Espiazione (Atonement)
di Joe Wright, 2007

Qualche volta, la tentazione purista-filoletteraria tocca anche me, e in tempi recenti ho recuperato il celebre libro di Ian McEwan da cui è tratto il film. Non solo perché me lo sono trovato in mano a causa di un regalo e perché è una di quelle mancanze con cui di solito sfiguri alle feste dell’alta società ("ma come, non hai mai letto Espiazione?"), ma anche – lo ammetto – per la curiosità dovuta all’uscita del film, che ha aperto l’ultima Mostra di Venezia, e il cui trailer aveva penetrato le nostre anime di incallite sedicenni.

Ovviamente, pur accennando la mia soddisfazione per un paio di scelte di adattamento che ho trovato vincenti su un testo che le rendeva davvero ardue (parlo soprattutto dell’epilogo, in cui Wright sopperisce in modo eccellente alla difficoltà di una chiusura-spiegone basata su elementi "caldi" con l’aiuto di artifici "freddi" quali la televisione e lo sguardo in macchina), lascio ogni considerazione sul rapporto libro-film a chi ha deciso di scriverci addirittura una tesi di laurea, e preferirei parlare – brevemente, se possibile, tra un colpo di tosse e l’altro – del film. Che dopo il trionfo di nomination ai Golden Globe si è forse levato di torno quell’alone da film scricchiolante che ha sempre avuto, forse proprio per la notorietà del testo di partenza – rischio con cui Joe Wright a quanto pare si diverte non poco.

E in effetti, parte dell’entusiasmo della critica non è così ingiustificato: Espiazione è sì un drammone scritto a secchiate di tempera sulla tela più che con passaggi di china – per dipingere un drammone grande ci vuole un pennello grande? – e qualche cosa che davvero non si perdona c’è, eccome: qualche leccatina di troppo nella (comunque bella) fotografia, qualche lungaggine nella parte bellica (ma lì anche il libro richiedeva salti di paragrafo a tradimento, almeno il film gli ha dato un po’ di requie), quell’immagine finale con quella capannetta sulle bianche scogliere di questa ceppa.

Per tutto il resto, Espiazione è un film che fa perfettamente il suo dovere: attento a non sviare troppo dal libro di McEwan per non deludere i fan, furbo e accorto nel metterci del suo quando è necessario o quando ci sta bene, intelligente nella struttura (con l’idea eccezionale di "ritmare" il film con il rumore dei tasti di una macchina da scrivere) e piacevole – lì dove c’era più rischio – nello sviluppo narrativo, non sminuisce quello che già era il libro, un potente apologo sul potere della parola scritta – declinato ovviamente, anche in senso cinematografico (ma nulla che McEwan non avesse già pensato) all’inganno mistificatorio dell’immagine stessa. Quindi fa il suo dovere, ma anche qualcosa di più: e come già successe in Pride & prejudice, il "di più" è Joe Wright.

Perché Joe Wright, nel panorama del cinema inglese, è una vera benedizione: non tanto perché tecnicamente è uno dei migliori che ci sia in circolazione, ma perché è un regista di soli 35 anni e con un solo film alle spalle che, dopo essersi preso la briga di dirigere un film tratto da Ian McEwan, ci piazza nel bel mezzo un infinito, pazzesco e inarrestabile piano sequenza di minuti e minuti nel mezzo del "brutto" campo di battaglia di Dunkirk, facendosi letteralmente "bello" in barba a tutto a tutti. Non è adorabile?

12 Thoughts on “

  1. Mi si permetta di concordare!

  2. le si permette! ^^

  3. Mi si permetta di concordare a metà!

  4. mi infilo nella metà.

    Ho sempre scritto Dunkirk alla maniera frOnscese Dunquerque. Mo qual è la versione… ufficiale?

  5. chi mai potrebbe scrivere una tesi di laurea su un argomento del genere? bisogna essere SCEMI!

    (comunque si scrive dunkerque)

  6. adoro quel piano sequenza….e cmq sarebbe dunkerque originariamente alla francese…nel cd della colonna sonora essendo loro britsh si parla di dunkirk…manie di protagonismo british..hihi

    -Alessia-

  7. Concordo anche io!

  8. Penso anch’io che il film abbia qualche soluzione migliorativa del romanzo (ma McEwan, per me, è fuori classifica, cioè uno dei 4-5 più grandi scrittori viventi).

    Quello che mi lascia perplesso è il bisogno di spiegare “troppo” la presa di coscienza di Briony, il capovolgimento del suo punto di vista.

    Ma finalmente si è dimostrato possibile ricavare bei film dai testi di McEwan.

  9. Un film che strappa il sei.

    Notevole l’idea della scansione ritmica della macchina da scrivere:

    mentre la panoramica del campo di Dunquerque, con annesso ospedaletto; l’ho trovato molto “scenico”.

    v 6

  10. Atonement è un bellissimo film. Eros ed emozione a tutti i livelli.

    Da parte mia un bell’8!

  11. recuperato da poco in tv sono corso qui a cercarlo nelle recensioni alla lettere E!

    Concordo pienamente e aggiungerei che il commento musicale con tanto di schiocchi da macchina da scrivere merita davvero un riascolto!

    In definitiva un gran bel film.

    a presto

    S.

    p.s.: sempre complimenti per questo splendido angolo di blogosgfera!

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