American psycho
di Mary Harron, 2000
Tratto da uno dei libri fondamentali degli (e sugli) anni ’80 (pur essendo del ’91), American Psycho presenta già in partenza una difficoltà tipica degli adattamenti più rischiosi, e le conseguenze si vedono subito. Ovvero, il problema principale non è – come si legge(va) un po’ ovunque – come sia possibile mostrare la violenza e il sesso esplicitato da Ellis nel romanzo (cosa da poco, i fuoricampo esistono anche per quello, e la Harron li usa benissimo), ma piuttosto come esprimere in immagini la sua scrittura (in prima persona) fluente e descrittiva, e psicopatologica essa stessa come il protagonista del libro.
Quindi c’è un po’ di fretta, e un po’ di frettolosità, nel seguire le vicende del serial broker Patrick Bateman nella New York yuppistica degli sfavillanti eighties: la Harron cerca di riparare al possibile danno-noia mettendo subito un po’ carne al fuoco, asciugando i dialoghi all’essenziale, e cercando di arruffianarsi gli spettatori a destra e a manca trasferendo sullo schermo le parti più note e più chiacchierate (che so, l’urlo inaspettato verso la barista, o la scena della lavanderia, o quella dei biglietti da visita). Che sono però anche le più "forti", per sua fortuna.
L’accurata selezione non giova però all’anima profonda del film, che risulta spezzettato e indeciso, tendenzialmente pop ma non abbastanza pop. La Harron tuttavia mantiene un registro corretto che spesso salva il film dal disastro (anche se gli ellisiani non credo la pensino tutti così) e altre volte riesce persino a dare una forma e una vera "credibilità" ai suoi personaggi e ai suoi anni ’80, sia quando ci mette del suo (l’unica scena di sesso è formidabile, a suo modo), sia e soprattutto quando non cede – da buona sundancista convinta – a pressioni da mercatino. Come nel finale, che la regista mantiene insopportabilmente (e quindi, in questo caso, giustamente) oscuro, aperto e frustrante.
Tutto sommato, niente di davvero speciale e niente per cui versare lacrime di disperazione. Anche se resta il dubbio che si sarebbe potuto ottenere un risultato migliore forzando per una volta l’adattamento (Ellis avrebbe voluto chiudere il film con un numero musical), o forse non facendo affatto questo film.
Waiting for Glamorama. Ansiosamente.
Spiace dirlo, ma al 99,9 % Glamorama non diventerà un film. Il contenuto della seconda metà libro viene considerato ancora troppo “forte” per essere messo sullo schermo. E la sceneggiatura di Avary (l’unico di cui Ellis in qualche modo abbia apprezzato la trasposizione) resterà lì a prendere l’umido. Sic transit.
…gloria mundi.
che cosa triste, però.
tanto più che secondo me Avary sarebbe perfettamente in grado di gestire persino una cosa folle come Glamorama.
indi, continuo a sperarci…
kekkoz
Bè ddai, non è proprio così da buttare… non avendo letto il libro ho trovato il film interessante ( noiosetta qualche parentesi… ).
Nella storia lui che cerca di uccidere la sua ragazza con una sparachiodi fashion!!
^_^
ma sto caimano kekko, ne parli o si rimane al palo? e sai che essendo apriosticamente contro Moretti non vedo l’ora di sapere cosa ha da dire. Ne ho sentito parlare molto bene e sn davvero curioso.
Cosa dirà il chignola su questo film? speriamo,prossimamente, di saperlo dal giovanecinefilo.
lillo
entro la giornata, il post sul caimano. dammi tempo. non anticipo niente.
kekkoz
Waiting for Glamorama, sempre e comunque… Bale sprecato… come pure la sequenza su Huey Lewis… Come si può fare un American Psycho senza squartare, stuprare, mozzare, “canicidiare”, torturare l’America degli anni ’80? Geniale l’idea di Ellis…
è falso che Glamorama non si farà al 99,9%. Avary non solo ha scritto la sceneggiatura, ma portato a termine tutta la preproduzione. Si aggiunga che il progetto è blindato ai livelli del miglior kubrick (o del caimano, a sto punto). Poi sì, allo stato attuale sembra che i contenuti presentino qualche difficoltà di trasposizione. Ma non era affatto meglio per American Psycho (set boicottato dagli stessi che minacciavano Ellis di morte). Pertanto, Glamorama continua a slittare, ma non facciamo i complottisti.
Poi, che Avary sia in grado di farne un buon film è lecito dubitare. Le regole dell’attrazione è il miglior film da Ellis, ma non ci voleva poi molto, visti gli altri, e comunque ha i suoi difetti -a partire da una semplificazione notevole non solo della storia, ma anche dei “messaggi” del libro.
vannij
a me il finale era piaciuto, anche se non avendo letto il romanzo non so stilare paragoni. e bale è pure convincente… mentre in altri ruoli mi pare uno stoccafisso.
so che non è questa la sede giusta, ma prof ‘sto caimano?
eh che bello ho creato l’hype…
oggi non ho avuto il tempo materiale per scrivere il post sul Caimano, che scriverò SICURAMENTE entro domani, visto che non ho altro su cui scrivere (ma c’è di mezzo pure Friday Prejudice… dura la vita del cineblogger…)
Ho visto il film quaklche tempo fà,
l’ho trovato un pò ridicolo e noioso in certi suoi modi di estremizzare per immagini alcuni aspetti che nel libro son decisamente resi meglio dalle parole e le sensazioni da esse suscitate. A tratti pare d’aver a che fare con un B movie dell’Horror.
Tuttosommato però, parte dello spirito del testo affiora dalla visione del film, anche grazie alla buona interpretazione (secondo me) di Bale.
Grandiose le scene dei biglietti da visita e dell’omicidio del collega nel salotto “incelofanato”.
A presto,
El gordo loco
ma il protagonsita di sto’ film è Bale? il giovanebatman?
si proprio lui.
margie
Vannij / Ambiguopesce, mi piacerebbe molto continuare la conversazione su Glamorama in privato. Posso avere la tua mail ?
(Violetta)