La rabbia giovane (Badlands)
di Terrence Malick, 1973
"My mother died of pneumonia when I was just a kid. My father kept their wedding cake in the freezer for ten whole years. After the funeral he gave it to the yard man. He tried to act cheerful but he could never be consoled by the little stranger he found in his house. Then one day hoping to begin a new life from all his memories he moved us from Texas to Fort Dupree, South Dakota."
Holly che abbraccia il cane, che suona il clarinetto nel giardino, che si chiude la camicetta e dice "è tutto qui?". Kit che guida, che uccide, che scappa. Due spari in una cantina, "che dici, li avrò presi?". Perché l’hai fatto, Kit? "Forse ho sempre voluto essere un criminale. Al mondo c’è di tutto".
La fuga verso la morte di uno spree-killer nichilista senza saperlo, e della sua bellissima amante bambina, attraverso le "terre maligne" degli Stati Uniti, ambientata in un decennio che dello splendore colorato del sogno americano dei fifties hanno solo la voce di Nat King Cole, l’immagine dei divi ("mi taglio la testa se non si atteggia a James Dean"), e il sogno di grandi città lontane. Qui è la periferia del mondo, dove i cani muoiono ai bordi delle strade e dove ci si deve attaccare a quel poco amore che si ha: "meglio una settimana con uno che mi sa amare come sono, che una vita in solitudine".
Film quieto eppure rivoluzionario, cristallino eppure inquietante, lucido e commovente: uno dei film più straordinari del coraggioso e indipendente cinema americano di quegli anni, vero cuore pulsante della New Hollywood e – insieme a Gangster story di Penn – modello essenziale e forse mai raggiunto per le generazioni successive.
Colonna sonora, tra Erik Satie e la "Musica Poetica" di Carl Orff, degna di un loop lungo una vita.
Malick fortunatamente stavolta non ci fa aspettare vent’anni per un altro film.
Dov’è il problema? Il problema è che il trailer è proprio brutto.
O no?
Colpevolemente mi manca, a causa di un’adolescenziale idiosincrasia per Malick… all’epoca della Sottile Linea Rossa, gli avevo preferito il Soldato Ryan di Spielberg… ero giovane e inesperto, ma col tempo ho imparato… però m’hai fatto tornare alla mente l’omonima canzone di Springsteen (I wanna spit in the face of these badlands!)… The new world promette bene, anche se pare che ultimamente i trailer siano fatti un pò tutti con lo stampino… sembra quasi l’Ultimo dei mohicani (gran film)…
l’ultimo dei mohicani è l’unico Mann che ho visto a non entusiasmarmi affatto.
dovrei dargli una seconda/terza occasione?
Mann merita sempre una seconda visione, pure una terza, addirittura una quarta… se poi proprio non ti va giù, procedi con la damnatio memoriae di quest’opera… sicuramente non è il miglior Mann (per quello ci vuole Manhunter o Heat) ma la regia (pagato il dazio alla spettacolarità) sa entusiasmare… e Daniel Day-Lewis ha il suo perchè…
non mi ha mai conquistato, il primo malick. e aspetta, l’ultimo ancora meno.
poi ‘sta cosa del “regista filosofo”, via.
vanni, oh, de gustibus!
anche se, in questo caso, trovo alquanto bizzarro che si possa non amare “La Sottile Linea Rossa”. ci vuole un bel coraggio. o una sottile vena provocatoria.
Grande Badlands, grande The thin red line, grande mallick, grande Mann, grande Daniel Day-Lewis.
oh!
Scusate nel post #7 non mi sono firmato…. Comunque buon Natale!
Z
malick è la mia vita e i suoi film il mio breviario.Ho detto tutto.
Effettivamente il trailer sembra abbastanza anonimo. Alcune critiche statunitensi non ne parlano in termini entusiastici, ma anche La sottile linea rossa fu candidato a vari Oscar e non ne vinse nessuno, perchè dovevano “salvare” il soldatino Ryan…
a me piacque anche, il soldatino.
ma la sottile linea rossa era proprio un altro pianeta.
Affiancherei a questo magnifico film del cuore pulsante della new hollywood, anche L’Ultimo spettacolo di Bodganovich, Il Clan dei Barker di Corman, Gang di Altman, Grissom Gang di Aldrich, GAGED HEAT (vergognosamente tradotto in Italia con Femmine in gabbia) di Demme, Un tranquillo week-end di paura di Boorman, e tanti altri film di “frontiera” che raccontarono la “provincia americana”. Cinema della transisizione, del passaggio.
Bellissimo! Ricordo di averlo visto per averlo sentito citare in un film di Rubini.
Quel titolo però..brrr
Bacini,
Gourmandise