Syriana
di Stephen Gaghan, 2005
Gaghan e Soderbergh, già rei confessi – a ruoli alterni – dell’enormemente sopravvalutato Traffic, fanno il bis. Coinvolgendo l’amico Clooney, pappa e ciccia con Steven e Stephen ormai da tempo, mettono su un altro insieme di storie intrecciate, con la convizione che per fare un film corale basti mettere dei personaggi sullo schermo e poi ad un certo punto farli incontrare – magari traumaticamente. Ma se i personaggi non hanno alcun interesse, se non subordinati alla causa del film e al suo "discorso", e sono quindi oggetto non del fato o del caso ma degli interessi extratestuali, oppure dell’inutile sadismo (o giocosità, o entrambi), del regista, allora il film stesso finisce per essere solo confusionario. Un gran casino: questo è il caso di Syriana.
Insomma, è vero: Syriana è un film coraggioso, appoggiabile, estremo ed estremamente trasparente. Non perché Clooney parli un buon arabo, o perché le unghie di Clooney vengano strappate via (con nostro sommo sbigottimento, direbbe qualcuno), ma perché si dipinge un panorama politico, politico e umano, politico e sociale, politico e internazionale, che fa stringere il bracciolo della poltrona con la lingua tra i denti. E non è fantapolitica, per quanto Gaghan si diverta abbastanza a miscelare la fanta con la politica, ma l’idea che dovrebbe sorreggere l’intero film, e che purtroppo non basta a sorreggerlo. Perché i buoni propositi e la buona fede – sempre che siano dati per scontati, e vi ci sfido – non bastano. Peccato, perché l’idea in sè – pur dietrologa, paranoide, cospirazionista, quello che volete – mi trova persino partecipe.
Il problema è proprio il film, che è tremendo: una noia mortale per tutta la prima incasinatissima metà, antipaticissimo nella seconda. La regia è soderberghiana: tipo, usa una camera a spalla e farai vedere che sei indipendende, nascondendo l’inettitudine della tua regia (e del tuo montaggio, notare bene: e sono tanti soldi al cesso). Poi, tornando alla falsa coralità del film, tutti i personaggi sono introdotti senza un briciolo di spirito, con la chiara sensazione che tutto avrà un senso nel finale. Ipotersi confermata dal finale stesso. Ma qual tragico error, per un film corale, dare la sensazione di mostrare un’ora e mezzo di accessori del finale.
Anche se quest’ultimo è decisamente riuscito, quasi commovente. Tu sei il canadese, boom. Bellissimo. Almeno per metà, quella in cui, dopo essere stati propositivi e coraggiosi, gli autori si tirano indietro e un po’ piangendosi addosso dichiarano morta ogni speranza sotto il suono delle bombe. Complimenti, mi avevate quasi convinto. Ma sotto sotto, se ne tornano a casa ad abbracciare i propri cari, girandoci dietro la schiena. Vigliacchi.