I segreti di Brokeback mountain (Brokeback Mountain)
di Ang Lee, 2005

"This is a bitch of an unsatisfactory situation"

Brokeback mountain è il film che ha dato (e darà) maggior prestigio ad uno dei pochi registi asiatici che, al momento improrogabile del "passaggio" (1995, Ragione e sentimento, uno dei migliori adattamenti da Jane Austen), non ha tradito come altri – del tutto – le proprie qualità artistiche. Altro è dire che questo sia il suo film migliore (non so voi, ma da queste parti si stravede per Tempesta di ghiaccio e La tigre e il dragone) ma senz’altro è quello in cui Lee trova lo spazio più sicuro e solido per il suo personale sguardo – e ritmo – all’interno di un panorama – anche estetico – tutto hollywoodiano. Così, nasce Brokeback mountain, storia d’amore tra due pascolatori tristi, emarginati e solitari.

Ma a dispetto di una stampa che ha trasformato gli innocui giochi di parole degli spettatori veneziani sul titolo (sì, la montagna rottinculo lo dicevamo anche noi) in un tamtam mediatico imbecille che sta procurando al film una fama camp che non gli appartiene, in Brokeback Mountain ci si dimentica dei corpi, in un loro annullamento che ha pochi eguali nel cinema melodrammatico recente, così ossessionato dal genere, che siano distinzioni o ibridi. Qui quello che palpita è la storia di un amore inevitabile, carnale, passionale, reale, impossibile "come solo al cine" eppure attaccata alla realtà in modo estremo e davvero quasi "realista" – intorno a cui si levano le voci di sconfitta e poi di vittoria di un’omofobia sociale che – con il passare dei minuti – si scopre essere puro pretesto per un regista che è solo innamorato di una storia d’amore, come della montagna che la ospita e la coccola.

Davanti ai due corpi così deprivati e quasi sadisticamente costretti ad amare, si staglia il cielo e la pianura dell’America, quel posto puro come solo quelle nuvole in cui consumare – l’unico e ultimo possibile – la propria devozione sessuale. Insomma, con una storia così struggente e "forte", con una fotografia che spezza il cuore, con due protagonisti così perfetti, con una colonna sonora così "ben congegnata" (ne è artefice l’inarrituano impronunciabile Gustavo Santaolalla) è quasi impossibile non commuoversi: ma è decisamente possibile, dal momento che io – per dirne uno – non mi sono commosso.

Insomma, il film è perfetto, spiace quasi dire perfettino, e non nascondo che mi sia piaciuto almeno – come minimo – quanto mi aspettavo dopo le critiche entusiaste venute dalle voci più disparate e a volte insospettabili. Probabilmente manca di un qualche tipo di spinta estetica, non lo so: è difficile giudicare il perché non funzioni alla perfezione come dovrebbe, sotto l’aspetto emozionale. Ma sono dettagli, inutili dettagli di un film difficilissimo da azzeccare, e perfettamente riuscito grazie al talento e al lavoro di un team, e all’occhio – quello sì – molto più maturo del suo autore. Se vincerà, o stravincerà, non sarò certo io a dire che non ci hanno capito un cazzo.

33 Thoughts on “

  1. Anche da queste parti si stravede per Tempesta di ghiaccio, un pò meno per La tigre e il dragone (non ho ancora trovato il tempo di concedergli una seconda visione)… comunque, il classico bel film (non capolavoro) che alla fine vincerà tutto (e ha già vinto molto)…

  2. Io ho pianto, invece. Sarà l’immedesimazione…

  3. Anch’io non mi sono commosso (e nelle dinamiche tra me e il mélo la commozione, di pancia o di testa, riveste un’importanza non di poco conto). E sì che l’immedesimazione, ahimè, c’era eccome. ^^ Sì, perfetto, perfettino. Ma quei corpi annullati proprio non riesco a mandarli giù. Mi sa di una cautela colpevole e un po’ ipocrita. Ancor più stasera, reduce dalla emozionante visione di “Wild side” di Lifshitz. Comunque ne ho scritto dalle mie acerbe parti. Se vuoi farti un giro: http://unodipassaggio.splinder.com/post/6966528

  4. utente anonimo on 9 febbraio 2006 at 12:25 said:

    Anch’io ho percepito un senso di freddezza a visione appena ultimata. Poi ho capito che il tutto era in pieno stile Ang Lee: laddove ci fosse il rischio di una deriva patetico-melodrammatica, Lee ha asciugato i toni sentimentali della vicenda, li ha induriti, raffreddati con stoico equilibrio, in un finale così amaro che non contempla commozione. Almeno fino al giorno dopo, quando il film ti è cresciuto sottopelle e avverti un nodo allo stomaco a scoppio ritardato…

    Flavio

  5. utente anonimo on 9 febbraio 2006 at 12:29 said:

    P.S. Comunque sì, se l’avessi girato io questo film, non avrei trascurato i corpi, la sensualità, come accade nella seconda parte. Ma credo sia l’unica pecca in un film che merita, tanto.

    F.

  6. Forse è arrivato il momento di accettare il “perfettinismo” (cosa di cui, per quanto riguarda me, il film NON si macchia affatto) e andare avanti con le nostre vite.

    E poi, comunque, vuoi mettere con quel che c’è in giro nei festival e nei canali tv a tema? Col cinema gayo da tinello e controbuffet, dove sono tutti felici integrati e hanno tante sagge regoline sulla Vita ? Se c’è da scegliere, Brokeback Mountain tutta la vita, scusate.

  7. Se c’è da scegliere, mi vien da dire oggi che spirito conciliatorio ne ho poco, nè l’uno nè l’altro.

  8. vorrei ribadire che il film mi è decisamente piaciuto, ché non sembri che sia una stroncatura, eh.

  9. Kekkoz, anche a me il film non è dispiaciuto. Non mi è piaciuto “decisamente” ma l’ho moderatamente apprezzato come tutti i film in cui le cose sono “scritte” più che “viste”. E non mi riferisco solo al tema della sen/ses-sualità (che comunque, in una storia del genere, osteggiata per la sua presunta anti-naturalità e che proprio nella natura si compie, non mi sembra un dettaglio come gli altri). Nè mi riferisco ai centimetri di epidermide disvelata. L’uso dei corpi nel cinema non è direttamente proporzionale al peso dei vestiti tolti. Ma questo lo sappiamo un po’ tutti, no?

    Chiusura cattivella: se questo film buono o discreto, ma da salotto, deve, extracinematograficamente parlando, essere considerato il baluardo di una nuova sensibilità pro-gay, aridatece “Il vizietto”.

  10. utente anonimo on 9 febbraio 2006 at 18:05 said:

    Ma scusate… il titolo, tradotto in italiano, significa “La montagna dei culirotti?”

    HB

  11. utente anonimo on 9 febbraio 2006 at 18:51 said:

    Non credo che questo film voglia essere baluardo di sensibilizzazione pro-gay, non più di quanto ‘The new world’ lo possa essere in senso pro-ecologico. Se gli si può rimproverare un’insufficienza di provocatorietà sul versante sensual-sessuale (ma la scena di sesso nella tenda è già un grosso balzo avanti in un cinema ‘mainstream’), non credo comunque che gli si possano contrapporre pellicole in cui trionfano le macchiette.

    Flavio

  12. anche a me la scena finale un piccolo singhiozzuccio l’ha strappato.

  13. Avevo fatto una precisazione extracinematografica (e l’avevo specificato). Il film in sè non vuole essere baluardo di niente. Per sua e nostra fortuna. E quando parlavo di “uso dei corpi” non alludevo a nulla di “provocatorio”. Ci mancherebbe. E ovviamente non gli contrapponevo nessuna macchietta. Adesso taccio. Faccio parte di una minoranza imbarazzata. ^^

  14. Commento per mera cronaca, ovvero per dire che anche io sono fra coloro che piansero sul far del finale (personalmente già dal post-telefonata).

    Comunque non capisco troppo tutto questo polverone sul ” è un film per gay” e “gay” e “gay”. I due fanno cose, sì, sono maschi, sì, ma a me, personalmente, non è parso così palesemente sventolata la loro gaytudine. Non so come spiegarmi…io non mi sono emozionata, appunto, sul finale, perché si è trattato della triste storia di due omosessuali, bensì perchè si è trattato di una storia passionale e (im?)possibile.

    Chiaro che non sia un capolavoro, ma è uno dei migliori che abbia visto in questa annata (e ne ho visti pochi, specifico).

    E poi solo una studentessa delle medie filmofila potrebbe ancora credere che gli Oscar vengano attribuiti per l’ effettivo e universale valore che hanno i film.

  15. “io non mi sono emozionata, appunto, sul finale, perché si è trattato della triste storia di due omosessuali, bensì perchè si è trattato di una storia passionale e (im?)possibile.”

    parole sante, ho detto la stessa cosa nel post.

  16. utente anonimo on 10 febbraio 2006 at 00:40 said:

    montagna rottinculo

    una frase che vale il post, kekko sei troppo prolisso. Devi essere più ermetico, autoreferenziale

    Un rosa croce dei blog.

    templare ma non buffone

  17. lillone, quanto ti amo.

  18. ma sul fatto che sia una storia d’amore e basta (e non gay) credo che non ci sia alcun dubbio. anche nelle stesse intenzioni (e dichiarazioni) di lee.

  19. … Quindi, in breve, chi tra noi è queer rimprovera al film di essere stato troppo trattenuto ed eterodiretto, mentre chi tra noi non è queer fischietta “e benvenuti a ‘sti froscioni” con uno stecchino tra i denti.

    La stessa cosa, stando a un editoriale del L.A. Times, sta succedendo in mezzo a quelli che voteranno agli Oscar.

    http://www.laweekly.com/index.php?option=com_lawcontent&Itemid=206

  20. mi perdonate, vero, se non mi scanno insieme a voi? seguo con interesse la discussione, in ogni caso.

  21. secondo me è sbagliato già l’approccio pregiudiziale – vabbè che gli americani ci marciano su ste cose – in tutti i sensi proprio.

    voglio dire, se fosse stata una storia extraconiugale tra un cowboy e una cowgirl nessuno avrebbe avuto niente da ridire.

    il fatto che il film tratti un amore tra uomini è fuor di dubbio, ma ciò non vuol dire che sia per forza un manifesto gay. se no sembra che ogni volta che sullo schermo ci sono due uomini o due donne che si baciano e si amano fra loro il film deve diventare automaticamente un tema di dibattito di diritti dell’Arcigay. è un film, non una campagna elettorale ^_^ (che già ha rotto le scatole di suo, la campagna -_-”)

  22. utente anonimo on 10 febbraio 2006 at 15:37 said:

    visto ieri. Mi sono commosso. Spero di scriverci su tra un po’. Saranno comunque 4 palle (evitare facili giochi di parole).

    Ciaoo Rob

  23. Consiglio la lettura di “Mondo Queer – Cinema e militanza gay” (P.M. Bocchi, ed. Lindau), che riflette anche sui punti sollevati da NoodlesD nel commento qui sotto.

  24. sono stato alla presentazione del libro che P.M. ha fatto qui a bologna, ma purtroppo non ho ancora avuto l’occasione di leggerlo.

    diciamo che i punti cardine li ho assorbiti, almeno dovrei.

  25. utente anonimo on 10 febbraio 2006 at 19:04 said:

    Forse sono stato poco chiaro, ma quando ho parlato di provocatorietà mi riferivo appunto al “ridatece il Vizietto”, in confronto col quale – stando al commento a cui ho ribattuto – ‘Brokeback’ sarebbe un film da salotto. Ma ho compreso bene il senso di “uso dei corpi” nel cinema e sono d’accordo, sottoscrivo.

  26. utente anonimo on 13 febbraio 2006 at 11:01 said:

    Devo ammettere che questa è la prima recensione corposa, lucida e scevra da preconcetti che leggo su questo film. E non solo tra quelle dei bloggers.Bravo .

    alpoisson

  27. @alpoisson: e io ammetto che mi fa un porco piacere.

    beh, grazie. troppo buono.

  28. Un gran bel film. Pacato e emozionante, senza strafare. Lo affiancherei al rigore emozionale dell’Eastwood dei Ponti di Madison County, per il rispetto per un sentimento puro. Ma qua si parla anche di omofobia e di difficoltà esistenziali, di morale e pregiudizi, di vite cui il Bush o il Calderoli di turno impediscono la vita vera. Non solo un storia d’amore struggente, per fortuna. Qualcosa di più sottile e problematico, qualcosa che arriva al cuore e al cervello, insomma. Io mi sono commosso, mi sono arreso. per fortuna, sono ancora vivo.

  29. visto il tempo che dedichi ai miei commenti, potresti aprire un cineblog pure tu. ^^

  30. utente anonimo on 24 maggio 2006 at 17:41 said:

    si potrebbe giudicare un film a prescindere dal nostro essere gay o etero. Ma purtroppo non è sempre possibile. Si potrebeb giudicare un film di testa o di pancia, usando strumenti critici o meno,ma anche qui non sempre è possibile. Quello che è possibile è evitare le battutine sul titolo, evitare gli imbarazzi se due maschi scopano, o si baciano o si dicono: ti amo e ti desidero. Non credo sia difficile immaginare cosa provi un ragazzo gay in una eterosocietà che impone i suoi stilemi anche letterari e cinematografici. Detto questo un film è un film e va giudicato a prescindere. Ognuno si commuove per le scene che lo fanno commuovere. In questo film forse solo la scena della camicia nel finale è commovente sul serio. Wilde side è decisamente un film migliore. Ritengo però che questo film pensato per il grande pubblico possa fare riflettere su cose che si danno per scontate, come il fatto che due maschi possano vivere tranquillamente la loro storia d’amore.

  31. utente anonimo on 12 luglio 2006 at 16:32 said:

    ho letto con interesse tutti i commenti a questo film e noto in ogni caso la persistente indifferenza/barra imbarazzo che c’è tra gli utenti non queer che si trovano davanti ad una storia d’amore tra due uomini. A parte l’uso delle battutine che squalificano solo chi le fa, quello che non sta in piedi è dire: si tratta di una storia d’amore impossibile a prescindere dal sesso dei protagonisti. Mai questa frase sarebbe stata usata nel caso di storia eterosessuale! In verità la forza straordinaria di questo film è quella di usare tutti gli stilemi e i codici del cinema melodrammatico eterosessuale (c’è più sguardo queer in Tarantino che in Ang Lee) per raccontare la storia di due uomini che si amano e scopano. Usando questi codici (con annesse anche le conseguenze negative di questo uso) Ang Lee è riuscito a catturare la massa e a portarla a vedere una storia che sulla carta non avrebbe mai avuto interesse a vedere. Qui non si tratta di manifesti gay qui si tratta di una storia d’amore gay che usando i codici eterosessuali del racconto entra dalla porta principale nel cinema mainstream. E scusare se è poco. Certo i pecorai che diranno Culorotto Mountain (per inciso: il titolo non è la traduzione di questa frase) ci saranno sempre ma non è un problema di chi ama il cinema.Oscar.

  32. beh, non si può dire che tu non abbia tempo libero.

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