I’m a cyborg, but that’s ok (Saibogujiman kwenchana)
di Park Chan-wook, 2006
I’m a cyborg è un film che ha uno scopo ben preciso, e si prefigge di definirlo nel modo più compiuto possibile. Si potrebbe persino parlare di film a tema, sotto questa prospettiva: disegnare l’affresco di un microsistema in cui verità e menzogna si incrociano e si fondono (il monologo iniziale di una mitomane, per di più in piano-sequenza, è una dichiarazione d’intenti), e con loro la realtà e l’immaginazione. Una volta tracciate le linee generali, procedere a mostrare come in un mondo dove tali regole sono ribaltate o confuse, anche i modi di rappresentazione e narrazione devono essere sovvertiti o mescolati. E così, tutta la seconda metà del film è un lunghissimo crecendo verso un climax che però riguarda un atto che "nel mondo fuori" è di una semplicità disarmante. In questo obiettivo, Park riesce alla perfezione: basti vedere quanto tutto il sovracitato pre-finale, nonché il finale romantico, sommesso, poetico e abbagliante, funzionino anche e soprattutto da un punto di vista emozionale, pur nella loro paradossalità.
Sarebbe però disonesto tacere del fatto che il film fa una fatica micidiale a ingranare: dopo gli splendidi titoli di testa, dove i credits sono creativamente mimetizzati nell’ambiente – altra dichiarazione d’intenti, per non essere preso troppo sul serio? – e dove racconto, flashback, passato, presente si mischiano in modo magistrale facendoci girare la testa, tutta la prima parte è volutamente lenta e sottotono, stralunata e inafferrabile, volta a delineare le relazioni tra i tantissimi personaggi – seguendo le orme di altri film ambientati in case di cura – più che a procedere in sviluppi diegetici. E da un regista – tutto sommato – concreto come Park, non ce lo si aspettava. Ci vuole, insomma, una bella dose di pazienza. Che però viene ripagata dalla svolta narrativa della seconda parte – che inizia approssimativamente dal "trasferimento" tra Il-Sun e Young-goon, o forse dal sogno ultra-visionario di Young-goon nell’incubatrice – che corrisponde anche a una notevolissima virata qualitativa del film.
Ma vi do un consiglio: se avete intenzione di vedere questo film, tra gli approcci possibili, scegliete quello più vergine. Lasciate stare i film precedenti di Park: quello è un percorso a cui sembra aver rinunciato definitivamente, sottolineando – si capisce – il suo desiderio di una "quiete dopo la tempesta", di una rinfrescante valanga – zuccherina, perché no – dopo le disperate efferatezze dei suoi film precedenti. Che poi ci sono, anche qui, ma sublimate in un paio di straordinarie sequenze semi-oniriche. Da un lato però – basti pensare a quanto si trovi qui della complessa struttura ad incastro (soprattutto nell’incipit) e dell’ironia diffusa e sorniona di Lady Vendetta – si potrebbe parlare anche e tranquillamente di un’evoluzione. Anche se i risultati non sono gli stessi, va da sé.
Il problema di I’m a cyborg è quindi, più che altro, un problema nostro: siamo ormai così abituati a considerare i film di Park Chan-wook come la vetta delle nostre classifiche annuali che non sappiamo più accontentarci. Forse siamo noi a dover fare ammenda, e accettare che il Nostro Prediletto possa girare dei film che siano – come I’m a cyborg, but that’s ok è, innegabilmente – semplicemente bellissimi, dolcissimi, commoventi e – inspiegabilmente, o forse magicamente – di un’universalità quasi spaventosa. E forse nulla più. L’importante è non smettere di sperare che Park possa produrre altri Capolavori in futuro. Magari, chissà, con un paio di canini aguzzi.
la parola “virata” è una inside-joke per un noto blogger. spero che apprezzi.
Interessante
dopo aver letto questa recensione sono sorte alla mente svariate considerazioni sul perché a me cyborg sia piaciuto così incondizionatamente, ma forse sono un po’ troppo “personali” per spiattellarle così, spudoratamente, fra i commenti del tuo blog.
comunque grazie del post catartico
Oh caspita ma adunque la connection promuove a man bassa l’entrata in scena del muletto. Nessuno che aspetti l’uscita in sala eh? ^^ (che forse neanche ci sarà anche questo va detto).
Uff, mi state fortemente influnzando a… procurarmelo. Io sono uno che si fa influenzare specie da queste recensioni così…
Sei troppo buono. E comunque, sposo appieno il tuo pensiero.
(hai dimenticato la firma)
siamo d’accordo sul fatto che non sia un capolavoro, e che dunque non finirà nelle vette delle nostre classifiche annuali
nonostante ciò non si può negare che anche questo “film minore” (se me lo passi) di Park abbia il suo fascino
a fine visione ci si sente sollevati, non inquietati, come negli altri film fel regista, che poi sia o meno un pregio non sono io a stabilirlo
buona serata
(ottimo post eheh, stavo per dimenticare)
(honeyboy sloggato nel commento precedente)
te lo passo, te lo passo eccome.
(anche se ho la netta sensazione che alla seconda terza o quarta visione salirà, e non poco.)
(con park mi era già successo…)
ma perchè non ti avevo ancora inserito fra i link preferiti?
a me lo chiedi? ^^
Virata!
L’ultimo paragrafo di questo post andebbe trascritto in bella calligrafia, fotocopiato e appeso dappertutto. Magari anche negli uffici di chi non l’ha comprato per la distribuzione italiana.
Voglio. Disperatamente. Vedere. Questo. Film.
Noemi da Valencia
(no è che in realtà ho appena capito che è meglio se mi tengo alla larga da riviste e blog come il tuo ancora un altro po’, giusto il tempo di rientrare nel mio paese dove malgrado tutto posso vedere un film senza troppi sforzi….uffffaaaaaaa)
a quando un post nuovo sui telefilm?
(non mi riprenderò mai più dal finale di lost terza serie )
lonchaney
daesu te lo avresti comprato per distribuirlo in italia? io no
Per carità, Cyborg è un prodotto rischioso, ma secondo me in italia si è comprato di molto peggio, anche roba meno vendibile.
Comunque, questo fatto è la riprova che il nome di Park fa mercato solo se associato a splatterate tarantine. E che lo sdoganamento della commedia romantica coreana è ancora lontano da venire.
“Forse siamo noi a dover fare ammenda, e accettare che il Nostro Prediletto possa girare dei film che siano – come I’m a cyborg, but that’s ok è, innegabilmente – semplicemente bellissimi, dolcissimi, commoventi e – inspiegabilmente, o forse magicamente – di un’universalità quasi spaventosa.”
già.
bellobellobello, così bello che spero non arrivi in italia.
si fotta, l’italia.