parte) e lo sceneggiatore del suo precedente (capo)lavoro; fortunatamente ha lasciato a casa l’autore delle musiche Yann Tiersen, altrimenti sarebbe stato davvero troppo, optando per il professionale Badalamenti. Ovviamente i paragoni con Amélie sono inevitabili, ma questa è davvero un’altra storia: una storia nella quale allo zucchero si sostituisce il sangue, alle lacrime d’amore le lacrime di dolore. Ma Jeunet è sempre Jeunet e, come tutti i veri autori, facilmente riconoscibile ed identificabile. Nel bene e nel male.
Se da un certo punto di vista a qualcuno (e qui parlo dei miei compagni di visione) “Una lunga domenica di passioni” è sembrato un po’ “lunghetto” e “sforbiciabile”, per quanto mi riguarda, invece, l’ho trovato al limite della perfezione, considerando che la sceneggiatura non poteva certo prescindere dal romanzo dalla quale è tratta, imbrigliando inevitabilmente il film in una rigida struttura fatta di nomi su nomi, piccole storie incastrate come un puzzle che alla lunga, lo ammetto, potrebbero facilmente tediare lo spettatore. Ma “tediare” è veramente una parola grossa; lasciatevi trasportare dalle emozioni, dalla poesia delle immagini, dalla crudeltà e dalla durezza di una storia senza tempo. Come senza tempo è il vero, grande amore.
Non ve ne pentirete. E se per caso non vi dovesse piacere, il buon Jeunet vi rimborserà il prezzo del biglietto. Vi do la sua parola.
BenSG
P.S. Lo so che avrei potuto continuare pressoché all’infinito, analizzando ogni più piccolo particolare della pellicola, trascrivendo anche qualche pezzo delle interviste fatte a Jeunet ed alla protagonista, ma sarebbe stato tutto inutile: il 99% di noi guarda il voto e basta. Perciò la tesina sul film la farò, semmai, più avanti… (credeghe!)
Per me è stato bello, non quanto Amelie che mi ha rapita il cuore, ma sempre un gran Jeunet! Complimenti!
Un film che ho apprezzato meno di Audrey Tautou è stato “Tu mi ami”, devo rivederlo bene…….
Ciao a tutti!
Rita.
Jeunet si è completamente rincoglionito. Puro ciarpame francese.
Sono lontani i tempi di Delicatessen….