The host (Gwoemul)
di Bong Joon-ho, 2006

"L’avete mai sentito dire? Il cuore di un padre che perde un figlio… Quando il cuore di un padre si spezza quel suono viaggia per chilometri. Ecco, avevo proprio bisogno di dirvelo."

Non si poteva chiedere di più, dal terzo film di uno dei migliori registi della Corea del Sud, già responsabile del bizzarro Barking dogs never bite e soprattutto del meraviglioso Memories of murder, perché The host è qualcosa più che un – innegabilmente – ottimo film di intrattenimento. Che già basterebbe. E lo è proprio nel senso in cui abbiamo imparato negli anni ad amare il cinema di Seoul e dintorni, ovvero una perfetta sintesi di uno schietto animo commerciale (il film è costato – e ha incassato – moltissimo, e produttivamente è un autentico blockbuster), l’interesse tutto coreano per lo studio dei generi e il pastiche (un family drama with monster?), l’amore spudorato per il melodramma e il disamore per le "risoluzioni semplici", e un discorso politico e sociale spesso sotteso che in questo caso non si ferma alla metafora ma – ancora una volta, grazie ai riferimenti alla cronaca – colpisce dove fa più male.

The host è insomma tutto ciò, un film complesso ma mostruosamente divertente – nel mio caso con sbalzi di entusiasmo quasi infantile – con tocchi di ironia inattesa (i figli che si addormentano mentre il padre fa "il" discorso) ma con un finale delicatissimo, intimo e commovente. E poi, un film visivamente stupendo, con una ricercatezza nella scelta dell’inquadratura che nel cinema mainstream occidentale generalmente ci sognamo, e un numero incredibile di scene al cardiopalma e girate con una straordinaria perizia tecnica (spesso piani lunghi, lunghissimi , con il mostro che "danza" insieme ai e sui movimenti di macchina) ma alternate a una "cornice" che si prende i suoi tempi e che va a pescare nei cuori dei personaggi grazie solo a uno sguardo (il cast in questo è eccezionale, nessuno escluso – ovvia la preferenza per Song Kang-ho).

E un mostro grosso, grossissimo, che sì afferra le persone con la coda e vomita ossa, ma che soprattutto, con la sua apparizione subitanea – la scena sul fiume è roba da antologia del cinema di genere – e con la sua presenza continua (e non "negata" come accade ormai da molti anni nel cinema horror occidentale e non solo) ribalta tutto da solo molte concezioni e convenzioni contemporanee dello "spavento" dai tempi di Alien. Permettendosi anche di concentrarsi anche su altro, sulla storia di una famiglia che lotta per la sopravvivenza, di uomini che si (ri)scoprono padri, e si (ri)scoprono figli e fratelli, e anche su quella di un paese, inconscio prigioniero culturale, vessato da un’occupazione a metà come quella di molti altri, e di una terra che si solleva dall’acqua, e si rivolta mordendo.

The host è un film che riappacifica totalmente con un cinema che ci mancava tantissimo, che – tolti i soliti noti ormai assunti alla notorietà globale – stavamo per dare per spacciato, ma che, finché ci sarà gente di cinema come Bong, continueremo ad amare e seguire con passione.

Non vedremo questo splendido film in Italia, e forse non ce lo meritiamo. Tre cinepanettoni, e nessun mostro grosso? Sappiate che con un briciolo di impegno e pazienza – voi sapete come, sennò chiedete pure al sottoscritto – ora potrete possederlo in una qualità molto più che dignitosa. E vendicarvi così dei signori che l’hanno bellamente ignorato.

Oppure potete comprarlo qui. Seh.

Memorabilia: [The Mostro Grosso Blog Aggregator]

17 Thoughts on “

  1. sempre più basita per le scelte distributive italiane… ma sarà proprio vero che in Italia nessuno andrebbe a vedere il Mostro Grosso o Inland Empire? Io credo che potrebbero avere una lorol nicchia di pubblico che ripagherebbe i costi distributivi. Non siamo mica tutti scemi… o si?

  2. già, slurp….. appena posso lo devo vedere

  3. Cazzo ci vorrà mai a renderlo commerciabile in Italia, qua l’hanno spacciato per “Alien vs. The Ring” e ha avuto un buon incasso… scrivete sul poster “Quentin Tarantino non l’ha ancora visto, ma è il suo genere e appena ha un paio d’ore libere ha giurato che ci fa avere due righe”…

    MINI-SPOILER

    Togliendo tutte quelle col mostro (c’è poco da fare, è un mostro, e pure grosso), la mia scena preferita è quando tentano di lobotomizzare Song Kang-Ho. Ho provato un’inquietudine che non mi capitava da Brazil.

    FINE SPOILER

  4. mai più senza, mai più senza il mostro che non dimenticheremo. Mai!

    la reine

  5. invvvvvidia boia!

  6. utente anonimo on 12 dicembre 2006 at 22:52 said:

    io il mostro grosso me lo procuro come hai fatto tu, con la differenza che me lo proietto privatamente sullo schermo del nostro cinema, e allora sì che sarà davvero GROSSO. har har har

    (coma)

  7. Io ci terrei tanto a vederlo sig. Kekkoz, ma non lo trovo. Il mio “asinello” è malato e non mi aiuta. Come si fa? ^^

  8. lorsignori rivolgano il guardo ai tumultuosi torrenti

  9. utente anonimo on 13 dicembre 2006 at 03:30 said:

    ma io che ti leggevo prima che tu mi aggiungessi a last.fm e che poi scopro che commenti anche sul mio blog?! no, dico, quanto è ingarbugliato?!?

    :)

  10. oh che bello grazie per la notizia! metto subito il mulo al lavoro!

  11. utente anonimo on 13 dicembre 2006 at 11:23 said:

    piu’ mostri grossi

    meno sexypandori

    toni

  12. Ho finito di vederlo da poco e mi unisco agli entusiasmi e anche agli orgasmi :) Bellissimo.

    1 – musica straordinaria, nessuno l’ha detto.. io la metterei come suoneria

    2 – devo assolutamente capire come fanno sti coreani a creare immagini così brillanti

    3 – per me è un film epico :D

  13. ciao

    causa successo in patria, e non solo, il venditore del film chiede una cifra esorbitante, difficile il recupero in Italia.

    paolo

  14. eh lo so, dannazione.

  15. film straordinario! Nella sua demenza raggiunge vette incredibili e racconta cose serissime divertendo, cosa non facile, anzi…

  16. Demenza? O_o ^^

  17. Anonimo on 17 giugno 2009 at 16:40 said:

    L’inettitudine sembra inizialmente legare i tre fratelli Park, Gang-Du il buffo padre della piccola scomparsa Hyun-seo, Nan-Joo la zia arciere in combutta col tempo e Nam-Joo l’intellettuale democratico pronto ad abbracciare il pragmatismo più produttivo pur di salvare la propria nipotina. Su di loro, a suggellaree la sacralità del legame fraterno, c’è il padre Hie-bong, maschera tragicamente moderna del minimalismo morale tipico della società contemporanea (proprietà privata, tentativi di goffa corruzione, disinteresse e accettazioni in merito alle decisioni del proprio governo).

    Una società anestetizzata dal mezzo televisivo che lascivo si insinua in ogni situazione, mascherando (ancora una volta) l’inettitudine del governo, subordinato alle decisioni, seppur scellerate e vaneggianti, delle forze armate statunitensi.

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