2 giorni a Parigi (2 days in Paris)
di Julie Delpy, 2007

Ammetto, e non è la prima volta che lo faccio, di non avere nessuna voglia di scrivere questo post. Un po’ perché ho come l’impressione che negli ultimi tempi ci sia – dalle parti dei blog cinematografici come altrove, ma il primo insieme mi preme ben maggiormente – la tentazione a far diventare di ogni discordia una polemica, di ogni differenza un battibecco. E da queste parti il quieto (con)vivere, a costo di ignorare a denti stretti i toni meno pacati, è sempre stata – si può dire – quasi una regola non scritta. Nella maggior parte dei casi, rispettata e funzionale. Chiamatelo pure buonismo – che brutta parola – se volete, affari vostri. Però i tempi cambiano, e a uno, dopo un po’, passa la voglia.

L’altro motivo, più pertinente a questo post nato monco, è che 2 days in Paris non è propriamente l’oggetto cinematografico più stimolante degli ultimi tempi, nonostante l’esplicito apprezzamento dimostrato da altre parti. Intendiamoci, la Delpy fa il suo lavoro come si deve, presenta una storiellina antiromantica sulla scoperta tardiva dei propri limiti e sull’impossibilità dell’idillio amoroso, usa finalmente Adam Golberg come protagonista (il ragazzo è ripetitivo ma talentuoso, e l’ebreo americano paranoico gli viene benissimo) e ha l’autoironia di dipingere se stessa come la più grossa matta sociopatica stracciacazzi di sempre – con l’impressione ben poco vaga che ci sia del vero. L’impegno a non dire troppe stupidate c’è e si vede tutto.

Ma 2 days in Paris è un film che non solo non sono riuscito ad amare: l’ho davvero sopportato a malapena. E decisamente maldigerito, alla fine. Non tanto perché farebbe diventare scemo chiunque abbia dei problemi di gestione della pazienza riguardo alla comicità basata sul reiterato imbarazzo spettatoriale (l’ho detto più volte, mi ci metto nel mezzo), ma perché avere da giocare delle carte così buone, anche se false, e perdere tutte le partite in modo così impunito, è un piccolo delitto nei confronti della commedia. Ora, suvvia, non esageriamo, ci siamo anche divertiti, a tratti: ma perché ora, dopo due giorni, non voglio che parlarne malissimo?

Il post è finito. Mi rendo conto che andarmene così è da vigliacchi, e che dovrei spiegare meglio i perché no rispetto ai perché sì, in casi come questo. Ma, come ho detto in apertura, non ne ho nessuna voglia.

Adam Golberg senza barba è uguale a Sylar pure lui.

17 Thoughts on “

  1. evabbè. primo, probabilmente mi è piaciuto molto perchè l’ho visto a parigi ed ero un po’ esasperato, e secondo, si sa che di cinema non capisco una mazza.

    però in qualche modo potevi scrivermelo: non capisci una mazza. a me fa sempre piacere, dico davvero. e lo sai che non polemizzerei mai con te, maèstro. sempre che non si tratti di tarantino. o payne. o quella roba lì, insomma. saluti e scuse, se ti ho in qualche modo convinto io, o anche io, a vederlo.

  2. (carissimo, mi spiace che tu abbia potuto interpretare la mia pappardella iniziale come indirizzata a te. Non lo era, at all)

    (non è vero che non ci capisci una mazza, suvvia. Anzi, vedi di scrivere più spesso, maledetto)

    (e polemizza pure, dimmelo che non capisco un cazzo, che non ho cuore, che non so più ridere, che sono VECCHIO. Però tieni conto che almeno detesto Judd Apatow, quando scriverai il tuo testamento)

    (riguardo al film, non sei stato l’unico ma ammetto che le tue quattropallette mi hanno dato quella spintarella in più)

    (ma più che i giudizi altrui poté il trailer – e certe dinamiche cinefile di coppia – quindi non preoccupartene. Baci.)

  3. Dov’e’ che ci si picchiava? Sono proprio fuori dal giro :(

  4. Kekkoz, il giovane Punch-Drunk una volta è stato molto cortese con me senza essere obbligato, quindi capirai che sono obbligata a dargli retta fino alla fine dei tempi.

    - vb –

  5. [sorridi: sei su "corona's"]

  6. @Valido: la peggio guèra la trovi qui

    .

  7. Guerra? Ma a me alla fine pare che si siano spiegati tutti… ho visto i soliti sognatori, un paio di fisiologici equivoci e nessun “stronzo” o “vaffanculo” ne’ esplicito ne’ implicito… detto questo, avrei detto volentieri la mia ma ormai non la leggerebbe piu’ nessuno :(

  8. Ecco, ancora in disaccordo.

    Io l’ho amato molto ma forse non faccio testo. Sarà perchè sono uterina, intimista, confusa e ho il culone come la Delpy. Perchè uno dei miei film preferiti è Io e Annie e per certi versi 2 Giorni a Parigi trasporta le sue nevrosi di coppia in un contesto attuale. Perchè amo Nan Goldin, Godard e i gatti grassi. Mi piacevano molto le opere del suo babbo naif che rifà le fiancate alle macchine. Tutta la pippa sulla tomba di Jim Morrison. L’idea che anche i parigini possano essere un po’ pecorecci. Il lieto fine. Perchè per me era un lieto fine… la persona con cui l’ho visto (maschio) ha interpretato il finale con sommo sconforto.

    Bah, l’unica cosa che condivido con te è la poca voglia di parlarne in maniera “scientifica”…

    Baci Frà!

    Michiko

  9. hihi. il giovane punch-drunk non fa altro che provare a costruirsi la strada verso una felice maturità in cui almeno una trentaequalcosenne (in cui qualcosa ha un valore variabile fino, a, uhm, 15) (sì, la sto buttando lì, chiaro) si sentirà riconoscente nei suoi confronti fino al punto da concederglisi più e più volte. ovviamente non funziona, ma nella vita non si sa mai.

    quanto a kekkoz, non mi ero sentito direttamente chiamato in causa, ma corresponsabile della tua visione del film sì. e comunque, si sa che sei vecchio e senza cuore almeno quanto si sa che io non capisco una mazza di cinema: ma va bene così, è una cosa che accetto benevolmente fin quando padron ohdaesu mi nutre e mantiene largo il giro della mia catena.

    e per inciso, valido, tranquillo, appena avrò internet stabilmente sottomano creerò artatamente una pesantissima polemica con te, così saremo NOI, ad essere al centro della scena.

    bisous

  10. Punch-drunk, stronzo, non ho bisogno della tua compassione. Vaffanculo. (facciamogli vedere noi come si fanno le guère su internet)

  11. Cito: “E da queste parti il quieto (con)vivere, a costo di ignorare a denti stretti i toni meno pacati, è sempre stata – si può dire – quasi una regola non scritta. Nella maggior parte dei casi, rispettata e funzionale.

    E domando: ma tutto ciò è considerato buona cosa? Perché? Un eccesso di concordia è stata la prima stonatura che mi è capitato di notare appena entrato in questo modo di cineblogger splinderiani…

    ciao

    Alteredo

    p.s.

    Ho messo su un’intervista a Mario Monicelli

  12. Io, premetto, il film non l’ho visto, ma i sintomi che tu descrivi kekkoz, da nausea depressiva, sono gli stessi che ho accusato a guardare la doppietta del “prima e dopo il tramonto” di Linklater? Non è che la Delpy su quei set è rimasta contagiata? Nel dubbio, me ne tengo alla larga.

  13. Giovane Punch-Drunk,

    sai bene che tra quattro anni potrò fregiarmi ufficialmente del titolo di “MILF”. Diamo quindi il via al conto alla rovescia.

    - vb –

  14. vogliamoci bene

    punto

  15. apprezzo molto. in casi simili, mi sento di dire che quattro anni non sono nulla, in fondo.

    e ora saluti, vado a studiare il tantra con sting ignorando il futile starnazzare dell’anziano signor valido, uno dei dieci blog piu’ VECCHI di internet.

    ad ogni modo, non parlerei di affinita’ di scrittura col binomio linklater. poi boh.

  16. Il blog e’ vecchio, ma il blogger e’ giovan(il)e…

  17. And so that’s ammò-ò-ò-ò-òre.

    - sempre io –

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