luglio 2006

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[nessuno mi può Judy Garland]

Il giovane cinefilo sul bagnasciuga presenta
il nuovo episodio di Friday Prejudice.

Cliccami.

Friday Prejudice, sempre e comunque,
anche quando non esce una fava.

[hulla chuppa!]

Dalle assolate spiagge della Liguria vi trasmettiamo
il nuovo numero di Friday Prejudice.

Friday Prejudice. Il cineblog che volevice.

[tutto è bene]

- scusate la monotonia, ma sì, alla fine venerdì mi sono laureato. Un mastodontico grazie a chi si è presentato in loco, e un pachidermico grazie a tutti quelli che si sono interessati – nei commenti e via email – dell’esito della vicenda. Non sto a scrivere cifre, che è inelegante, ma meglio di così (è dato) non poteva andare.

- ci sono cose che non si possono comprare. Definire "snob" i cineblogger e "imbalsamati" i critici cartacei, mentre si hanno i primi alle spalle e i secondi davanti agli occhi, non ha prezzo. Anche dire "io non lo so, non sono Pezzotta" durante una discussione di laurea è una signora soddisfazione.

- per chi non c’era, impossibile non segnalare la spassosa Lettera a un giovane cinefilo sul blog della signorina Svaroschi (la quale tra l’altro mi ha fatto dono di due libri che amo molto ma che ancora non possedevo – uso personale di blog, lo so). Evviva gli ippopotami.

- per chi si fosse perso quel divertentissimo media event che è il Gran Galà di Seconda Visione, se ne può recuperare la prima ora (in cui c’è anche la mia breve e funebre performance telefonica) in questo archivio audio (puntata dell’11/07).

- domani le mie dottoresche e magistrali chiappe si trasferiranno nel solito posto, dove rimarranno per un tempo ancora indeterminato. In questo periodo, il blog per adesso non semi-chiuderà come negli anniprecedenti , ma ovviamente gli aggiornamenti saranno centellinati. Insomma, forse è il caso che io stacchi un po’ gli occhi da questo schermo, ma tenete d’occhio i feed. In ogni caso, l’appuntamento del giovedì con Friday Prejudice non mancherà.

- a proposito di Friday Prejudice, l’avete visto il trailer di Vita Smeralda? Agitate bene, e libidine.

- mentre viaggiavo, solitario, con la macchina piena di pacchetti e sacchetti, ho isolato mentalmente le inevitabili canzoni dell’estate. Pull shapes delle Pipettes, Lloyd I’m ready to be heartbroken dei Camera Obscura, e – prevedibilmente – Crazy degli Gnarls Barkley.

- in attesa di Inland Empire, date un’occhiata qui.

[doppia libidine coi fiocchi]

Domani mi laureo, lo sapevate? Non potevo comunque
esimermi dal massacrare Vita Smeralda su Friday Prejudice.

Sì, perché domani esce Vita Smeralda,
il bellissimo film di e con Jerry Calà.
Tanta figa, tanta bamba, Porto Cervo, Costantino.

Evviva Jerry Calà.

VISITATE FRIDAY PREJUDICE, anche questa settimana.

E’ tanto che aspettavo un’occasione così, ah.

Arrivederci amore, ciao
di Michele Soavi, 2006

Non si può dire che io sia un grandissimo ammiratore di Michele Soavi, regista cresciuto sotto l’egida di Dario Argento e responsabile di certe innominabili brutture, né che io lo conosca tanto bene da scrivere una frase simile: fatto sta che il suo ultimo film si è rivelato invece come il miglior film italiano di genere che potessimo chiedere in una stagione, anzi in un periodo, in cui tale simil-categoria viene quasi del tutto a mancare, e se ne sente la mancanza.

Arrivederci amore, ciao è un film che ha delle evidenti pecche, non si può negare: manca di compattezza, è talvolta inconcludente anche perché calca la mano in modo ingenuo sulle forme dell’adattamento letterario (la voce off, la tendenza all’episodico), alcuni personaggi vivono solo in funzione del protagonista, e via dicendo. Chi ha pregiudizi nei confronti del cinema italiano potrebbe paradossalmente nemmeno gradire il tentativo di allontanarcisi. Ciò nonostante, non si può negare che sia un film che porta a termine tutti i suoi scopi, e che colpisce duramente nel segno. Un gran bel film girato buttando sullo schermo il cuore, il fegato, e tutti gli organi interni.

Legato com’è a doppia corda – ovviamente – al cinema di genere degli anni 70, non ci si appoggia parassiticamente, cerca anzi di reinventarsi e di scavare in profondità nella psiche del suo protagonista (un Alessio Boni fieramente bergamasco e fieramente figlio di troia), parlando sì della morte degli ideali e del cinismo della contemporaneità, ma non esagerando con le riflessioni storico-politiche (ma il telegiornale che dice "I magistrati sono matti, ha dichiarato (…)" è una mezzo dichiarazione d’intenti), lasciate in secondo piano rispetto al piacere della visione.

Con grande talento, quindi, arriva a stupire per gestione del racconto, direzione degli attori (Placido at his best), cura scenografica, invenzione registica (uso e abuso di soggettive e grandangoloni), e regala emozioni forti e insospettabilmente crudeli, grazie anche alla colonna sonora facilotta (tutti pezzi storici, con Insieme a te non ci sto più della Caselli a fare da collante) ma irresistibile. E nonostante un certo calo di interesse nella seconda parte centrale (dopo l’arrivo di Giorgio nel nord-est), ha un incipit davvero geniale (la soggettiva di un coccodrillo morto, il doppio pollice, un’esecuzione vigliacca) e soprattutto un finale di una cupezza e di una cattiveria incredibili.

Un film deliziosamente imperfetto, ma preziosissimo per il cinema italiano. E’ un peccato che parte della critica e del pubblico, tra cui forse qualcuno che chiedeva a gran voce da tempo un film di genere del genere, abbia storto il naso scambiandolo per un prodotto televisivo, probabilmente consultando i credits e poi andando a mangiare un gelato. No signori, sui generis, ma questo è proprio cinema.

[goodbye]

E’ morto Syd Barrett.

[de cièmpions]

- per chi non ne fosse già a conoscenza, la mia convocazione di laurea è fissata il prossimo venerdì 14 Luglio alle ore 15: per ulteriori informazioni, oppure se volete farmi inutili e ancora immeritate congratulazioni, oppure se volete direttamente venire a tirarmi dei sassi, qui a destra ci sono i soliti bottoni tramite i quali contattarmi privatamente. I’m a social beast.

- domani sera, Martedì 11 Luglio su Città del Capo – Radio Metropolitana si terrà l’evento cineradiofonico dell’anno, ovvero Il gran galà di Seconda Visione. Per altre informazioni e per sapere quali sono le nominations, cliccate qui. Ad intrattenervi, ci saranno i meravigliosi FedeMC, Francesco e Tommy, e una serie di prestigiosissimi ospiti tra cui il vostro umilissimo, che sparerà a raffica insopportabili sentenze per una manciata di minuti. A Bologna RCDC si ascolta sui 96.3 o 94.7, oppure in streaming qui. Don’t miss it!

- è iniziata una collaborazione tra il noto semiologo e scrittore (nonché mio amichetto) Gas e la brillante rivista musicale online SentireAscoltare: ecco la sua eccellente recensione di The empire strikes back dei Coutry Teasers.

- il video della tipina che canta Gocce di memoria ruttando l’avete già visto, no? No? Beh, fatelo, ve ne innamorerete, ma assolutamente non dopo i pasti. Ecco tutti i suoi video.

- svolte epocali per un misero utente XP: l’indicizzazione di Google Desktop.

- grazie a Giorgio, ho due nuove ossessioni musicali: le incredibili capriole balcaniche di Beirut, e Regina Spektor, che è una specie di sintesi di tutte le mie cantautrici pop preferite, ed è pure figa.

- in attesa di Superman Returns, il Superman di Richard Donner in 30 secondi. Ovviamente re-enacted by bunnies. Non mi stancherò mai di linkarli, questi geni.

- Zach Synder dirigerà Watchmen.

- è uscito il primo libro di dm, il cineblogger di Escualotis, e voglio assolutamente leggerlo. Per maggiori informazioni su come ottenerlo tenete d’occhio questo blog, ci sono anche video dove appare dm con la sua elegantissima cravatta blu.

- grandi momenti di cinema e vita: Biggus Dickus.

- se non avete avuto come me la "fortuna" di vedere Zinda, il remake indiano di Oldboy, potete rifarvi gli occhi con il remake tutto blu della ormai leggendaria fight scene in piano-sequenza. Mondo weirdo.

- La science des reves di Michel Gondry ha un bellissimo sito ufficiale. E anche The host non è da meno.

- è uscito il nuovo libro di Claudio Bisoni per Archetipo Libri, e il titolo è tutto un programma: La critica cinematografica – Metodo, storia e scrittura. Cavolo, wishlist.

- prendete tutti i news aggregator che seguite e buttateli nel cesso: Potame vi basterà. Grazie, Giordano.

- ah, l’Italia ha vinto i Mondiali, lo sapevate? Lacrime di giubilo.

- per chiudere in tema, la gif animata della craniata di Zidane (via Sestaluna), e la versione fatality (via Hatingline).

Imagine me & you
di Ol Parker, 2005

Nonostante sia una storia d’amore tra due donne, Imagine you & me non è propriamente un film lesbico, o almeno tale non appare, o almeno come tale non lo descriverei: è piuttosto la semplice vicenda di una freccia amorosa scoccata nel momento peggiore, cioè durante una cerimonia nuziale (poi dice si cucca ai matrimoni, ma al proprio?), ed è una storia del rispetto dei propri intuiti amorosi e insieme della persona amata, If you love somebody set them free ed eccetera, insomma, materiale da commedia tradizionale più che da film queer.

Il genere dei due contendenti amorosi non ha più nemmeno tantissima importanza, perché il film è più che altro una piacevole ruffianata sul potere dell’amore e tutte queste belle cosette. Il machismo imperante e le incomprensioni dell’imbalsamata società inglese sono messe subito in secondo piano, perché le divergenze sono facilmente appianabili grazie alla risolutissima comprensione reciproca e dal potere dell’amore e alle belle cosette di cui sopra. Anche perché i personaggi, tutti, nonostante le incertezze e le schifezzuole, sono tutti, vittime e carnefici, persino quella merda di Darren Boyd, capaci di una bontà e di un’empatia che è pure francamente imbarazzante se si guarda allo stato delle cose e non ci si limita ad infilare la faccia nei fiorelloni e negli abbraccioni.

Ma non c’è niente da fare, perché il film, maledizione, funziona. Non si può negare una bella dose di divertimento – nessuna risata, semmai sorrisetti – e soprattutto di immedesimazione – qualsivoglia sia il vostro sesso e/o indole, vi sfido a non fare quei sorrisetti – e anche se l’esordiente regista-sceneggiatore Ol Parker dirige senza un briciolo di senso del ritmo, annoiando a tratti nella seconda parte (quando insomma il dado è tratto), il film è sommariamente ben riuscito, è di una carineria scioccante, c’è una dose di felicità per tutti, c’è tutta ma proprio tutta la bocca di Piper Perabo, c’è una scena ormai di culto ambientata su un Dance Dance Revolution, e c’è il potere dell’amore che trionfa insieme a tutte le sue belle cosette. .

E poi, passi Happy together (dà il titolo al film ed è sui titoli di coda in versione Turtles) che ormai è un inno cinegay e lo sappiamo, ma ci sono i Camera Obscura in colonna sonora, vuoi mettere?

[il cinema ritrovato XXX]

Scherzo cinese, va’ a quel paese! Ahah!

Ovviamente è uno scherzo, ieri ho bidonato il festival più amato dai vecchietti intellettuali nordeuropei e dagli uomini di mezza età con la patta aperta, e credo di tornarci tra qualche ora, e per l’ultima volta. Però, te lo vedi Samuele Sbrighi al Cinema Ritrovato? Che figata.

Nel frattempo, ehi, potevo rinunciare a Friday Prejudice
quando escono il film di Sbrighi e un film con Lisnday Lohan?

Friday Prejudice, anche questa settimana,
mazzate a destra, mazzate a sinistra, e mazzate a Sbrighi.

Tanto sarete tutti in fila per vedere l’aereo che casca.

[il cinema ritrovato XX]

Day four: 04/07/2006

Omaggio a Vincente Minnelli
HOME FROM THE HILL (A casa dopo l’uragano, USA/1960)
R.: Vincente Minnelli. Int.: Robert Mitchum, George Hamilton. D.: 150’. V. inglese

Come insiste Franco La Polla nelle sue brevi ma interessanti introduzioni, Home from the hill si contende la palma per miglior melodramma minnelliano con il Some came running visto il giorno precedente. Va da sé che uno può fare una scelta, e io scelgo l’altro, più originale, più differente, più scioccante. Ma anche questo A casa dopo l’uragano – dove l’uragano non c’è – è davvero un film di straordinaria portata. Vero che i colpi di scena familiari si susseguono come in una soap ante-litteram, e che questi nostri cuori ormai sgamati e annoiati, e che hanno dimenticato la bellezza e l’importanza della letteratura d’appendice (o seriale, più in generale), possono non gradire. E invece no, diamine: grandissimo film, un melodramma innescato da un tradimento e da una (misoginissima) castrazione ventennale, regia perfetta e – come in Some came running – gestione impressionante della tenuta – anche comica – dei dialoghi, una incredibile ultima ora dove l’evidente fatica della prima parte e i mille dilemmi aperti cominciano a richiedere con forza il loro prezzo di sangue, fortissime emozioni (è una vita che aspetto dimmi solo quelle due parole, due parole, "figlio mio") e splendidi personaggi: mentre Eleaonor Parker è inspiegabilmente e a volte fastidiosamente accademica, sono davvero immensi George Peppard e Robert Mitchum, che sia quest’ultimo sulla sua poltrona rossa nel suo buffo quanto inquietante ufficetto da cacciatore (di prede e di donne) o nella sua grande tomba rossa a forma di cubo spugnoso. Ne vogliamo ancora.

Ritrovati & Restaurati
IT HAPPENED IN HOLLYWOOD (La città dalle mille luci, USA/1937)
R.: Harry Lachman. D.: 67’. V. inglese

Non che il film del pittore post-impressionista Harry Lachman sia tra gli oggetti più imperdibili tra quelli presentati qui al Cinema Ritrovato, perché restituisce un’immagine del passaggio dal muto al sonoro che differisce nei toni da quella che fu la realtà, insomma troppo pacificata per non risultare stridente, ma è senz’altro tra i più curiosi. Questo per diverse ragioni, ma oltre a quella più lampante – si tratta di un metafilm, con le solite conseguenze e complessità linguistiche che il metacinema comporta – la più rilevante è forse la lunga sequenza della festa organizzata dal protagonista, in cui per la felicità di un bambino, emblema dell’inganno spettatoriale, tutte le più grandi star di hollywood (Greta Garbo, Mae West, Marlene Dietrich, Charles Chaplin, Bing Crosby, e via dicendo) vengono "interpretate" – e affettuosamente sfottute, in qualche caso – dai sosia di cui gli studios sono stracolmi. Per il pubblico di un festival del genere una cosa simile è come un tuffo a testa in giù nella nutella, e ovviamente si è divertito da pazzi. Ma sì, anche noi.

[scusate l'interruzione]

Voi guardate pure il tennis, che è bellissimo,
ma un’emozione sportiva così io non l’avevo mai vissuta.

(foto AFP, da corriere.it)

[il cinema ritrovato XX]

Day three: 03/07/2006

Omaggio a Vincente Minnelli
SOME CAME RUNNING (Qualcuno verrà, USA/1958)
R.: Vincente Minnelli. Int.: Frank Sinatra, Dean Martin, Shirley MacLaine. D.: 137’. V. inglese

Nella terza giornata di festival sono riuscito a vedere un solo film, e ancora una volta ho optato per Vincente Minnelli. Questa volta si tratta di una copia della cineteca svizzera, non luccicante come quelle del BFI ma comunque uno spettacolo: non un musical, Some came running, ma uno strano melodramma, strano perché costruito intorno ad un vero gioiello di sceneggiatura che trae molti spunti da commedia da un soggetto assolutamente drammatico grazie a dialoghi di precisione impressionante, strano perché implosivo e riflessivo, a parte ovviamente il finale violento e struggente, coloratissimo e iperrealista. Un grande film su un uomo che si barcamena tra l’incompatibilità di due mondi, lunghissimo e avvincente, e che ha dalla sua personaggi e interpretazioni indimenticabili, tra cui un Dean Martin che non si toglie (quasi) mai il cappello, e soprattutto Shirley MacLaine: dopo esserci inevitabilmente innamorati di lei, come al solito, il "suo" finale è uno dei più improvvisi e dolorosi che vi possano capitare sotto agli occhi.

[il cinema ritrovato XX]

Day Two: 02/07/2006

Omaggio a Vincente Minnelli
MEET ME IN SAINT LOUIS (Incontriamoci a Saint Louis, USA/1944)
R.: Vincente Minnelli. Int.: Judy Garland, Margaret O’Brien. D.: 113’. V. inglese

Anche in un festival i cui pezzi forti sarebbero sono i film altrimenti invisibili, è impossibile resistere ancora una volta alla bellezza dei restauri dei film di Minnelli a cura del British Film Institute. Questo suo terzo film racconta attraverso le quattro stagioni la vita di quattro sorelle della Louisiana in attesa della fiera mondiale del 1904, ed è un’operetta allegra e spensierata sui valori (primariamente femminili) della famiglia, improntata ad un elogio del quieto vivere del neighbourhood adorabilmente naif e rasserenante come un bicchiere di acqua fresca in queste giornate afose. Tutt’altro che una robetta superficiale, comunque: un musical di enorme rilevanza per lo sviluppo delle forme della cultura popolare nei decenni a venire, e un vero ludibrio visivo in questa edizione. Il lungo carrello all’indietro sulla piccola Margaret O’Brien in cammino verso la porta di Mr Braukoff è da antologia universale dei carrelli all’indietro. Judi Garland canta Have yourself a merry little christmas. Judy Garland mi fa paura.

Ritrovati & Restaurati
THE SPIRITUALIST (The Amazing Mr. X, USA/1948)
R.: Bernard Vorhaus. D.: 78’. V. inglese

Consigliatomi da mani esperte, il film del newyorkese Vorhaus si è dimostrato in effetti una gran bella scoperta. La bellezza del film non sta solo nella riuscitissima atmosfera da dramma gotico, rappresentata con molta eleganza nonostante la povertà di mezzi e con una notevole originalità fotografica (senza contare la macchina da presa messa nel lavandino, nel camino, sotto il tavolino, ovunque), ma anche per il modo in cui demolisce dall’interno l’atmosfera stessa con l’inserimento di "trovate" (sia di scenografia che di sceneggiatura) che spezzano la tensione, con un’ironia e una gestione del comico (volontario) davvero inaspettate. Nonostante il potenziale cult sia altissimo (basta pensare alla prima scena sulla spiaggia con il corvo, o al vestito da sposa volteggiante), The amazing mr X è da noi inedito, e il suo regista è un nome perlopiù dimenticato.

Piazza Maggiore
La messa in scena della guerra fredda
THE MANCHURIAN CANDIDATE (Va’ e uccidi, USA/1962)
R.: John Frankenheimer. Int.: Frank Sinatra, Janet Leigh. D.: 126’. V. inglese

Con le proiezioni nello schermo all’aperto più grande del paese (secondo in Europa dopo Locarno), il Cinema Ritrovato va sul sicuro, e propone all’interno della rassegna sulla guerra fredda uno dei film più celebri e rappresentativi di quel periodo e di quell’indole, tra l’altro rifatto di recente da Jonathan Demme. E’ quasi inutile dirlo in questa sede, ma tant’è: uno straordinario pezzo di cinema visionario, attualissimo e angosciante, in cui il nemico dell’America è tanto "là fuori" quanto "qui dentro", e le paranoie tipiche del periodo si abbinano ad una storia che rimanda alla tragedia greca. Gran coraggio nello sperimentare il più possibile in tutti i settori, divertimento colto e sagace, altissima tensione, Janet Leigh, e anche tutto il resto: un grandissimo film. Indimenticabili le sequenze dei "doppi sogni" in cui i comunisti sono trasfigurati in un club botanico di signore di mezza età, e il duellone tra Frank Sinatra e un incredibile Henry Silva in versione coreana.

[il cinema ritrovato XX]

[Day One: 01/07/2006]

Omaggio a Vincente Minnelli
BRIGADOON (USA/1954)
R.: Vincente Minnelli. Int.: Gene Kelly, Cyd Charisse. D.: 108’. V. inglese.

Nell’ambito della solita rassegna del "cinema più grande della vita" (formati audio magnetici e cinemascope restituiti alla bellezza originale), quest’anno il Cinema Ritrovato propone una imperdibile selezione-omaggio al grande cinema di Vincente Minnelli. Difficile iniziare in modo migliore: Brigadoon, meno conosciuto di altri film del regista di Chicago, è un musical appassionante e romantico che oppone dicotomie elementari (sogno e realtà, tempo immobile e tempo della vita), ma lo fa con la solita splendida magniloquenza, con colorate fantasmagorie, e ovviamente la faccia da schiaffi e i piedi volanti di Gene Kelly, con i paesaggi della Scozia "belli proprio perché finti". Interessante la lettura proposta da Franco La Polla nella presenzazione (un po’ risaputa, ma queste cose La Polla le mastica, si sa) che vede nell’amore di Tommy verso il paese fantasma di Brigadoon una metafora della cinefilia, e de trionfo del sogno del cinema sul grigiore della realtà. Preziosissimo l’apporto, prima comico e poi drammatico, di Van Johnson.

Ritratto di un artista eclettico, Alberto Lattuada
LA NOSTRA GUERRA (Italia/1945)
R.: Alberto Lattuada. D.: 16’. V. italiana
IL BANDITO (Italia/1946)
R.: Alberto Lattuada. Int.: Anna Magnani, Amedeo Nazzari, Carla Del Poggio. D.: 87’. V. italiana
Presenta Tatti Sanguineti

L’omaggio al regista scomparso durante la scorsa edizione del Cinema Ritrovato inizia con la proiezione del suo terzo film, uscito subito dopo la seconda guerra mondiale. Il film è un melodramma postbellico ambientato in una Torino inquietante e distrutta dalle bombe, che si trasforma gradualmente in un vero gangster-movie. Soprattutto per chi conosce poco il primo Lattuada, come fu una sorpresa Giacomo l’idealista proiettato a Venezia, anche Il bandito lo è altrettanto, e ancora di più: pur fortemente influenzato dal neorealismo, è un vero film di genere, e durissimo, drammatico, violento, struggente. Stupefacente.
La nostra guerra è un breve documentario sulla storia militare dell’alleanza nei due anni successivi all’armistizio, interessante più per le immagini di repertorio che per altro. Ma è molto stimolante lo sguardo dell’incipit gettato sulla gente che accoglie da un altroparlante la notizia dell’armistizio.

[il cinema ritrovato XX]