The Darwin Awards
di Finn Taylor, 2006
Facciamo un piccolo briefing, per chi fosse rimasto indietro: i Darwin Awards, presenti sulla rete – in un modo o nell’altro – da più di vent’anni, indicano un "riconoscimento" postumo dato annualmente a persone morte in modo particolarmente idiota, tanto da far indicare la scomparsa di costoro come un evidente progresso positivo dello sviluppo evolutivo della nostra specie. La gente sull’internet è proprio mattissima, signora mia.
Al di là dell’effettivo divertimento di un sito come darwinawards.com (redatto dalla biologa furbacchiona Wendy Northcutt, che ha pure pubblicato un tot di libri sull’argomento), il dato che più mi incuriosiva del terzo film dell’indipendentissimo (e sconosciutissimo) Finn Taylor è uno soltanto: personalmente, di film tratti da siti web, non ne ho mai visto uno. E spero bene che sia l’ultima volta, dannazione: definire The Darwin Awards una sciocchezza è ingentile nei confronti di centinaia e centinaia di sciocchezze sparse nel mondo, e che meritano rispetto. Diciamo piuttosto una schifezza.
Come si può facilmente immaginare, il film è assolutamente privo di qualsiasi sostanza, ma che dico, ritmo, capacità recitative, registiche, tecniche, umane, ed è poco più che un’accozzaglia di morti e/o incidenti causati dall’immensa imbecillità del genere umano (o del genere americano, legati da una trama-cornice ridicola, dai vaneggiamenti e strabuzzamenti del protagonista Joseph Fiennes (sempre più fratello scemo di Ralph) e della più antipatica Winona Ryder ever, e da un numero enorme di attori semi-famosi in particine secondarie. Se il massimo divertimento di un film è dire "ehi ma quella è Juliette Lewis, la popstar!", oppure "ehi ma quello è quel tizio che ha fatto quel film con quell’altro tizio!" oppure "ehi ma quello è Chris Penn, cavoli, se mi avessero fatto vedere questo film prima che schiattasse, avrei scommesso sulla sua morte al volo!", allora le cose si mettono mettono male.
The Darwin Awards è Una Palla Mostruosa e un vero autentico pacco, stracolmo di tutti i tipici attributi dell’indie-cult ma della cui esistenza fortunatamente in pochissimi al mondo si sono accorti. Una volta tanto, scorre sulla mia schiena la netta sensazione di aver buttato completamente nel cesso quasi 90 minuti della mia vita.
Infine, due parole sulla colonna sonora. Già è difficile sopportare un tappeto sonoro finto-jazz degno di un ascensore di terza categoria. Ma come si può pensare di far convivere nella stessa sceneggiatura una spaventosa marchetta agli Wilco (simile a quella che la Portman fece agli Shins in Garden State, per capirci, ma qui non funziona) e la partecipazione – che nel finale diventa ridicola, se non addirittura penosa – dei Metallica?
Ecco, guardiamo questa porcheria invece di Letters from Iwo Jima..
cavoli, non sapevo che chris penn fosse morto!
Uomo crudele…
;o)
Visto ieri e, a parte un abbiocchetto, non mi è dispiaciuto. Comunque non scriverò io la recensione, mica voglio inimicarmi kekkoz, eh!
Ciau!
BenSG
Ora sto in confusione….
mah, non credo che lo andrò a vedere!!
Ciao!!