Glory to the filmmaker! (Kantoku – Banzai!)
di Takeshi Kitano, 2007

L’allucinante trailer che girava da tempo, e soprattutto le voci da Venezia, dove è stato presentato quest’anno, con esiti piuttosto deludenti, lo davano per certo: chi aveva pensato che la deriva "folle" di Takeshis’ (che nel nostro paese idiota è uscito solo in DVD, qualche mese fa) sarebbe stato un momento di transizione, passaggio autoriflessivo obbligato e peraltro tipico nella carriera di molti grandi Autori, si sbagliava di grosso. Da queste parti, nessuna delusione, perché si trattava di un grande film, in cui Kitano faceva i conti (e a pugni) con la sua carriera, con il caos, con il cinema, irridendo se stesso e la cognizione di sé da parte di critica, fan e pubblico pagante.

Ma se questo film procede indubbiamente nella stessa direzione del precedente, in questo caso ci si avvicina più al delirio incontrollato e parodico di Getting any? che non alla sofisticata sperimentazione di Takeshis’: GTTF è infatti a mio parere l’unico vero ritorno kitaniano al manzai da cui è spuntato: un delirio organizzato metacinematografico e – stavolta davvero – autenticamente demenziale. Basti dire che il protagonista della vicenda principale, interpretato da Kitano stesso, è affiancato per tutto il film da un bambolotto a grandezza naturale con cui vive una dualità paradossale: condividono a volte l’inquadratura mostrandosi come due entità differenti, ma sono indubbiamente la stessa. Oltre a questo, le qualità superumane del secondo vengono puntualmente utilizzate dal personaggio per uscire da situazioni difficili, trasformandosi nel suo inespressivo e stilizzato simulacro.

Vale la pena di spendere due parole sulla struttura narrativa, se così si può dire, del film: da principio, una voce fuori campo racconta del tentativo di Kitano stesso di sfuggire dalla sua mancanza di ispirazione e (proprio come nel film del 2005) dalla sua incapacità di girare un altro film di gangster. Tutta la prima metà, meravigliosamente naif e indescrivibilmente spassosa, è quindi una sequela di incipit di film iniziati e mai portati a termine, la cui brillantezza è data soprattutto dalla metodologia comica usata da Kitano. Che non parodizza in modo tradizionale i generi (tra cui un j-horror, una commedia romantica, un film di fantascienza, un chambara eiga, un incredibile finto-Ozu che fa rizzare i capelli sulla testa) ma fa sì che la ridicolaggine scaturisca autonomamente dalle forzature insite nei generi stessi, senza bisogno di sottolinearle.

La seconda parte è invece "la scelta" effettiva di Kitano, l’unico film che è possibile girare tra le varie opzioni, l’unico che è in grado di raccontare senza dover contraddire i suoi valori (e il suo blocco creativo) ed è – come si poteva prevedere – qualcosa di completamente avulso dagli schemi e dalle teorie dei generi, con personaggi che a volte vi si rifanno vagamente (con un occhio di riguardo, mai così esplicito in Kitano, agli anime, di cui vengono riprodotti letteralmente anche alcuni "luoghi comuni"), ma che vengono comunque assorbiti da una trama talmente assurda che ci sembra di averla sognata. Il suo scheletro, per dire, parla di una donna e sua figlia che irretiscono una guardia del corpo, credendolo un ricco erede, ma visto quello che vi gira intorno non varrebbe nemmeno la pena di citarlo.

Alla lunga però, e spiace davvero doverlo ammettere, la vicenda fa sentire una certa stanchezza. Non si può fare finta di niente, la mistura manca di freschezza: giusto perché è Kitano, ecco, possiamo perdonare idiozie come la parodia di Matrix. Ciò nonostante, ci si diverte come pazzi, se si è dell’umore giusto, e se si è disposti ad accettare che GTTF – questo sì – è un film di transizione, un divertissement arguto e piuttosto perfido, perfetto per fare impazzire i fan, incazzare i critici e lasciare con un palmo di naso quasi tutti gli altri.

Kitano riesce comunque a riempire di significato anche alle cose più triviali, ed è ancora un regista splendidamente lucido e coraggioso. Forse a questo punto siamo arrivati al limite di saturazione in cui rivorremmo solo l’immensa poesia di Hana-bi, ma questo ruolo di elclettico e ingenuotto creatore di mondi (e di allegro distruttore di mondi, nel finale catartico e apocalittico) gli calza che è una meraviglia. In fondo, GTTF è un film talmente spudorato e liberatorio che non riusciamo a non volergli bene. Un po’ di bene. Un poco.

11 Thoughts on “

  1. Credo tu abbia trovato la chiave di lettura giusta, anche se alla fine ti nascondi dietro a un dito :P, dopo alcune voci da venezia che lo additavano come “cagata”…

    lo vedrò.

  2. Credo che gli si possa volere bene qualsiasi cosa giri. ^^

  3. no, erano giuste le voci di venezia, è una cagata.

    solo perchè è kitano e ha girato quello che ha girato non si può permettere di prendermi per il culo. come spettatore ho dei diritti.

    Murda

  4. @kekkoz ti riferisci al fatto che ho dei diritti come spettatore? beh forse hai ragione tu, vedendo le derive che stanno prendendo autori come Kitano e Lynch forse loro non sentono la necessità di rispettare il proprio spettatore.

    Poi però se nessuno gli da più un soldo per produrre i film si lamentano.

  5. utente anonimo on 3 dicembre 2007 at 20:30 said:

    cioè, se tu avessi dei soldi da dare ad un regista per fare un film al fine di fare altri soldi per fare un altro film, li daresti a Lynch o li daresti a Guillermo del toro?

    io li darei a del toro senza pensarci.

    Murda

  6. se avessi una barca di soldi li darei a del toro, se avessi un po’ di soldi li darei a lynch.

    grazie al cielo non ho una ceppa.

  7. io di Kitano sono capace di apprezzare perfino un peto

    (dunque non benissimo ma nemmeno male male come avevo udito, speriamo!)

  8. utente anonimo on 4 dicembre 2007 at 11:55 said:

    Il problema (?) di Kantoku Banzai è che è un film. Se fosse stato, boh, uno special televisivo intitolato “Due ore con Beat Takeshi” noi amanti della comicità giapponese avremmo trovato il nostro Graal. Però a un film di solito si tende a chiedere qualcosina di più. Per dire, al festival di Sitges in sala applaudivano solo i Kitaniani convinti. Me compreso.

    -GF- (che pensa che le vere perle dal Giappone di quest anno siano Sukiyaki Western Django e Dai Nipponjin, e non teme smentite)

  9. Tra “Sukiyaki” e “GTTF”, e lo dico con le lacrime agli occhi perchè io con Miike mi ci fidanzerei pure, allora gloria a Kitano!!!

  10. utente anonimo on 5 dicembre 2007 at 17:14 said:

    Accidenti, facevo meglio a temerle, le smentite…

    Boh, non saprei. Al primo impatto Sukiyaki e Kantoku mi erano sembrati film tutto sommato simili, con poco da dire oltre alla parodia e alle dosi massiccie di gags e nonsense. E mi era sembrato che Miike avesse fatto meglio in entrambi i campi.

    Non approfondisco per non andare off topic (e perchè non credo che ne sarei capace…)

    -GF-

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