Transamerica
di Duncan Tucker, 2005

Ogni tanto ad una fetta non tanto ristretta del pubblico americano piace convincersi che nel loro paesone esista ancora un cinema indipendente, capace di guardare "ai margini della società" "senza peli sulla lingua" e altre splendide virgolettature, e così puntualmente si innamorano alla follia di un filmetto prodotto probabilmente allo scopo di colmare questa incombente lacuna. Era già capitato poco tempo fa con Sideways: Transamerica è stato altrettanto sopravvalutato, tanto che verrebbe voglia di demolirlo tanto per il gusto della rivalsa del buon senso.

Transamerica è però molto interessante per una serie finita di ragioni, tra cui la capacità di "sporcare" lo schermo con uno degli ultimi oggetti-tabù del cinema occidentale, e ovviamente l’interpretazione della Huffman. Che apre una nuova interessante parentesi intepretativa: una donna che interpreta un uomo che "interpreta" una donna è qualcosa di decisamente nuovo, e l’attrice (doppiaggio a parte, da schiaffi sulla fronte come al solito) è di una bravura quasi imbarazzante.

Ma che non ci provino, a far passare questa storiella di riconciliazione filiale, di menzogne e dolcezze, di autotradimenti e autoriconoscimenti di genere, per uno spaccato sociale: al di là del finale trattenuto e corretto, è tutto troppo quadrato e riconciliato, tutto troppo virato al buffonesco e alla carineria, ma senza la capacità di far ridere né di commuovere.

Un film che non lascia molto, magari un sorriso a metà bocca. Ma la mattina dopo ti sei pure scordato perché ti dolga la guancia.

24 Thoughts on “

  1. Una donna che interpreta un uomo che interpreta una donna. Non era Victor Victoria?

  2. In Victor/Victoria la Andrews interpreta una donna, in Transamerica la Huffman interpreta un uomo. E se Victoria FINGE di essere un uomo che interpreta una donna, Stanley E’ Bree. Qualcosa del genere, insomma. E di nuovo, in effetti. Almeno credo. Cmq, Kekkoz, curioso come le nostre opinioni divergano partendo da una base comune: tralasciando una regia totalmente di servizio, ho trovato che uno dei meriti principali del film sia stato proprio quello di non virare nel buffonesco e, soprattutto, di non essere affatto riconciliato. E l’interpretazione prodigiosa della Huffman mi sembra sia qualcosa di più di un motivo d’interesse. Il suo corpo si fa carico di tutte le sfumature di un discorso che non si esaurisce, per fortuna, nel volemose bene. I miei omaggi, sempre e comunque. ^^

  3. utente anonimo on 22 febbraio 2006 at 14:17 said:

    Le sale sono piene di film che si scordano (in tutti i sensi). Però questo non è malvagio. Il personaggio di Bree resta. E’ un po’ il contorno che si sfalda.

    Albertine Expike

  4. @gparker: ma è diverso, quella è una donna che interpreta una donna che interpreta un uomo.

    (affogo nella deriva degli intepretanti…)

    @unodipassaggio: ecco appunto, devo imparare a leggere PRIMA tutti i commenti e POI commentare io. :-) grazie comunque, eh.

    @Albertine Expike: il contorno, hai detto bene. in ogni caso, sì, malvagio malvagio non è, ma c’è decisamente di meglio in giro (che so, T.L.Jones?), e probabilmente anche nel mucchio

    di quelli che non ho ancora visto (che so, capote?).

    [vorrei tanto sapere la genesi del tuo nome.]

  5. utente anonimo on 22 febbraio 2006 at 16:20 said:

    Pike era Selvaggio naturalmente. Albertine m’è uscito proustiano non so perchè (la progioniera? Boh…). Insomma un nome in fieri. T.L. Jones è meglio senza ombra di dubbio. Capote forse lo vedrò stasera.

  6. utente anonimo on 22 febbraio 2006 at 16:23 said:

    1) film senza regia e facile facile.

    a parte le scena in cui bree fa pipì, piuttosto disturbante per un film mainstream così cerchiobottista.

    2)in realtà c’è tutta una tradizione del cinema cinese in cui donne interpretavano una donna che interpreta un uomo, era un classico del cosiddetto genere huangmei diao, sorta di musical in mandarino in auge negli anni 50 e 60.

    In particolare sono celeberrimi i numerosi adattamenti cinematografici della storia di Leong san-pak e chuk ying-toi, una sorta di Romeo e giulietta cinese, ad esempio The Love eterne di Li hang hsiang. (rifatto poi da tsui hark come The Lovers, con un attore ed un’attrice).

    Gli spettatori cinesi accettavano tranquillamente queste convenzioni, essendo abituati alle stilizzazioni dell’opera di Pechino. Anzi, le spettatrici si innamoravano regolarmente dell’attrice che interpretava il maschio.

    lonchaney didattico

  7. utente anonimo on 22 febbraio 2006 at 16:24 said:

    mi è piaciuta la parte dell’indiano graham greene, nobile.

    lonchaney

  8. (..cerchiobottista? allora Brokeback Mountain cos’è?.. mi è scappato, lo giuro, non lo farò più..) ^^

  9. che ne dite di definirlo un “Almodovar” non troppo riuscito?

    perché gestire gli eccessi di cui si colora, dal buffonesco di cui parla kekkoz al drammatico di alcune scene, non è cosa da tutti. Almodovar ci riesce. qui il commento finale è “troppa carne a cuocere”.

    Direi che il fatto che Bree sia interpretata (a!) da una donna sta a sottolineare il punto di vista dell’autore: se ti senti donna, sei donna!

    ciauz

  10. @lochaney. anch’io ho gradito greene. la scena della pipì fa il paio con quella della vasca. senza regia? lo dicono tutti, forse perché è vero. cerchiobottista? non saprei. un pochetto sì, eh.

    (lo sono anch’io, si sa).

    @maromi: “se ti senti donna, sei donna”. ecco, sei riuscita a spiegare con due parole perché la cosa mi ha convinto. io non ci ero riuscito, grazie.

  11. Ma in America ESISTE un cinema indipendente, o comunque laterale, che vale da solo tutto il cinema italiano, francese e tedesco degli ultimi 15 anni. Non è solo un’illusione. Se poi tu tieni in soffitta David Gordon Green e preferisci vedere Duncan Tucker non è colpa della cinematografia americana ^^

  12. lo so, Green è una mia colpa, è lì “in cantina” che mi aspetta (almeno All The Real Girls).

    quello che intendevo io, più che altro, è che il pubblico americano si crogiola nella convinzione che il suo cinema indipendente sia quello à la Duncan Tucker.

    e la esporta pure, questa convinzione.

    il fatto che un cinema americano indipendente “esista” o “non esista” non conta più di tanto, dal momento che non se ne parla. o no? era solo una provocazione, come questa d’altronde.

  13. Debbo dire che nella scena dello sfiorato incesto mi sono immaginato un finale alla Oldboy, in cui il figlio di Bree si faceva ipnotizzare per scordare l’accaduto; poi sono tornato al film, giusto sul finire dei titoli di coda.

  14. @jerry: bene, spoilerone!, hai raccontato il finale di oldboy a tutti i lettori di questo blog

    (come se ci fosse un lettore di questo blog che non ha visto oldboy, ma dico, uno di numero)

  15. E’ in generale diffuso nel mondo un cinema fasullo e “carino”, sottilmente consolatorio, che viene apprezzato dalle masse di persone mediamente colte (in principale gli insegnanti). Un cinema che concretamente non è molto diverso da quello mainstream ma che dà la soddisfazione narcisistica di essere spettatori di un cinema “per pochi”.

    Non è solo un fatto americano e anzi direi che è principalmente europeo, e che da queste parti il cinema fasullo “d’autore” ha campo libero come in america mai potrebbe accadere.

    Poi il cinema americano è un’industria, che non si perita di riempire i bisogni del pubblico; se al pubblico italiano piace Muccino, forse non disdegnerà un Duncan. Il film viene esportato perché per quel film cè un pubblico possibile (oltre che per il bieco cinismo dei distributori; ma almeno questi ultimi hanno dei profitti in gioco, il pubblico invece paga lo stesso biglietto sia per vedere una ciofeca che per vedere un capolavoro; lo giustifico molto meno).

    Detto questo, che esiste anche un cinema fasullo americano, oltre a quello europeo – non dico che sia il caso di Transamerica, che non ho visto), va però riconosciuto al cinema americano di avere nelle multiformi pieghe della sua enorme produzione, oltre ai capolavori del cinema mainstream, che non è per il fatto di essere commerciabile necessariamente brutto, anche lavori molto personali, difficili, piccoli, interessanti. Prodotti con pochi soldi oppure creati per volontà di un qualche divo che al cinema ci tiene, e spende il suo nome in prodotti non facilmente commerciabili. Si hanno così film come (tipo 1) All the real girls, oppure come (tipo 2) La promessa, come (tipo 1) The Believer o come (tipo 2) The Brown Bunny. In Europa abbiamo dei film che possono essere messi seriamente a confronto con questi? Sì, senza dubbio; più facilmente però fuori dai più tre grandi paesi continentali, Francia, Germania e Italia.

  16. i trans sono proprio di moda eh!ALE

  17. Se c’è ancora qualcuno che non ha visto Oldboy, è giusto che subisca questa punizione…

  18. sei cattivo…guarda che il doppiaggio un film così lo può solo rovinare…e infatti ecco il tuo risentito commento…a me ha commosso e fatto ridere, con delicatezza estrema, sempre in bilico col cattivo gusto. Sideways era una vera cagata, fastidioso, banale e fatto male…oltre che pretenzioso ai livelli: un finto indipendente. Transamerica è veramente indipendente e si vede dalla grana della pellicola, dalle situazioni tra il serio e il faceto, dal modo disincantato di trattare un argomento stradelicato, dalla passione recitativa che trasuda da tutto il cast. Un piccolo grande film lo definirei. Assolutamente non-mainstream. Anzi bello sporco e disturbante. Ma da vedere ion lingua originale.

  19. commento impegnativo! :-)

    due cose. prima, il film non mi ha disgustato, così come non mi ha disgustato quello di Payne (perché sei sempre così cattivo…). semplicemente era solo sufficiente, e quindi al di sotto delle aspettative e delle potenzialità: e poi è comunque il mio giudizio, la mia opinione, eh. non è che “ho sbagliato”. ^^

    seconda cosa, non credo che dalla “grana della pellicola” si possa decidere se un film sia indipendente o meno, e nemmeno – di sicuro – se quello sia il “grande cinema indipendente” per cui si spaccia.

    tutto qui. in my humile opinion.

    e comunque… disturbante?

  20. de gustibus allora…a me è sembrato onesto e mi ha colpito…inaspettatamente, poi…

  21. utente anonimo on 24 febbraio 2006 at 00:15 said:

    Transamerica non è disturbante, ma al contrario. Rassicurante. Onesto è il personaggio di Bree. Gli altri intorno sono dei clichè. Difendo Sideways: onesto film sobrio.

    Albertine Expike

  22. sideways io l’ho trovato falso, retorico, assolutamente poco interessante, noioso e anche realizzato male…tanto fumo e niente arrosto…transamerica non è un capolavoro ma ha qualcosa in più secondo me…l’ho trovato più vero e più ispirato, più onesto e naif…più interessante…de gustibus

  23. utente anonimo on 24 febbraio 2006 at 14:39 said:

    Sideways è un gran film, seppur astuto.

    Altra complessità dei caratteri, tenuta narratival, ricchezza dei dialoghi.

    Personaggi veri, non clichè.

    eppoi il prefinale con lui che si scola il suo vino da collezione al fast food era un vero capolavoro di sceneggiatura.

    L’avevate visto Election? quello era ancora meglio.

    Shmidt invece era una robetta.

    Transamerica cos’ha di indipendente? va bene per la tv e normalizza il normalizzabile, concilia tutto e tutti…bah

    lonchaney

    P.S.: all the real girls è uno dei miei film preferiti, peccato che i dialoghi siano troppo complessi per essere gustati appieno con sottotitoli in francese fatti male… :-(

  24. election in effetti mi era piaciuto molto.

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