Miami Vice
di Michael Mann, 2006
- Hola, chico
- Hola, chica
Dal corpo della ballerina che apre il film, quasi in medias res e senza titoli di testa, a quello basculante di Colin Farrel che varca mestamente la porta dell’ospedale, passando da corpi che sparano, esplodono, scopano, corrono, e voci che parlano, telefonano, ingannano, il cinema di Mann si riconferma profondamente materiale, corporeo, sanguigno. Schietto. Nella sua cupezza e sporcizia, un Cinema Puro, in qualche modo. Sporco lavoro, si potrebbe pensare. Senza badare troppo a fronzoli ed abbellimenti, si direbbe. Eppure.
Eppure, distaccando pretese e risultati – ma nemmeno di troppo, suvvia – dallo straordinario Collateral, Mann dà ancora una volta una grande lezione di cinema di genere e non solo, e lo fa sì riadattando qualcosa che conosce benissimo (la serie cult degli anni ’80 che ha masticato per lungo tempo), ma ribaltandone l’impianto dell’estetica e del look, adattandolo ai tempi (bui) e non cedendo alle lusinghe del vintage. E mantenendone intatta nonostante ciò l’atmosfera, prima di tutto nel ritrarre Miami, città di frontiera per eccellenza, più western che noir, e più violenta e barocca di qualunque San Francisco nelle sue ipocrisie e contraddizioni, sia i suoi eroi, duri come il marmo (e i loro corpi, sotto la doccia o danzando, parlano da soli), e sovrastati da una colonna sonora persistente che abbina – a volte in modo convenzionale, più spesso in modo imprevedibile e meravigliosamente illogico – roba come Mogwai e Linkin Park senza riuscire a farne una cacofonia: ne sareste capaci mai?
In definitiva, un film impressionante per compattezza e robustezza, per intrattenimento e per quella sorta di impalpabile amarezza, per soprattutto per il modo in cui riesce, pur nell’esasperazione totale – anzi grazie all’esasperazione stessa – degli stilemi verbali e "fisici" dell’action, ben noti a lui e al grande pubblico, a non farli pesare in alcun modo. Anzi, a restituirne ancora una volta la patina epica che l’altrui troppo (che stroppia) aveva tolto loro. Il risultato è un’intricatissima corsa ad ostacoli, una concitata caccia al ladro tra spacciatori e poliziotti undercover che non lascia un filo di fiato. Ma, c’è un ma: come solo i grandi riescono a fare, Mann a un’oretta dall’inizio schiaccia il pulsante pause e si trasferisce per un po’ a La Habana ("Sono un fanatico del Mojito", "Conosco un posto dove fanno il miglior mojito del mondo") a creare amori impossibili, balli latini, e ovviamente coiti. E paradossalmente, nella sua assoluta e vacua incredulità, è tra le sequenze più belle del film.
Infine, brevemente, una sparatoria finale troppo perfetta per essere vera, e un finale bello, bellissimo, di più, quasi commovente. Toh, un altro grande film. E dio mio, quanto voglio un motoscafo.
Ciao!Bellissimo il tuo blog!
Buona serata,
B.
Non appena uno ti sollecita, ecco che te ne esci con un post degno del film. Nel senso che è bellissimo.
Lo scambio di battute “Hola chic*” è rimasto in mente anche a me. Semplice ma efficacissimo.
violetta aveva pure scritto un post con quel dialogo come titolo…
(a cesare quel ch’è di cesare)
siii..
lo voglio anch’io un motoscafo!
poi faccio il fico andando a bere lo spriz in Albania!
Grande Mann (ma come avranno mai fatto a nn capirlo negli USA?) alla faccia di Moretti (cmq simatissimo anche dalle mie parti). Un saluto e complimenti per il blog.
Ma allora la battuta in italiano l’han tradotta proprio come “sono un fanatico del mojito” ?
sono quasi sicuro. forse potrebbe essere “sono un fan del mojito”, ma no, credo proprio che sia “sono un fanatico del mojito”.
ho avuto un sussulto.
e poi, chi non lo è?
Ecco: grande film magari no. Però diverte, quello si.
Un film fantastico, incolla le retini allo schermo e fa venir voglia di averne ancora appena terminato.
Credo docesse proprio ” Sono un fanatico del mojito ”
Tora
Grazie di aver ricordato l’immagine iniziale della ballerina, rischiavo di scordarla. Che modo grandioso di iniziare un film. Comunque non si capisce come persino i Linkin park stiano alla perfezione in una colonna sonora del genere (ma c’ha messo le mani Kanye West, sui Linkin park, non dimentichiamolo).
com’era il mojito in originale? io ho notato principalmente “there’s undercover and then there’s which way is up” tradotto tipo “c’è sotto copertura e c’è che storia è questa“, e un po’ ci ho patito, che la battuta originale mi era garbata.
Colin Farrell basculante. Ho pensato esattamente la stessa cosa nella scena conclusiva del film. Oltre al fato che stava terminando un film davvero stupendo.
Vedo che ancora una volta non siamo d’accordo. http://smeerch.splinder.com/post/8779552/Miami+Vice
dear frenzis. penso di soffrie di dipendenza dal tuo blog, ma più che altro dalle valutazuioni che dai sui film.
sono un chignola addicted. mai in vita mia ci avrei creduto, ebbene è così.
la signora conchiglia franca (per gli amici il medioman del dipartimento…ti ricordi?)
sigh. miss kegalite and love micheal mann.
la signora conchiglia francaaaaaaaaaaaa
a me ha fatto venire voglia di un mojito…
comunque…l’ho visto ieri sera.e mi sono pentita di non essere andata al cinema quando è uscito ….credo che la fotografia avrebbe fatto acnora più effetto.
davvero bello…considerando la storia, e che non mi sono persa se non per motivi eccezionali neanche una puntata della serie cult…davvero bello! non me l’aspettavo sinceramente…ma mi sono ricreduta.
see ya ^_^
si davvero bellissimo. la scena della sparatoria è da urlo, ormai sembrano tutte uguali e invece no… il grande michael ne sa sempre una + degli altri.
Visto in entrambe le lingue e come al solito l’originale supera la versione tradotta. accidenti però non ho fatto attenzione a questa cosa del mohito…
mat
maledetto mann piace a tutti!!trane me ì,ti odio ,ti odio
La scena finale… Il massimo…
Uno dei miei film preferiti…