aprile 2006

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[Udine Far East Film Festival 8]
Un riepilogo



TAG:
TUTTI I POST SUL FAR EAST FILM 8

PREMI:
AUDIENCE AWARD, KEKKOZ AWARD

CHINA
Gimme Kudos, HUANG Jianxin
Loach is Fish Too, YANG Yazhou

HONG KONG
2 Become 1, LAW Wing-cheong
2 Young, Derek YEE, 2005
Cocktail, Herman Yau & Longisland SO
Dragon Squad, Daniel LEE
Home Sweet Home, Soi CHEANG
I’ll Call You, LAM Tze Chung
The Imp, Dennis YU
Isabella, PANG Ho-cheung
The Shopaholics, WAI Ka-fai
Superkid, CHA Chuen-yee

JAPAN
Always – Sunset On Third Street, YAMAZAKI Takashi
Linda Linda Linda, YAMASHITA Nobuhiro
Nana, OTANI Kentaro
Rampo Noir, TAKEUCHI Suguru, JISSOJI Akio, SATO Hisayasu, KANEKO Atsushi
Shinobi, SHIMOYAMA Ten
Ski Jump Pairs – Road To Torino, KOBAYASHI Masaki

Pink Movie: Tribute To MEIKE Mitsuru
The Glamorous Life Of Sachiko Hanai, MEIKE Mitsuru

Special Focus On: JISSOJI Akio
A Watcher In The Attic, JISSOJI Akio

PHILIPPINES
D’Anothers, Joyce BERNAL
Exodus: Tales From The Enchanted Kingdom, Eric MATTI

SOUTH KOREA
All For Love, MIN Kyu-dong
Art of Fighting, SHIN Han-sol
Bystanders, IM Kyung-soo
Love Is A Crazy Thing, OH Seok-keun
Murder, Take One, JANG Jin
Rules of Dating, HAN Jae-rim
Sa-Kwa, KANG Yi-kwan
See You After School LEE Seok-Hoon
Vampire Cop Ricky, LEE Shi-Myung
Voice, Equan CHOE
Welcome To Dongmakgol, PARK Gwang-hyun, 2005
You Are My Sunshine, PARK Jin-pyo, 2005

THAILAND
Bangkok Loco (3 Ottobre 2005), Pornchai HONGRATTANAPORN
Dear Dakanda, Khomkrit TREEWIMOL
Ghost of Valentine, Yuthlert SIPPAPAK
Hello Yasothorn, Petchthai WONGKAMLAO
M.A.I.D., Yongyoot THONGKONGTOON

TAIWAN
The Heirloom, Leste CHEN

ASIA CANTA! PANORAMA DEL MUSICAL ASIATICO
Hong Kong Nocturne, INOUE Umetsugu

SPECIAL EVENT
Masters of Horror: Imprint, MIIKE Takashi


Un saluto a tutte le belle facce presenti al FEFF, e più in particolare a Coma, Hawke, John Trent, Maromi, Naly, Rob, Torakiki, Trentamarlboro, agli Iaciners, ai ragazzi degli I.o.m.a., e a tutto il gruppo di Ferrara Cinema.

[FEFF8]
Auòrds



The Audience Award

1. Welcome to Dongmakgol (Korea)
2. Always (Japan)
3. Linda Linda Linda (Japan)
4. Loach is fish too (China)
5. Nana (Japan)



The Kekkoz Award*

1. Linda Linda Linda (Japan)
2. Welcome to Dongmakgol (Korea)
3. Isabella (Hong Kong)
4. Loach is fish too (China)
5. Love is a crazy thing (Korea)

*Non sono inclusi i "fuori concorso" come Imprint.

[FEFF8]
Always – Sunset On Third Street,

YAMAZAKI Takashi, 2005,
melodramma, European Premiere

La seconda proiezione di Always (in quanto secondo classificato all’Audience Award) mi ha permesso di recuperare il film di Yamazaki, che avevo dapprima evitato, pregiudizialmente, in quanto non pensavo che dal regista di Juvenile e Returner potesse uscire qualcosa di buono. Invece, raccontando le vicende di un "vicinato" di Tokio alla fine degli anni ’50, il quarantaduenne regista di Nagano coglie perfettamente nel segno. Facendo – cosa rara – un’operazione di puro recupero della tradizione del racconto popolare, accantonando i vezzi autoriali di molto cinema giapponese, e girando con uno stile vertiginoso e quasi liquido (Always è forse e paradossalmente il film meglio diretto di quest’edizione del FEFF), con la fotografia "vintage" ad aggiungere miele alla nostalgia. Viene da un manga, e si vede: ne risente la coesione narrativa (il film è quasi "episodico"), ma ne guadagna il cuore dei personaggi. Imperfetto, perché ingenuo, antistorico, ruffiano, sviolinante. Ma, non ci si può fare niente, tremendamente coinvolgente.

[FEFF8]
Welcome To Dongmakgol,
PARK Gwang-hyun, 2005,
fantasy, European Premiere

Per il film di chiusura del festival era difficile chiedere di più: il primo lungometraggio di Park, ambientato durante la guerra di Corea, con toni che mescolano fantasie utopiche e infantili e la tangibile durezza della guerra, racconta una storia di amicizia e di cooperazione, di ristabilito equilibrio con la natura e con la natura umana, e di riscatto catartico individuale e collettivo dagli orrori (e dagli errori) della guerra. Cinema emozionante e universale, lieve e commovente, umanista ma profondamente pessimista da un punto di vista storico, una mescolanza di cinema di consumo e profondità autoriali come solo in Corea (quelli bravi) riescono a fare. Applausi a scena aperta in teatro alla scena dei pop-corn, ma anche il cinghiale ha fatto strage di cuori. Personalmente, ho sentito brividi indicibili quando Pyo sdraiato sull’erba ricorda l’orrore a cui ha assistito, e viene svegliato dal volto folle, luminoso e anarchico – come la natura – della splendida Gang Hye-jung. Difficile chiedere di più: e infatti ha vinto l’Audience Award.

[FEFF8]
You Are My Sunshine,

PARK Jin-pyo, 2005,
romantic comedy, European Premiere

Melodrammone coreano che, per ricattare nel modo più efficace possibile i suoi spettatori, sceglie dei temi leggerini: lo sfruttamento della prostituzione, il pericolo dell’AIDS, l’ignoranza sanitaria dei coreani, la bigamia, l’ingenuità dei campagnoli. Un pachiderma ben congegnato, noioso e insopportabile quanto si prospettava, con un bel finale (anzi tre), due bravissimi attori (lei era in No blood no tears, lui un po’ ovunque), una sola canzone in tutte le salse possibili, e un botto di mucche. Centoventitré lunghissimi minuti.

[FEFF8]
Chi ben comincia

ovvero due film da cui sono scappato dopo 10 minuti
la direzione si dissocia da ogni responsabilità su sì tanto affrettati
giudizi

Superkid,
CHA Chuen-yee, 2006,
action comedy drama, International Festival Premiere

Divertimento per bambini che sembrerebbe cerebroleso anche a un embrione. Al primo vagito di suoni da cartoon in un combattimento di arti marziali del reparto pediatria, ho avuto bisogno di aria. Ho già chiamato il mio analista per una pronta rimozione. Il messaggio sarebbe: quanto è brutto essere intelligenti e soli, e quanto è bello avere tanti amici. Cha, chiunque sia, è un idiota.

Hello Yasothorn,
Petchthai WONGKAMLAO, 2005,
retro-musical-comedy, International Festival Premiere

Fotografia e scenografie iperrealiste e coloratissime, in omaggio al cinema-thai-che-fu (?). Null’altro. L’attore e regista è la spalla di Tony Jaa in Ong Bak, ma il suo cazzuto amichetto avrebbe dovuto dargli una gomitata sul cranio ai tempi. Una scemenza tale che in confronto Joyce Bernal è Charlie Chaplin. E non fatevi ingannare dalle preview: non fa nemmeno ridere. Vanziniano.

[FEFF8]
Bystanders,

IM Kyung-soo, 2005,
action thriller, International Festival Premiere

Se un thriller ti fa venir voglia sonnecchiare, non è un buon segno: pensate se il film è pure una mezza schifezza. Dopo cose come Tell me something e H, è un peccato vedere che qualcuno non ha imparato. Non sembra nemmeno un thriller coreano, Bystanders: persino la cura visiva – seppur discreta – è ettometri sotto i livelli del cinema di Seoul. Ma quel che è peggio, è che Bystanders è un film noioso come il limbo degli ignavi, ed è un film che non ne azzecca una: si capisce tutto subito, ci sono i detective più inutili del mondo (perché scoprono poco, le cose gli cascano tra le braccia), il punto di partenza già abusato in tutte le salse viene persino peggiorato, e i poliziotti coreani menano i sospetti, ma non quanto avresti desiderato. Tra gli episodi più sconsolanti del genere, da dimenticare in fretta. Ottima la coppia di protagoniste femminili, la bravissima Shin Eun-kyung di My wife is a gangster e la Kim Yoon-jin di Lost, e buoni gli spunti comici offerti dalla Shin (la Kim invece è una frignona), ma non bastano. Non vedi l’ora che finisca in fretta, ma tanto – ovviamente, come al solito – ci sono quattro finali. Contati.

[FEFF8]
Nana,

OTANI Kentaro, 2005,
music drama, European Premiere

Premessa: parlo da ignorante rispetto al manga di provenienza, notissimo ma che non conosco quasi per nulla. Se il film di Otani ha un pregio, questo sono le due protagoniste, Aoi Miyazaki (classe 85) e Mika Nakashima (classe 83), abilissime nel rappresentare nelle "due Nana" le due facce di una stessa femminilità in via di maturazione, la cui amicizia insegna loro le "sfumature della vita", che non è fatta certo di bianchi e neri. Per il resto, Nana è un film da niente, privo di personalità nella regia, carentissimo nella colonna sonora (ma ascoltano davvero quella musicaccia in giappone?), e banalissimo nello svolgimento – i cui traumi diventano questioni da smemoranda e poco più. Piacevole, certo, non ne sono uscito infastidito né annoiato, per nulla: ma nei canoni di un tv-movie del giovedì pomeriggio. Un teen-movie per antonomasia, targettizzato in modo eccessivo: sono troppo vecchio per queste cose. Se avete 15 anni e la vagina, prego, è il film per voi.

[FEFF8]
Loach is Fish Too,

YANG Yazhou, 2005,
drama, European Premiere

Dovrei riconsiderare alcuni miei noti pregiudizi nei confronti del cinema della Cina continentale, dopo l’interessante Gimme Kudos e You and me (che ho perso, ma che è tra i più belli di quest’anno a detta di tutti), e soprattutto dopo Loach is fish too. Che a dispetto della provenienza e del tema trattato (la migrazione di massa dei contadini cinesi verso i centri abitati) a rischio sbadiglio e/o a rischio retorica, è davvero una sorpresa. All’inizio sembra un Kusturica meno beffardo (e senza ottoni), e poi diventa una curiosa storia d’amore, non priva di ironia e speranza, tra due persone con lo stesso nome ritrovatesi – per i giochi del caso, altro tema cardine – a condividere la stessa smania di sopravvivenza nella concitata Beijing di oggi. Una città nervosa e mobilissima come la regia di Yang, che mette in scena il film in modo secco e straordinario, con un incredibile coscienza del movimento dei corpi nello spazio scenico, e con la scelta intelligente di (s)legare le sequenze tramite una stessa formula di montaggio (stacco su nero seguito da dissolvenza). La scena della casetta che crolla, con la madre a coprire i corpi delle figlie, è da prendersi il cuore in mano e buttarlo sullo schermo.

[FEFF8]
Ski Jump Pairs – Road To Torino,
KOBAYASHI Masaki, 2006,
mockumentary, Italian Premiere

Nato da un cortometraggio digitale di Mashima Richiro, Ski jump pairs è un finto documentario sulla nascita e sull’affermazione dell’omonima fantasiosa disciplina olimpica: il salto sugli sci, di coppia. Il film di Kobayashi (che non è il regista di Kwaidan, tranquilli) è un mockumentary realizzato con una certa credibilità televisiva, ma demente come solo i giapponesi riescono ad essere quando si impegnano. L’assurdo sport, inventato da un fisico ispirato dallo sdoppiamento dei "polaretti" nel freezer (sic), è rappresentato in una serie di animazioni 3D che fanno – se si è nel mood adatto – ribaltare dalle risate. Ma anche le parti vere, seppure quasi pretestuali e comunque accessorie, riservano qualche sorpresa. Nessun miracolo o capolavoro, non è un nuovo capitolo di un "genere" – tra virgolette – troppo spesso dimenticato. E troppo tirato per le lunghe, perché dura 80 minuti ma ne reggerebbe la metà. Però, spisciosamente divertente.

[FEFF8]
D’Anothers,

Joyce BERNAL, 2005,
comedy, International Festival Premiere

Dopo aver assistito ad Exodus e aver saputo cosa ho evitato (grazie al cielo) saltando Beneath the Cogon, è difficile dare una speranza al cinema filippino solo perché mi sono divertito come un matto. Ma tant’è: il film della minuta e timidissima regista è un divertimento puramente demenziale come da noi in occidente si fatica sempre di più a fare con freschezza. Abbastanza kitsch e soprattutto molto cheap, non è sicuramente non un oggetto intellettuale, ed anzi piuttosto idiota e vecchiotto (per esempio, negli spoof non irresistibili), ma non è privo di una certa arguzia, e la battuta finale dell’uomo senza testa è imperdibile. Uno spasso, punto.

[FEFF8]
Sa-Kwa,

KANG Yi-kwan, 2005,
drama, Italian Premiere

Sa-Kwa è un film in cui non succede niente. Stai tutto il film a pensare che prima o poi succederà qualcosa, e invece non succede niente. Si crea a piccolissimi e lentissimi passi un contesto socio/culturale che sembra star lì a preparare qualcosa, un fatto, un cazzo di trauma, anche minuscolo. Che poi però non succede. Si cerca di costruire un personaggio femminile complesso, ma poi – visto che non succede niente – si è vista solo una tizia sullo schermo per quasi due ore. Ci sono buone interpretazioni, location originali, un approccio romanzesco abbastanza inusuale per il cinema coreano (appunto, perché non succede niente), un occhio potenzialmente interessante sui rapporti tra uomini e donne in Corea (gli uomini sono egoisti, le donne sono stupide) e sul rapporto tra le diverse culture (città, periferia, campagna). Questa vacuità narrativa sarà anche progettuale, ma non cambia nulla: un film tristissimo, mortalmente noioso, e pressoché inutile.

[FEFF8]
Cocktail,
Herman Yau & Longisland SO, 2006,
drama, International Festival Premiere

Nonostante non sia il remake del celeberrimo filmaccio con Tom Cruise, anche qui si parla di bar, di barman, e di scaramucce amorose. Cocktail, almeno, è un film che non dà troppo fastidio. Anche se gli attori hanno tutti, chi più chi meno, delle facce da pesci sotto sale, la commedia e il tiepidissimo melodramma giovanile tengono abbastanza bene, e lo sguardo sui ventenni hongkonghesi è scherzoso ma meno pacificato di quello che sembri. Però si ha davvero troppo spesso la sensazione – come già è accaduto con 2 become 1 e con 2 young – di uno spot del ministero della salute: qui l’obiettivo della critica è chiarissimo e esplicito: l’alcolismo familiare, la descolarizzazione, e via via moraleggiando. Comunque, grazie a una buona regia (ottima soprattutto vista la monotonia delle location) e a un ritmo decoroso, si più far finta di niente. In definitiva, un filmetto. Vivamente sconsigliato la mattina presto a chi abbia bevuto un bicchiere di troppo la sera prima, a rischio rigetto.

[FEFF8]
Voice,
Equan CHOE, 2005,
Horror Day, Italian Premiere

Ed ecco a voi un’altro mirabile post su un film da cui sono scappato a gambe levate: il quarto episodio della saga "kor-ror" iniziata con Whispering corridors non è solo un horror targettizzato per le liceali coreane insicure, il che basterebbe a smontarlo agli occhi di chiunque non sia una liceale coreana insicura, ma è anche un horror misero, funereo e pallosissimo. Fuori dalla sala dopo una mezz’oretta, e pure in abbondante compagnia. Ma tanto per tappare i sensi di colpa, sono rientrato sul finale, per vedere – che so – se si era ripreso con il tempo. Mi sono solo fatto del male. Un film che apre con lo spartito-killer e che chiude con la lampadina assassina. Lo so che sembra buffo, ma no, non lo è.

[FEFF8]
The Heirloom,

Leste CHEN, 2005,
Horror Day, Italian Premiere

Facciamo così, lo dico subito che The heirloom è molto "bello da vedere", raffinato, curato, fotografato meravigliosamente, così mi metto il cuore in pace. Perché il resto non è che sia proprio una sagra di felicità. A parte l’idea piuttosto inquietante del plot, quella di una famiglia che ottiene potere svezzando fantasmini (cioè nutrendo con il proprio sangue cadaveri di bambini morti: ma ditemi voi), ogni minuto del film è più pesante del precedente, fino ad un prefinale pachidermico dove, per guadagnare minutaggio, Chen reitera fastidiosamente alcune scene già viste in precedenza. Cast privo di personalità, nonostante la figaggine di Terry Kwan. Unico taiwanese al FEFF: ma se ne poteva fare anche a meno. Forse è colpa dell’errore davvero inetto di spiegare tutto a metà film, ma arrivare alla fine senza mangiare le mosche in sala è dura. E non è stupore.

[meanwhile, in Italy]

Se stavate pensando di esservi liberati di Friday Prejudice solo perché vi sto bersagliando gli adorati da una settimana con le mie mandorlate visioni udinesi, vi sbagliavate di grosso. Durante questa mia programmatica e rilassata assenza nelle terre friulane, a stilare gli irresponsabili, irrequieti e impietosi preggiudizi der cine ci ha pensato l’adorabile ospite Violetta Bellocchio, che ha sfornato una puntata davvero epocale.

Banderas a Niù Iòrk, e Farrell col Pampero.
Figli parolacciari e figli di Claudio Martelli.
Cani con l’itterizia e nemmeno un film con Paul Walker.

Friday prejudice, Bellocchio dixit.

You’re gonna ask for more.

[FEFF8]
The Imp,
Dennis YU, 1981,
Horror Day

Recuperato da chissà quale scatolone polveroso per dare un po’ di spessore a un horror day che non ha più molto significato con l’avvenuta decadenza del new japanese horror (o almeno non quello che ha avuto anni fa con The ring e Ju-on), The Imp è considerato tra i punti fermi dell’horror hongkonghese degli anni d’oro. In realtà più che alla cultura locale, il film, a basso costo ma senza effetti di ridicolaggine e una confezione professionale, è ricco di riferimenti ai colleghi americani (L’esorcista di Friedkin) ed europei (Rosemary’s baby di Polanski, tutto l’horror italiano). Ciò non toglie che – nonostante una proiezione disastrosa, perché la pellicola era irrevocabilmente virata in rosso – il film conservi molto fascino e persino qualche bello spavento. Musichette argentocarpenteriane, guardiani zombi e bambine urlanti vestite di rosso, un ascensore negli abissi infernali e un geniale fermo immagine finale. Un horror che adesso forse non funzionerebbe più, ma che visto nel suo contesto è anche qualcosa di più che un mero oggetto strano ed affascinante.

[FEFF8]
Ghost of Valentine,

Yuthlert SIPPAPAK, 2006,
Horror Day, International Festival Premiere

Il regista thailandese che l’anno scorso mi fece divertire parecchio con l’assurdo Pattaya Maniac, quest’anno apre l’horror day. E a discapito di una locandina che, campeggiante da giorni nell’atrio del Teatro, aveva incuriosito tutti e fatto "sperare" in un film incontrollato e delirante, Ghost of Valentine è invece un horror abbastanza tradizionale, o meglio abbastanza in linea con le tendenze globali. Con l’aggiunta ovviamente di un po’ di cultura thai (filosofia del karma e spiriti dalle forme alquanto bizzare). Nonostante gli elementi per urlare al ridicolo ci siano tutti (effetti speciali cheap compresi), Sippapak dimostra un inaspettato senso della misura e il film – nonostante sia faticosetto, soprattutto alle nove di mattina – si regge in piedi con notevole equilibrio, arrivando persino a livelli più che discreti proprio nel pericolosissimo finale iper-melò.

[FEFF8]
Vampire Cop Ricky,

LEE Shi-Myung, 2006,
action comedy, International Festival Premiere

Posso permettermi di giudicare un film dopo meno di mezz’ora di proiezione? Visto che sono poi rientrato a più riprese e le cose non cambiavano, diciamo di sì. In tal caso, statene alla larga: Lee prende una buona idea (il vampirismo come metafora dell’ipereccitazione del maschio contemporaneo – più o meno), che in toni demenziali avrebbe potuto diventare quantomeno divertente, e la butta nel cesso applicandovi sopra un’inutile e noiosissima storia poliziesca, l’action più fasullo, qualche cameo figo (il tizio dell’incipit di Oldboy fa il cacciavampiri), e ovviamente una commediaccia bislacca e volgarotta. Ora capite perché sono fuggito dopo meno di mezz’ora di proiezione?

[FEFF8]
Linda Linda Linda,

YAMASHITA Nobuhiro, 2005,
teen comedy, Italian Premiere

Il nuovo film del regista di Ramblers è tra le cose più belle viste quest’anno al Far East Film, e uno dei pochi film a mettere d’accordo quasi tutti. Perché racconta una storia di tutti i giorni, apparentemente banale e scontata (una band di ragazze deve suonare alla festa della scuola), ma lo fa senza forzare mai la sceneggiatura – evitando persino i climax drammatici – e senza banalizzare con gli schemi triti del teen movie. Anzi, invece di accelerare e adagiarsi sullo stile da videoclip o da shojo manga che una storia del genere potrebbe richiamare, Yamashita si accontenta di appoggiare la macchina da presa davanti alle quattro (e più) studentesse, e di osservare i loro sguardi, i loro rapporti, l’anima più sincera e spontanea della loro amicizia. Con un tono fresco, allegro e insieme malinconico, come se in ogni istante si rendessero conto che "i migliori momenti anni della nostra vita" vengono e vanno. I tempi sono smisuratamente lunghi, ma eccezionalmente non ci annoia mai e poi mai: merito anche delle giovani attrici, tra cui spicca la vera protagonista del film, la coreana Bae Doo-Na (già vista e amata in Sympathy for Mr Vengeance) che nel ruolo della pallida e malaticcia "exchange student" fa da fulcro e da catalizzatore per le altre tre, con un’interpretazione – sia nei tempi comici che nella presenza scenica – davvero fuori dall’ordinario. Un film bellissimo, più di quanto sembri o di quanto vi possa aver spiegato in queste poche righe.

Il giorno dopo la proiezione, da tutte le bocche del festival escono le stesse note e le stesse parole: "Linda Linda… Linda Linda Linda!". Qui si comincia a sperare in un Audience Award. E sì, che mi sono fatto una foto con Yamashita.