Hei yangquan (I don’t want to sleep alone)
di Tsai Ming-Liang
Venezia 63 – Concorso
Una cosa è certa: in questa Mostra si discute un sacco, e si discute prima e dopo le proiezioni. Esempio limite, l’ultimo film del grande Tsai Ming-Liang, che a molti "tsaiani" non piacerà, figuriamoci agli altri. Ma poi, sotto sotto, il disaccordo trova dei chiari compromessi: la nuova opera del regista, per la prima volta in Malesia, è sì il suo film più difficile e quello in cui abbandona definitivamente la graficità di alcune sue opere e la cinefilia di altre (e quindi la compiacenza di un pubblico meno avvezzo alle sue lentezze), nel diventare l’affresco oscuro e affascinante di una città e di un’umanità – ancora – in preda ad un’assenza di parola, ad una ricerca imperterrita del corpo, di forme d’amore, di famiglia, di quiete, mentre il fumo delle foreste invade le case e le gole, rendendo impossibile anche l’atto più semplice, parlare, scopare, respirare, amare. Tsai ci costringe, ancora una volta, a guardare, e riguardare, e guardare ancora, in un circuito quasi pornografico che ben conosciamo, i suoi corpi silenziosi, prima con ironia e poi con angoscia, e infine – ancora una volta, e più di sempre – con speranza. Un bellissimo film, forse – anzi, più che forse – di transizione, ma capace, con le sue inquadrature fisse e tipicamente sviluppate più in profondità che in ampiezza, di una potenza visiva spesso ipnotica.
io lo attendo con ansia!
Oscarissimo
qui declino. ammetto tutta la mia ignoranza ma quei piani sequenza a inquadratura fissa allungati all’inverosimile mi hanno ucciso. anche se quel finale col materasso galleggiante è spettacolare…
sono una “tsaiana” che non ha apprezzato il film,mi sono sentita quasi presa in giro…però mi è piaciuto così tanto sto tuo post che quasi quasi ci ripenso…
spaventapassere
per me forse il film più bello visto alla mostra…