Save the green planet! (Jigureul jikyeora!)
di Jeong Jun-hwan, 2003
La storia di un uomo che reagisce con un’immaginazione lisergica (…) ad una storia personale fatta di miserie, perdite e violenze è una specie di miscuglio di thriller di caccia all’uomo e horror sanguinario, con tocchi di humor paradossale e fantascienza digitale. A raccontarlo (tutto) sembra una cretinata.
E invece Save the green planet! è qualcosa di molto diverso: sotto la patina comico/bizzarra, che si spegne in fretta, è un tour de force prima trattenuto, poi struggente e infine apocalittico sulla coercizione sociale, politica ed economica. Un sci-fi anticonformista che allarga la (usuale) metafora della recente storia coreana ad un discorso più ampio (molto – forse troppo – esplicito) sulla malvagità innata dell’essere umano. Sì che c’è anche da ridere, ma non proprio per ridere.
Citazionista (soprattutto ai danni del monolite kubrickiano) ma liberissimo e quasi anarchico, il film mostra anche le doti non indifferenti del sue regista. Magari marcate ed esposte ma che, visto il progetto, non guastano: Jeong possiede, nell’ambito di un cinema popolare ma per noi quasi inconcepibile, la non scontata capacità di raccontare attraverso le immagini e non solo sulle immagini, con uno stile fatto di accelerazioni e violenze improvvise ma senza banalità videotelevisive, e con vette assolutamente geniali (le api, e non dico altro).
I due finali sono davvero tra le cose più assurde che vi possano capitare sotto gli occhi. Eppure non stonano affatto, anzi, sono irresistibili, soprattutto tenendo conto dei titoli di coda.
Film bello ed emozionante, stimolante e (nel senso più ampio del termine) divertentissimo, Save the green planet! è probabilmente ciò che mostrerei ad un digiuno di cinema coreano per fargli capire perché questo benedetto cinema coreano mi piace tanto. Costui potrebbe reagire a sputi.
Freschissima di visione anch’io.
Non mi aspettavo un film così.
Bello bello.
Condivido l’apprensione per gli sputi.
ma sì, questione di abitudine, ai finali “alla coreana”…
lo abbiamo visto tutti insieme…
non concordo sul monolite kubrickiano, a me piacciono quando riciclano/copiano tutto senza pudore alcuno.
“ai danni del monolite kubrickiano” era solo una forma sympathy per dire “da 2001″, ben lungi dall’essere un giudizio negativo. anzi, ho gradito.
Non sarà il miglior film coreano degli ultimi anni, ma se volete spiegare a qualcuno in cosa consiste questo giovane cinema, mostrategli questo.
mi sa che io lo avevo preso un pelino meno sul serio di quanto lo abbia preso tu. A parte quesso, d’accordo su tutte. E’ incredibile come stia tutto in piedi.
Andrea
ps: ma la citazione di Gokachu da dove arriva?
@gokachu: l’ho trovata ora e TI GIURO che non l’avevo letta, è una cosa che pensavo di continuo guardando il film.
evidentemente ci sono delle impressionanti connessioni neuronali tra di noi.
Quando una cosa è vera è vera
in effetti calza. evidentemente siamo entrambi intelligentissimi.
a non scontata capacità di raccontare attraverso le immagini e non solo sulle immagini
la cosa che mi ha colpito di più. E non è decisamente scontata.
Ciaoo Rob
E’ stato il film che mi ha iniziato al cinema coreano.
Che dire, grazie Gokachu (il ragazzo – infondo – serve a qualcosa).