Zinda
di Sanjay Gupta, 2005
"She is getting fucked!"
Se il cinema mainstream indiano, altresì noto come bollywood, a differenza di altre cinematografie asiatiche è quanto di più misterioso e inspiegabile agli occhi di un "occidentale", la figura di Sanjay Gupta dev’essere bizzarra persino per loro. Come potrebbe essere altrimenti la reazione di fronte ad un regista che fa praticamente solo remake, ma assolutamente non autorizzati, e poi si giustifica dicendo "quale regista non copia, al giorno d’oggi", spacciandosi per il Tarantino di Mumbai? Che geniaccio malefico.
Zinda, per esempio, è il remake di Oldboy, anche se a Park Chan-wook non hanno detto niente. Dobbiamo guardare con distacco a questi oggetti, perché ci troviamo di fronte a qualcosa di completamente nuovo, e produttivamente innovativo: il prodotto artistico e commerciale viene rimodellato con libertà e spudoratezza, con un abbattimento del concetto stesso di copyright che, se avesse un qualche tipo di seguito culturale, in tempi di gagliarda opensourcizzazione potrebbe segnare l’inizio di una rivoluzione anarchico-culturale.
Ovviamente sto dicendo solo stronzate, ma anche fosse ci si augura fortemente che non accada mai. Perché Zinda fa proprio schifo. Si potrebbe pensare che Zinda starebbe in piedi se non esistesse Oldboy? Probabilmente nemmeno. Difficile dirlo, è una domanda quasi-nonsense, dal momento che buona metà del film, messi da parte l’inizio e il finale, entrambi completamente diversi, è per lo più una fotocopia del film coreano. E anche se il "cambio di svolta" dalla massima tragedia alla tiepida catarsi nasconde una riflessione non stupida (non posso dire altro) che è paradossalmente anche la cosa migliore del film, questo non contribuisce fare di Zinda lo Psycho di Van Sant. No no, il problema di Zinda non è Oldboy, è Zinda. Sarà anche visionario quanto vuoi e assurdo quanto vuoi, ma è brutto, ma proprio brutto forte.
Qualche notazione. La colonna sonora alterna gli ovvi archi dei valzer parkiani a crescendi simil-herrmanniani e ritmi buoni per una fiction reaganiana. Persino la suoneria del cellu è brutta. Bala/Daesu è uguale a Paolo Bonacelli, e Rohit/Evergreen assomiglia a Fiorello. Ci sono inquadrature letteralmente identiche a Oldboy, e sono le uniche parti davvero buone di una regia ridicola e di una fotografia digitale meno che spartana. Poi è tutto blu (tranne la scena di sesso), che fa figo, ma se lo si immagina senza il filtrone si capisce in fretta quanto sia girato male. Nella televisione si vedono lo tsunami e il WTC. Bala imprigionato impara le arti marziali dai film giapponesi in tv, e quando esce ammazza la gente con la katana, non risparmiandosi un originale uso dell’amico trapano. La partner femminile è figa, anche se appena appare capisci che il finale sarà diverso, e comunque era meglio la moglie, che ovviamente schiatta in fretta. Bala a volte corre velocizzato come Benny Hill. Ci sono anche degli zoommoni da trailer, brr. Il celebre carrello laterale in piano-sequenza diventa un carrello in avanti, ondivago, in piano-sequenza. Bala esce dalla valigia su un eliporto, ed è pettinato come una lesbica in menopausa, poi ovvio che si vuole vendicare. Bala non sente mai l’esigenza di scopare, ma la tipa in ascensore c’è. Il tipo con il cagnolino no (che ci sarebbe stato a fare in un eliporto?). Ho una cimice: no comment. Ci sono frasi letteralmente uguali a Oldboy, e sono le uniche parti davvero buone di una sceneggiatura ridicola. Poi tutti i personaggi parlano un misto di hindi e inglese assolutamente irritante. Bala non si masturba.
Se si conosce a menadito il capolavoro da cui è tratto, ci si può anche divertire nello scovare tutte le cose che Gupta ha rubato alla lettera da Park, e modificato quasi sempre malamente. Lo si gusta onanisticamente con un misto di risentimento, odio, tristezza, spasso, compassione, rabbia, disgusto, tenerezza, rigetto, schifo, e – passato tutto ciò – risate irrefrenabili. Emozioni rare: buon divertimento.
Se avete soldi da buttare o se siete – giustamente – curiosi, potete comprare online il dvd. Per esempio qui.
Link-Update: da mesi sognavo di essere il primo blog italiano a parlare di Zinda, ma l’affascinante quanto bastarda Signorina Stranestorie mi ha anticipato, qualche giorno fa. Ecco il suo post.