Questo blog riaprirà i battenti intorno a Ferragosto.
Buone vacanze a tutti.
Failan
di Song Hae-sung, 2001
La storia di un uomo e una donna che si innamorano pur non incontrandosi mai, da una parte illusione in assenza e dall’altra rimorso postumo, in un viaggio temporale e spaziale, delicato e struggente, all’interno del cuore e delle viscere di una doppia solitudine che non trova pace né serenità, né speranza né vita.
Tra i pregi maggiori del film di Song c’è una struttura intelligente e complessa, una concentrazione sul personaggio di Kang-jae che lascia poi posto a un montaggio parallelo che attraverso un andirivieni continuo tra presente e passato mostra le carte, gioca con il caso, e strappa i cuori. Ma senza essere glaciale: Song conosce bene le regole del melodramma, si tiene registicamente sulla difensiva e, da dietro l’angolo, inferisce colpi su colpi negli occhi dello spettatore.
Fontane di lacrime, quindi, in uno dei film più commoventi che mi sia capitato di vedere negli ultimi tempi. Al di là del valore intrinseco, che è comunque fuori discussione. Grazie soprattutto a un attore straordinario e poliedrico come Choi Min-sik, in prova generale per Oldboy, e alla presenza evanescente ma essenziale della Failan del titolo, quell’ex modella hongkonghese dalla voce rauca che adorariamo da tempo (anche per dedizione attoriale): Cecilia Cheung.
Andrea, Cineblob, Gokachu, Gianluca Gibilaro, Stefano Locati.
Survive style 5+
di Gen Sekiguchi, 2004
Opera prima di un regista pubblicitario, è una specie di “manuale di sopravvivenza” formato da cinque storie che si incrociano attraverso le leggi del caso come nella migliore tradizione delle narrazioni multiple. E lo fa con uno stile acceso, bizzarro e splendidamente fotografato, una bellissima colonna sonora techno-pop-rock, un discreto talento nel raccontare le storie e ottimo nell’affastellarle.
Non tutto è al suo posto, perché c’è dell’incoerenza e dell’instabilità, alcune parti sono più trascurate di altre, il ritmo ha cali non sempre (ma a volte) voluti, le guest star – Sonny Chiba e Vinnie Jones – a volte (ma non sempre) sembrano fuori posto. Eppure poco cambia, perché Survive style 5+ è un film palesemente riuscitissimo, per cui le stesse critiche sembrano forzature.
Ed è lontano dall’essere una cosetta scema per farsi due risate sceme: Sekiguchi e lo sceneggiatore Taku Tada hanno saputo creare con intelligenza dei personaggi e forgiare intorno a loro un intero mondo. Un universo colorato e saturo dove si può tornare dalla morte, sfidare la morte, volare in cielo sulle note dei Cake. E tutto questo per dimostrare il proprio amore, o semplicemente per sopravvivere. Oppure, con le parole del killer britannico Vinnie Jones, per trovare “what is your function in life”.
La cosa migliore in ogni caso, al di là delle pubblicità immaginarie (con qualche debito pythoniano: ma è chiaro che Sekiguchi conosce la materia che satireggia), è tutta la parte con Tadanobu Asano, forse la più lunga e di certo la più curata, in cui il nostro è tormentato da una (bellissima) moglie che non ne vuole sapere di morire, tra pugni volanti e immensi banchetti, calcioni volanti e sottile malinconia, gustose reiterazioni e tanti cucchiaini di caffè. E un finale che, ricomponendo i pezzi del caotico puzzle, lascia davvero senza respiro.
[rashomon telefonico]
dove $ sta per "il mio operatore telefonico"
Operatore
Lei può andare in un qualsiasi punto $ e bloccare la scheda, oppure posso bloccargliela io, poi lei va in un punto $ e ne attiva una nuova.
me la blocchi lei, va’
Ok, attenda in linea.
(musichina)
Gliel’ho bloccata, adesso può andare in un punto $ e attivare una nuova scheda, anche subito.
Commessa del punto $
No guardi, noi non possiamo bloccarla, solo attivarla.
ah, meno male che l’ho fatta bloccare al telefono, allora
Il computer si sta connettendo… ecco… mh… un attimo di pazienza
(diversi minuti dopo)
mi dice che c’è un’operazione in corso, forse bisogna aspettare un po’, una mezz’oretta.
(diversi minuti dopo)
Niente, non funziona, le conviene telefonare al numero $ e chiedere a loro
Posso chiamarla da qui, visto che evidentemente non ho il cellulare?
Certo
Operatrice
La sua scheda è in sospensione
ma il suo collega mi ha detto che sarebbe stata una cosa immediata
il mio collega si sbagliava, è possibile che la sostituzione non sia immediata. Cioè, di solito viene bloccata subito, ma a volte ci vuole un po’ di tempo.
tipo?
Entro 24 ore di sicuro dovrebbe essere possibile attivare una nuova scheda.
ah, ecco
The bottled fools (Gusha no bindume)
di Hiroki Yamaguchi, 2004
Conosciuto anche con il nome di Hellevator, The bottled fools è, sul modello di Cube, un horror claustrofobico e pessimista, con i personaggi rinchiusi in un ascensore per gran parte del film, ambientato in una società (del futuro? le risposte nel bellissimo finale troncato) che si sviluppa in verticale su qualche decina di piani. La protagonista, tanto per rimanere in casa manga, è una ragazzina in divisa con strani poteri telepatici e qualche shock familiar-omicida.
Palese, ma non del tutto interessata, metafora e satira della società giapponese, virata però in un intenso (e digitale, ben gestito) rosso sangue, il film, che si vorrebbe disturbante e caustico, è però abbastanza sterile, soprattutto nelle sue implicazioni ideologiche. Anche se è innegabile un certo talento cult-trash, e un fascino perverso, soprattutto quando ci si dà dentro con botte, fiotti di sangue e budella sparse sul pavimento.
Comunque una delusione, e abbastanza noiosetto. Evitabile, ma qualcosa, sotto sotto, c’è.
Save the green planet! (Jigureul jikyeora!)
di Jeong Jun-hwan, 2003
La storia di un uomo che reagisce con un’immaginazione lisergica (…) ad una storia personale fatta di miserie, perdite e violenze è una specie di miscuglio di thriller di caccia all’uomo e horror sanguinario, con tocchi di humor paradossale e fantascienza digitale. A raccontarlo (tutto) sembra una cretinata.
E invece Save the green planet! è qualcosa di molto diverso: sotto la patina comico/bizzarra, che si spegne in fretta, è un tour de force prima trattenuto, poi struggente e infine apocalittico sulla coercizione sociale, politica ed economica. Un sci-fi anticonformista che allarga la (usuale) metafora della recente storia coreana ad un discorso più ampio (molto – forse troppo – esplicito) sulla malvagità innata dell’essere umano. Sì che c’è anche da ridere, ma non proprio per ridere.
Citazionista (soprattutto ai danni del monolite kubrickiano) ma liberissimo e quasi anarchico, il film mostra anche le doti non indifferenti del sue regista. Magari marcate ed esposte ma che, visto il progetto, non guastano: Jeong possiede, nell’ambito di un cinema popolare ma per noi quasi inconcepibile, la non scontata capacità di raccontare attraverso le immagini e non solo sulle immagini, con uno stile fatto di accelerazioni e violenze improvvise ma senza banalità videotelevisive, e con vette assolutamente geniali (le api, e non dico altro).
I due finali sono davvero tra le cose più assurde che vi possano capitare sotto gli occhi. Eppure non stonano affatto, anzi, sono irresistibili, soprattutto tenendo conto dei titoli di coda.
Film bello ed emozionante, stimolante e (nel senso più ampio del termine) divertentissimo, Save the green planet! è probabilmente ciò che mostrerei ad un digiuno di cinema coreano per fargli capire perché questo benedetto cinema coreano mi piace tanto. Costui potrebbe reagire a sputi.
[empatia per il sig. vendetta]
Mr. Vendetta*, di Park Chan-wook:
ora lo possiedo.
Che aspetti?
Possiedilo** anche tu!
*post stringato e giovanerrimo
** io l’ho pagato di più
Versus
di Ryuhei Kitamura, 2000
Yakuza, evasi, poliziotti, tanti zombie e qualche samurai, arti marziali e qualche sparatoria, indesiderate resurrezioni e la ricerca dell’immortalità: un’invalutabile sciocchezza concepita da un trentenne con il cervello di un dodicenne strafatto di VG e di cinema horror? Oppure un geniale frullato culturale, apoteosi del pastiche postmoderno, intelligente schiaffo culturale travestito da corsa frenetica e sanguinolenta?
Le uniche cose certe sono tre: la prima è che sotto certi aspetti (produttivi e linguistici) il film arriva con almeno 13 anni di ritardo. La seconda è che l’allora esordiente (nel lungometraggio) Kitamura, nonostante il budget all’osso e il senso diffuso di pulp-scampagnata tra amici pirla, con la mdp se la cava più che bene, soprattutto nei combattimenti iper-gore. Anche se narrativamente è pura anarchia. La terza è che sotto il divertito e ricercato trash citazionista si nasconde un’evidente consapevolezza, ma decisamente più innocua (e purtroppo meno ironica) di quanto si possa pensare.
Però, va ammesso, la palese (o palesata) idiozia di Versus non dà un attimo di tregua.
Someone special (Aneun yeoja)
di Jin Jang, 2004
Entusiasmo a fiotti a Udine 2005 per l’ultimo film di Jin Jang, buffa e/o malinconica storia d’amore e palle-da-baseball tra un giocatore di quello sport incomprensibile, nonché malato terminale (…), e una ragazza dalla faccia buffa, nonché ossessivamente innamorata di lui. Entusiasmo meritato? Probabilmente no, c’è di meglio, ma c’è anche un ma, o più d’uno.
Inanzitutto, leit-motiv della produzione popolare coreana, il film segue due binari di genere, in questo quello il comico demenziale e la commedia romantica, anzi romanticissima. Se da un lato c’è una disparità evidente perché il lato comico fa acqua da tutte le parti perché privo di un ritmo adeguato e strappa solo qualche sorriso, d’altra parte Jang trova anche il tempo per prendere in giro con umiltà questa tendenza, con la sequenza del film-nel-film. Non particolarmente raffinata ma divertente: "maledetto cinema incoerente".
Ma la vena più "amorosa" del film fa invece centro. Esagerando a bella posta, e "telefonando" un po’ gli sviluppi narrativi: ma il risultato è che ci si intenerisce parecchio (grazie anche agli interpreti, bravi) e che un pochino ci si commuove pure. E comunque in una confezione impeccabile (i primi minuti sono davvero belli) abbinata a una narrazione nè idiota come quella di, che so, 100 days e nemmeno triviale come quella di, che so, Everybody has secrets.
Nei suoi limiti, dichiarati, grazioso.
[il cinema ritrovato XIX]
Day five: 06/07/2005
Cento anni fa: i film del 1905
Programma n. 5. Protagonisti ed eroi (e niente divi)
Presenta Mariann Lewinsky
Accompagnamento al piano di Maud Nelissen
LOÏE FULLER (Francia/1905) Prod.: Pathé
LE PAPE LEON XIII AU VATICAN (France/1903) R.: Peter Elfelt
HUNDETHEATER (Francia/1908)
VIE DE MOISE (Francia/1905) Prod.: Pathé
PREMIÈRE SORTIE (Francia/1905) Prod.: Pathé Int.: Max Linder
LES FARCES DE TOTO GÂTE-SAUCE (Francia/1905) Prod.: Pathé
OUR NEW ERRAND BOY (Gran Bretagna/1905) R.: James Williamson. Prod.: Williamson Kinematograph Co.
UNTER DEM MIKROSKOP: LARVE DER WASSERFLIEGE (Gran Bretagna/1903) R.: F. Martin-Ducan Prod.: Charles Urban Traiding Co.
LE DÉJEUNER DU SAVANT (Francia/1905) Prod.: Pathé
DER KLEINE VIELFRASS (Francia/1905) Prod.: Pathé
OUR BABY USA (USA/1908)
RESCUED BY ROVER (version 2) (GB/1905) R.: Lewin Fitzhamon Prod.: Cecil Hepworth
MIXED BABIES (Gran Bretagna/1905) R.: Frank Mottershau. Prod.: Sheffield Photo Co.
Il quinto programma dei bellissimi "cento anni fa" della Lewinsky è incentrato sulla riconoscibilità e sullo statuto dei protagonisti prima della nascita del divismo. Oltre alle celebrità del tempo (il Papa come Loie Fuller dei Folies Bergere), più interessante è la terza parte, i cui protagonisti sono gli animali. L’anima circense del cinema si concentra sulle qualità fotogeniche dei canidi (straordinarie, anche se ai nostri tempi questa exploitation non sarebbe accettata), fino ad arrivare ad uno dei film più celebri del periodo, declinato in molte versioni nel tempo: Rescued by Rover, in cui un bellissimo cane salva la vita di un bimbo rapito da una zingara.
Les farces e Our new errand boy (spassose collezioni di scherzi di un crudele ragazzino anarchico ai danni degli adulti) sono quasi identici: uno è il remake dell’altro, e non si sa quale venne prima. Sono passati cent’anni e sembran mille.
Mi preparo a godermi un’immeritata e variegata vacanza: tra poche ore (tempo di fare un esame – a brevissimo – e viaggiare) non sarò più a Bologna. Il Cinema Ritrovato, per quanto mi riguarda, finisce qui. A chi resta, buona visione.
[il cinema ritrovato XIX]
Day four: 05/07/2005
Omaggio a André Deed – Programma 2 (1909-1910)
Accompagnamento al piano di Alain Baents
CRETINETTI FICCANASO (Italia/1909)
CRETINETTI HA INGOIATO UN GAMBERO (Italia/1909)
CRETINETTI DISTRATTO (Italia/1910) D.: 9’
CRETINETTI FRA DUE FUOCHI (Italia/1910) D.: 10’
COME FU CHE L’INGORDIGIA ROVINÒ IL NATALE A CRETINETTI (Italia/1910) D.: 13′.
In attesa della Grande Guerra, le Actualités Gaumont del 1914
GAUMONT ACTUALITÉS – Settimana n. 7 (febbraio) (Francia/1914) D.:10’
Accompagnamento al piano di Alain Baents
Il secondo dei programmi che quest’edizione del Cinema Ritrovato dedica a una delle maggiori figure comiche dei primi anni del secolo: André Deed, in arte Cretinetti. A parte la seconda, genialoide perché basata sulla proiezione renversante della pellicola ma non attribuibile a Deed (almeno così ha strillato un’autorevole voce dal pubblico), le sue comiche presentano una forma anarcoide irresistibile, che culmina con l’ultima, irresistibile, in cui Cretinetti, finito in un paradiso onirico per via di un’indigestione, travolge senza freni angeli e santi, Babbo Natale, Dio e il diavolo.
Le "attualità" della Gaumont che seguono l’omaggio a Deed riguardano il secondo mese del 1914. Oltre ai soliti potenti e ai vestiti sfarzosi delle dame, si nota una vera ossessione per il volo.
Ritrovati & restaurati
LE MARIAGE DE MADEMOISELLE BEULEMANS (Francia/1927) R.: Julien Duvivier. D.: 65’. Did. francesi
Partitura scritta e diretta da Marco Dalpane
Il primo film della serata è una commedia di Duvivier (con un tentativo più che sottolineato di sdoganamento dell’autore, con tanto di beneplacito renoiriano) tratta da una pièce teatrale di grande successo che prendeva bonariamente in giro le abitudini e il dialetto dei belgi. Come trasporre una cosa simile sulla pellicola muta? Il regista di Pepé le moko e Don Camillo ha molte buone intuizioni, come quella di utilizzare, oltre alle solite didascalie, alcune dipinte con tratti infantili e disegni caricaturali, con risultati esilaranti.
Ritmo di precisione millimetrica e un fine che più lieto non si può: davvero bello. Splendido restauro della Cinémathèque Française e grande il lavoro di Marco Dalpane sulla partitura, eseguita ieri sera da una ensemble di 8 elementi.
"Se fossi un architetto e dovessi costruire un Palazzo del cinema, sopra la porta d’ingresso collocherei una statua di Julien Duvivier. Il suo modo di raccontare delle storie con la cinepresa è diventato lo stile contemporaneo." (Jean Renoir)
Ritrovati & restaurati
LA COQUILLE ET LE CLERGYMAN (Francia/1927) R.: Germaine Dulac. D.: 40’. Did. francesi
Accompagnamento al pianoforte di Donald Sosin
Secondo film della serata, ben più noto e più visibile del primo (l’avevo visto pure io che il muto non lo mastico) è il celebre film di Dulac su sceneggiatura di Artaud. Incubo progressivo di castrazione sessuale e allucinazione simbolista socio-religiosa, irraccontabile ma non illeggibile, ricchissimo e inquietante. Molto del primo Bunuel (e qualcosa del primo Lynch, e non solo) parte da qui.
Il restauro del Nederland Filmmuseum è semplicemente impressionante.
[il cinema ritrovato XIX]
Day three: 04/07/2005
Cento anni fa: i film del 1905
Programma n. 3. Macchie e combinazioni
Presenta Mariann Lewinsky
Accompagnamento al piano di Alain Baents
DE MESAVONTURE VAN EEN FRANSCH HEERTJE ZONDER PANTALON AAN HET STRAND TE ZANDVOORT (1905) Prod.: Albert Frères
UN DRAME EN MER (Francia/1905) R.: Gaston Velle. Prod.: Pathé
LE MÂT DE COCAGNE (Francia/1905) Prod.: Pathé
LE RAID PARIS-MONTE CARLO EN DEUX HEURES (Francia/1905) R.: George Méliès
CHILDREN PLAYING AT WAR (Francia/1905) Prod.: Pathé
L’ENVERS DU THÉÂTRE (Francia/1905) Prod.: Pathé
L INDISCRET MYSTIFIÉ (Francia/1905) Prod.: Pathé
LA JOUEUSE ENRAGÉE (Francia/1905)
EINE BLUME DER KASBAH (Italia/1905) Prod.: Ambrosio Film
Un altro programma di film secolari, la cui natura questa volta non mi è stata del tutto chiara, ma tant’è. Per quanto sia stato lievemente meno interessante dei precedenti, ha molti motivi di fascino: come gli ultimi 4 brevissimi segmenti, tutti con protagonista il voyeurismo in qualche modo, il primo, con un uomo che per non bagnarsi i pantaloni è rimasto in mutande ed è inseguito da una folla inferocita, e soprattutto Le raid, opera di Méliès (purtroppo senza colore) spettacolare e divertentissima, tra una guardia con la panciona pneumatica, una macchina che rotola sulle scenografie alpine fumettistiche, e un uomo schiacciato a due dimensioni e poi rigonfiato come una ruota.
Sì, causa l’ammontare di impegni (!), ieri non ho visto altro.
[il cinema ritrovato XIX]
Day two: 03/07/2005
Cento anni fa: i film del 1905
Programma n. 2. Un programma d’epoca in onore del 1905 italiano
Presenta Mariann Lewinsky
Accompagnamento al piano di Neil Brand
EN TERRE SAINTE – JÉRUSALEM (Francia/1905) Prod.: Pathé
LA DANSE DU "KICKAPOO" (Francia/1904) R.: Gaston Velle. Prod.: Pathé
DEHLI, DIE GROSSE STADT IN VORDERINDIEN (Dehli, la grande città dell’India settentrionale, Francia/1909). Prod.: Pathé
LE CHIENS CONTREBANDERS (Francia/1906) R.: Georges Hatot. Prod: Pathé
OPÉRATION CHIRURGICALE (Francia/1905) Prod.: Pathé
LA POULE AUX OEUFS D’OR (Francia/1905) R.: Gaston Velle e Segundo de Chomón. Prod.: Pathé
LA PRESA DI ROMA (Italia/1905) R.: Filoteo Alberini. Prod.: Alberini & Santoni, Roma
DIX FEMMES POUR UN HOMME (Francia/1905) R.: Georges Hatot e Lucien Nonguet. Prod.: Pathé
Il secondo programma di film secolari è un’idea più che brillante: la riproduzione di un vero "programma" del 1905 (per di più di Fano), il cui manifesto è riprodotto nell’atrio. Programma imperfetto, per ovvi motivi: 4 delle otto opere presentate non sono le medesime di quella lontana rappresentazione. Ma si presenta comunque con filologica cura uno spettacolo così com’era, rispettando l’ordine delle scene (plein air, danses, actualité, dramatique, comique, à trucs, historique, comique) perché "questi non-film sono comprensibili soltanto all’interno di un programma".
Da segnalare all’interno del programma, oltre alle solite visioni di paesi lontani, due divertenti film ad inseguimento (uno con dei cani come protagonisti, l’altro con un uomo inseguito da dieci donne), un chirurgo che estrae una moltitudine di oggetti (anche vivi) dallo stomaco di un uomo, e una ricostruzione italiana della presa di Roma (nella foto), incompleta ma affascinante. La poule aux oeufs d’or l’avevo già visto, ma è sempre un piacere.
Ritrovati & restaurati
LA CADUTA DI TROIA (Italia/1911) R.: Giovanni Pastrone e Luigi Romano Borgnetto. D.: 33’. Did. italiane
Accompagnamento al piano di Alain Baents
"Il primo kolossal della storia del cinema" (?), finora perduto ed ora restaurato in una forma molto vicina all’originale, grazie alla collaborazione di tre cineteche: Bologna, Torino, Friuli. La storia dell’Iliade in 33 minuti, con molte scene di massa, imponenti scenografie bidimensionali, e le colonne di Troia che crollano diventando macerie sui corpi dei combattenti. Un oggetto incredibile, e con almeno un’immagine davvero visionaria: quella di Menelao ed Elena che, scortati da una Venere fantasmatica e da putti rotolanti, si allontanano da Sparta volando sul letto.
In attesa della Grande Guerra, le Actualités Gaumont del 1914
GAUMONT ACTUALITÉS – Settimana n. 1 (gennaio) (Francia/1914) D.: 8’
Ritrovati & restaurati
THE MATING CALL (USA/1928) R.: James Cruze. D.: 72’. Did. inglesi
Muto americano prodotto da Howard Hughes, The mating call è uno strano film che mescola commedia sentimentale, dramma sensuale e un fondo di thrilling, non senza un occhio alla contemporaneità: gli immigrati di Ellis Island, la desolazione post-bellica, il dominio sulla provincia dei klan e degli ordini di polizia, in un paesino che si chiama Evergreen ma dove le cose non sono proprio sempre verdi. Restauro digitale – rumore digitale compreso, ma stabilissimo – fatto in Nevada: ma allora a Las Vegas non sprecano solo acqua?
Precedevano il film delle actualités della Gaumont dei mesi che precedono la grande guerra. Scopriamo, tra le altre cose, la curiosa moda delle dame del ’14: infilarsi uno spillone di 40 centimetri nella capigliatura.
Ritrovati & restaurati
HEAVEN’S GATE (I cancelli del cielo, USA/1980) R.: Michael Cimino. D.: 225′. V. inglese
L’evento della giornata di ieri: la presentazione in Piazza Maggiore (il più grande schermo all’aperto in Italia, se ben ricordo) del film di Cimino nella versione integrale restaurata nel 2004 dalla MGM. La cosa più divertente è che né il regista né la produttrice Joann Carelli erano al corrente del restauro, almeno fino a poco tempo fa. Cimino si è detto preoccupato, vista la sua proverbiale puntigliosità: il fatto che abbia lasciato la proiezione dopo meno di un’ora non fa pensare il meglio. O forse aveva fame, chi lo sa.
Comunque, il film. Per chi non l’aveva mai visto (come me, per esempio – per molteplici ragioni, non tutte giustificabili), davvero uno spettacolo impressionante: magnifico e magniloquente, strabordante e interminabile, un affresco tragico e struggente sulla giustizia e sulla morale nella terra di frontiera. "All flesh is grass". Enorme.
[il cinema ritrovato XIX]
Day one: 02/07/2005
Apertura ufficiale del Festival: conversazione di Michael Cimino con Peter von Bagh, direttore de Il Cinema Ritrovato
Un breve e illuminante incontro con il regista di Deer Hunter e Heaven’s gate. Lungi dal tenersi sul binario del cinema, Cimino spazia parlando delle sue fonti d’ispirazione artistiche e architettoniche, della sua carriera e del suo "esilio". Ometto magro, occhiali neri e cappello da cow-boy, il volto segnato da molteplici interventi chirurgici, Cimino ha però uno charme incredibile, e quando racconta il suo bizzarro e commovente incontro con un morente Burt Lancaster, conquista il (davvero ristrettissimo) pubblico.
Cento anni fa: i film del 1905
Programma I – Tempo e racconto, prima parte
Presenta Mariann Lewinsky
Accompagnamento al piano di Alain Baents
EEN SPOORWEGTOCHTJE IN ZWITSERLAND (t.l. Un viaggio in treno in Svizzera, Francia/1905) Prod.: Pathé
CRÉATION RENVERSANTE (Francia/1905) R.: Segundo de Chomón. Prod.: Pathé
PANORAMA FROM THE ROOF OF THE TIMES BUILDING, NEW YORK USA (USA/1905) Prod.: American Mutoscope & Biograph Co.
EL HOTEL ELETRICO (Francia/1905) R.: Segundo de Chomón. Prod.: Pathé
SCHIFF AUF DEM NIL (Francia/1905) Prod.: Pathé
LA RUCHE MERVEILLEUSE (Francia/1905) R.: Gaston Velle. Prod.: Pathé
LA PERRUQUE (Francia/1905) Prod.: Pathé
CACHE-TOI DANS LA MALLE! (Francia/1905) Prod.: Pathé
LES TROIS PHASES DE LA LUNE (Francia/1905) Prod.: Pathé
Il primo programma di corti di cent’anni fa è incentrato sul tempo: dal movimento della macchina da presa (il treno – carrello ante-litteram, il panorama) al movimento all’interno del quadro.
Le scène à trucs dei brevi film di Segundo de Chomón (nella foto) per la Pathé sono incredibili: l’albergo miracoloso che "si ribella", bonario schiaffo al mito del lusso elettrico, e la "creazione", che altro non è che una pellicola girata al contrario. Interessanti gli sguardi su paesi altri, come la ferrovia svizzera o la navigazione sul Nilo. Gli ultimi tre sono invece uno spasso: un uomo chiuso in una valigia preda di due facchini imbranati, uno scherzo a base di colla ai danni di un uomo calvo, e una luna meliesiana che con le sue "fasi" sovrasta la decadenza di una tipica storia d’amore.
Ritrovati & restaurati
POPEYE THE SAILOR MEETS ALI BABA’S FORTY THIEVES (USA/1937) R.: Dave Fleischer. D.: 17′. V. inglese
IN OLD ARIZONA (USA/1928) R.: Irving Cummings e Raoul Walsh. D.: 95′. V. inglese
Il primo è un corto di Popeye contro un Bruto-Alì Babà: un quarto d’ora di trovate assurde nello splendore (davvero impressionante) del technicolor. Divertentissimo: e ve lo dice uno che Braccio di Ferro l’ha sempre odiato.
In old Arizona è invece (pare) il primo o uno dei primi western sonori. Ma al di là dell’ambientazione, è più che altro una commedia "triangolare" che finisce come un dramma delle passioni, ma senza mai perdere un sorriso ironico. Misogino, ancora molto condizionato dal muto (soprattutto nella recitazione) e stracolmo di allusioni sessuali non proprio sottilissime, ma senza dubbio divertente. Ottimo il restauro.
Ritrovati & restaurati
BRONENOSEC POTEMKIN (La corazzata Potemkin, URSS/1925) R.: Sergej Ejzenštejn. D.: 70’. Did. russe
Partitura originale di Edmund Meisel diretta dal Maestro Helmut Imig, eseguita dall’Orchestra del Teatro Comunale
Quella che si dice un’occasione unica: il celeberrimo film di Ejzenštejn nella cornice* del teatro del comune di Bologna. E il film è quello che è: un capolavoro. Tutto il quarto atto (sì, proprio quello della scalinata) possiede un’intensità ancora enorme, e i precedenti conservano una tensione incredibile. Altro che cagata pazzesca: bocca spalancata e cuore che batte. Merito anche (inutile negarlo) dell’ottima orchestra e della splendida partitura di Meisel, e del perfetto restauro: la copia più vicina all’originale che si possa concepire.
*mi si scusi per il luogo comune
La guerra dei mondi (War of the worlds)
di Steven Spielberg, 2005
Qualche anno fa Franco La Polla, parlando di Minority Report (cardine della mia tremenda tesina di laurea triennale) scrisse che "Spielberg se ne infischia del problema etico-sociale relativo alla preveggenza e all’evitabilità dei crimini" e che "al regista interessano i romanzi familiari, i bambini, gli struggimenti" (Cineforum 420, 2002).
La guerra dei mondi non fa che riconfermare questa ipotesi: visto in questo senso, l’ultimo blockbuster del più celebre regista/produttore al mondo è un altro melò, e non è altro che un cammino (per di più "on the road") di ricongiungimento familiare, la storia di un uomo che recupera il "mancante" (in senso proppiano) statuto di padre attraverso l’autosopravvivenza, il sacrificio, e persino il rifiuto della morale in vista della conservazione della famiglia.
Ma fortunatamente (perché l’insistenza di Spielberg su queste tematiche può risultare alquanto fastidiosa, lo capisco), non c’è solo questo. C’è anche e soprattutto un cinema della meraviglia come pochi al giorno d’oggi: meno ambizioso dei recenti passaggi di genere del regista, più horror che non limpida fantascienza, La guerra dei mondi emoziona e terrorizza per buona parte del suo tempo con effetti speciali (visivi e sonori – goderselo in un multisala ha il suo peso) incredibili e un senso del cinema che, nonostante i buchetti della sceneggiatura deboluccia e qualche sonora cantonata, funziona ancora da dio.
Molto merito dello spaventoso divertimento (soprattutto nella prima parte) è però da attribuire soprattutto alla scelta di Spielberg e soci di puntare sul contrasto tra l’orrore e il quotidiano, tra gli ottimi effetti e la dimensione realistica di cui sono fatti i primi minuti di film. Se Tom Cruise in questo ruolo e con quei vestiti riesce a convincervi, c’è da rimanere sconvolti da quel tripode che sbuca dall’asfalto: ma i fulmini e le "cenerizzazioni" fanno comunque saltare sulla sedia.
La cosa che forse dà più valore all’opera, che mette i brividi, è l’immagine che Spielberg dà di questa umanità privata della sua amata modernità elettrica. Non proriamente idilliaca, anzi durissima e spietata: da lui non ci si aspettava un ritratto così nero e violento della regressione umana, anche se quella stessa umanità avrà poi il tempo per rifarsi e ritrovare la strada della solidarietà (anche militare? qualche strascico dubbioso). Alla fine, una mano salva l’altra.
Comunque, uno spettacolo con i fiocchi, con alcuni momenti degni, finalmente, dei grandi capolavori spielberghiani: il lago di sangue, il fiume di morti, la pioggia di vestiti nel bosco, un infinito piano-sequenza circolare intorno alla macchina di cui faccio persino fatica ad immaginare il concepimento. Sopportatele, le stracotte ossessioni dello zio Steven, e troverete grande cinema.
Ed è inutile tacciare i percorsi melò del regista e in questo caso la loro virata finale, di eccessiva bontà d’animo (lo si fa spesso – mio cugino la chiamava "la pregiudiziale Spielberg"): sì, il ricongiungimento c’è, ma chi vi scrive non è per nulla convinto della realtà di quell’abbraccio. Anzi, si tratta di un sogno, di un simbolo, di una felicità effimera come un fantasma. Ma poco importa, visto che nell’ottica spielberghiana conta solo che il personaggio principale abbia terminato il suo percorso iniziatico. Tanto gli esseri umani sono comunque trascinati da meccanismi trascendenti, per cui agli uomini non resta che lottare per le piccole cose e cercare di stare in piedi.
Resta una domanda: ma dove diavolo aveva parcheggiato?