The covenant
di Renny Harlin, 2006
Quando scrivi (o pensi) male di un film ti può capitare di divertirti parecchio. Si dice sempre, è più leggibile una stroncatura che un elogio, o comunque più divertente. Questo succede soprattutto se il film ha avuto anche la sua buona (o misera) fetta di ammiratori. Come Babel, insomma, o come Little miss sunshine, oppure come l’ultimo Lynch, se per caso vi capitasse di avere dei problemi mentali. Oh, si scherza eh. Ah, sai quanto mi piace mettere le mani avanti, ma non si sa mai. Magari c’è gente capace di prendermi ancora sul serio dopo un anno e passa di prejudizi.
Ma che succede se il film non ha avuto alcun estimatore in nessun angolo sperduto del mondo che non sia la cameretta tappezzata di poster dei Good Charlotte di una ragazzina che tiene l’iPod con gli Evanescence a palla nella mano sinistra e una lametta arrugginita nella destra? Attenzione, però: dopo la visione del film di quel fottuto adultero di Renny Harlin, e che il cielo abbia in gloria il pene di Geena Davis per il Suo Sacrificio Per l’Umanità, ho qualche dubbio che il film possa piacere persino a una DevastatedGirl89 qualunque. Perché se davvero il film fosse diretto ad un target ben preciso, un po’ come le pubblicità che passano durante TRL, potrei capire capire e mettermi semplicemente da parte, perché io una specie di vita vera ce l’ho. Ma se non fosse così? Lo dico, sospetto che non lo sia affatto: qui qualcuno ci crede davvero. In tal caso, beh, fa semplicemente schifo.
Vogliamo salvare qualcosa? Direi di no: un baraccone trash e/o tamarro del genere può essere sollevato dalle putrescenti ceneri che produce, a mio avviso, solo se in grado di creare un qualche tipo di discorso intorno ad esso, e intendo fuori da esso. E non è detto che sia un punto di valore: facciamone però una questione di decenza autoriale, o meglio ancora, spettatoriale. Che so, gli ormai onnipresenti sottotesti gay à la Winchester Bros. Per divertirmi almeno un po’, quindi, ho provato a trovare qua e là tocchi di divertita frocianza, esercizio che ultimamente reca a chi vi scrive un notevole e soddisfacente spasso (non solo individuale).
Tutto quello che ho trovato è stato un bacio di sfida (allora, se volete fare la gioia degli Autori di fanfiction, imparate questa semplice maledetta regola: esplicito brutto, implicito bello. Capito? Esplicito. Brutto. Mi sembra chiaro.) e lo stregone cattivo (Sebastian Stan, che è forse l’unico salvabile del cast anche se è conciato come Jason Priestley nelle ultime stagioni, quando si stava già imbolsendo) che urla "I’m going to make you my Wee-yotch!" allo stregone buono (Steven Strait: ecco, segnatevi questo nome su un foglietto. E poi bruciatelo). Chapeau, J.S. Cardone. Hai davvero superato te stesso. Weeyotch. Scommetto che ti sentivi molto intelligente per questa pensata. Per quanto mi riguarda ha più valore clinico di un piss test. Ma dopotutto, cosa possiamo aspettarci da uno che ha scritto e diretto Mummy an’ the Armadillo?
Per il resto, The covenant è tutto quello che ci si aspettava. Solo, way much worse. Si sono sprecati ovunque i paragoni con The Craft, e assolutamente a ragione. Ma in confronto a The Covenant, il film di Andrew Fleming era di-vi-no. E se avete visto The Craft, beh insomma, fatevi due calcoli. Ma là c’era Fairuza Balk che diceva "We are the weirdos, mister", qui c’è un biondo insopportabile – peraltro conciato come Draco Malfoy dopo uno sverginamento precoce – che urla "Harry Potter can kiss my ass" librandosi in volo da un dirupo. Ma magari, dico io. E noi che volevamo solo divertirci, farci quattro risate, vedere delle balle di energia blu sparate contro ragazzetti ricchi, tamarri e ingellati che usano la magia per sollevare le gonne, giocano a calcetto mentre le loro femmine li aspettano al tavolo, e peraltro ascoltano della musica di merda.
E invece, fuffa. Cristo, questa gente non conosce vergogna.