Arrivederci amore, ciao
di Michele Soavi, 2006

Non si può dire che io sia un grandissimo ammiratore di Michele Soavi, regista cresciuto sotto l’egida di Dario Argento e responsabile di certe innominabili brutture, né che io lo conosca tanto bene da scrivere una frase simile: fatto sta che il suo ultimo film si è rivelato invece come il miglior film italiano di genere che potessimo chiedere in una stagione, anzi in un periodo, in cui tale simil-categoria viene quasi del tutto a mancare, e se ne sente la mancanza.

Arrivederci amore, ciao è un film che ha delle evidenti pecche, non si può negare: manca di compattezza, è talvolta inconcludente anche perché calca la mano in modo ingenuo sulle forme dell’adattamento letterario (la voce off, la tendenza all’episodico), alcuni personaggi vivono solo in funzione del protagonista, e via dicendo. Chi ha pregiudizi nei confronti del cinema italiano potrebbe paradossalmente nemmeno gradire il tentativo di allontanarcisi. Ciò nonostante, non si può negare che sia un film che porta a termine tutti i suoi scopi, e che colpisce duramente nel segno. Un gran bel film girato buttando sullo schermo il cuore, il fegato, e tutti gli organi interni.

Legato com’è a doppia corda – ovviamente – al cinema di genere degli anni 70, non ci si appoggia parassiticamente, cerca anzi di reinventarsi e di scavare in profondità nella psiche del suo protagonista (un Alessio Boni fieramente bergamasco e fieramente figlio di troia), parlando sì della morte degli ideali e del cinismo della contemporaneità, ma non esagerando con le riflessioni storico-politiche (ma il telegiornale che dice "I magistrati sono matti, ha dichiarato (…)" è una mezzo dichiarazione d’intenti), lasciate in secondo piano rispetto al piacere della visione.

Con grande talento, quindi, arriva a stupire per gestione del racconto, direzione degli attori (Placido at his best), cura scenografica, invenzione registica (uso e abuso di soggettive e grandangoloni), e regala emozioni forti e insospettabilmente crudeli, grazie anche alla colonna sonora facilotta (tutti pezzi storici, con Insieme a te non ci sto più della Caselli a fare da collante) ma irresistibile. E nonostante un certo calo di interesse nella seconda parte centrale (dopo l’arrivo di Giorgio nel nord-est), ha un incipit davvero geniale (la soggettiva di un coccodrillo morto, il doppio pollice, un’esecuzione vigliacca) e soprattutto un finale di una cupezza e di una cattiveria incredibili.

Un film deliziosamente imperfetto, ma preziosissimo per il cinema italiano. E’ un peccato che parte della critica e del pubblico, tra cui forse qualcuno che chiedeva a gran voce da tempo un film di genere del genere, abbia storto il naso scambiandolo per un prodotto televisivo, probabilmente consultando i credits e poi andando a mangiare un gelato. No signori, sui generis, ma questo è proprio cinema.

5 Thoughts on “

  1. Sono convinto. È uscito a nolo?

  2. utente anonimo on 12 luglio 2006 at 14:23 said:

    Un encomio a chi con onestà sa rivedere i propri pregiudizi

    alp

  3. ricordo che su friday prejudice “litigammo” appunto sulla televisività di soavi. e lamentavo, peraltro da amante del libro, un eccesso di pregiudizio su questo e su altro del film. lieto, quindi, che ti sia piaciuto. per ragioni talora diverse dalle mie. ad esempio, non dici nulla del ridicolo involontario, che trovo un peccato perchè guasta un po’ l’atmosfera. e non sono d’accordo su placido, che a me piace proporzionalmente a quanto sta sotto le righe -non è questo il caso, per ciò.

    il personaggio è un figlio di troia veneto, non bergamasco. forse ti riferivi ad alessio boni -ma perchè dargli del figlio di troia, poraccio?

    vannij

  4. utente anonimo on 13 luglio 2006 at 11:45 said:

    Eh già… :D

    John Trent

  5. Pienamente d’accordo. Questo è cinema. Ma quali sarebbero le innominabili brutture dirette da Soavi?

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