Angel
di François Ozon, 2007
Ozon è uno di quei registi di cui, all’interno di un immaginario dibattito tra gli amanti più sconsiderati e i critici più insolenti, non mi sono fatto ancora un’opinione precisa. Prima di tutto perché ho visto ancora poco. Il perché sfugge anche a me, misteri della mia stessa psiche. Non fa eccezione, nella mia brevissima esperienza ozoniana, questo gran bel "esordio anglofono" del quarantenne parigino dopo otto notissimi film in lingua francese.
Se con 8 femmes aveva dimostrato di riuscire a gestire alla perfezione questo tipo di omaggio nostalgico (lì c’erano le Donne di Cukor, e molto altro), qui Ozon riconferma di avere le stesse capacità anche senza l’aiuto di quell’ipnotico e straordinario cast. Angel è però un melodramma smaccatamente plasticato: fasullo, ma nell’unica accezione in cui possa essere un complimento. E lo è: non solo racconta un’ascesa e una caduta nel più classico dei modi, ma si filtra attraverso l’espediente del gioco cinefilo. Dai fondali ai tessuti, dagli abiti ai set, fino ad ogni singola mossa o battuta, Angel si pone come un punto d’arrivo del cinema riproduttivo proprio della – certuni la chiamano ancora – postmodernità.
Chi bazzica qui sa bene che ciò non è considerato un male, se fatto con classe: e di classe Angel ne ha da vendere. Ma se tutto ciò vi può trovare infastiditi, di principio, statene lontani: Angel, per questa sua tendenza esplicitamente cerebrale, e profondamente superficiale, è un film che accontenta la vista più che il gusto, la mente più che il cuore – e tutto questo rende un po’ ardua la parte più propriamente "melodrammatica": proprio perché una volta che il gioco è aperto e sotto gli occhi, fin da subito, è difficile poi riuscire a buttare il cuore alle ortiche.
Ma tutta la prima parte (l’ascesa, appunto) è qualcosa di travolgente e sorprendente, costruito su barocchismi tanto spudorati quanto affascinanti, in cui molta della forza è dovuta all’interpretazione "insopportabile" di Romola Garai, che più che un talento mimico formidabile, che comunque le si riconosce, mostra un’ammirevole abnegazione al "metodo Ozon": sopra le righe eppure ad esso sottomessa. Imprescindibile per questo la visione in lingua originale.
[visto che non è più nella homepage della connection e quindi non si vota, lo dico qui: sono tre pallette e mezzo.]
Quante soddisfazioni mi dà questo ragazzo!
promosso!!!!!!yeahhhhhhhhhh!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!dal prejudice temevo atroci conseguenze…ma il pregiudizio per una volta era sbagliato..^___^
-Alessia-
A me lasciava un po’ interdetto il suo svolgimento/cambiamento finale: Ozon per un’ora e mezzo fa il cerebrale, il decostruzionista… e poi alla fine si butta con tutti i vestiti nel lago del melò più puro. (Che poi ho trovato pure commovente eh. Anzi se c’è qualcosa che un po’ mi ha indispettito nella prima parte era proprio il suo eccessivo cerebralismo).
mi fa piacere che lo abbia recuperato.
Questo film (e la Teodora che lo ha distribuito con coraggio) meritavano sostegno.
e ti consiglio, se ti interessano, i cortometraggi di Ozon, dove si scopre già il suo sguardo limpidissimo e sorprendentemente “maturo” per la sua età.
bravo, kekkoz
concordo in pieno (anche sul voto ^^)
Uff, neanceh tu dalla mia parte:son proprio isolato su questo film..Per me la delusione dell’anno.