La promessa dell’assassino (Eastern promises)
di David Cronenberg, 2007
L’ultimo film di David Cronenberg lascia ammutoliti: e a questo punto, preferisco considerarlo un oggetto misterioso, lasciando ad altri l’onore e il piacere di discernere le sue doti in un’attenta analisi. Il mistero non è tanto che un film recitato per l’80% con accenti esteuropei non suoni mai ridicolo, o che da un trailer interessante ma piatto ci si possa ritrovare davanti un film simile (sorprendente, inatteso), ma che dallo script di Steve Night – una robetta davvero mediocre, con dialoghi scritti con il pennarello a punta grossa sulla carta assorbente e un plot di 25 parole – ne sia uscito un film così robusto, intenso, potente, caustico, persino – disperatamente – romantico.
La storia di una donna alla ricerca della verità, e di un uomo che non può che nasconderla, inserita nel contesto di una Londra che, da dorata promessa diventa l’incubo di un popolo di esuli, nelle mani del regista canadese diviene ben altro: un altro dolente, straordinario viaggio nei più profondi turbamenti della morale. Nonché un ulteriore tassello della riflessione incessante del suo autore sul corpo e sulla mutazione, con i tatuaggi tribali/gerarchici che, nella tradizione cronenberghiana, definiscono, modificando la carne, la stessa personalità dell’individuo, andando ben oltre il mero ruolo di marchi sociali.
Eastern promises è un film anomalo, inafferrabile eppure cristallino, pornograficamente onesto, un gangster-movie senza pistole, crudo e spudorato (ma in cui il "gesto" violento è come al solito testardamente despettacolarizzato), denso e ricchissimo, con un cast favoloso (soprattutto Viggo Mortensen, che supera – e "dona" – tutto se stesso), visivamente impeccabile (grazie al solito fidato Peter Suschitzky) e che regala con il suo finale, "chiuso" e sospeso al tempo stesso, un senso inquietante di impietoso equilibrio tra potere e felicità, tra libertà e sacrificio. Un film che lascia senza parole e con il cuore in gola, anche a costo di aspettare qualche giorno: e onestamente, capisco che possa non piacere, questo Cronenberg. Senz’altro diverso, meno incisivo forse, di quello degli anni ’90: ma dal canto mio, non meno entusiasmante.
Basterebbe citare – se ne parlerà a lungo, e già si è fatto – la sequenza capitale, graphica e terrificante, istantaneamente classica, del "duello" nella sauna: un gioiello dentro il gioiello, un vero e proprio capolavoro iperrealista.
Al cinema dal 14 Dicembre 2007.
Non vorrei prendermi la briga di dirvelo ma, sorprese a parte, le premesse per l’uscita italiana non sono delle migliori: il film è recitato in un misto di inglese, russo, turco, e soprattutto inglese con accenti vari. Ed essendo distribuito da una società dal passato burrascoso che, per iniziare con il migliore degli auspici, gli ha appioppato questo titolo cretino, non è così improbabile che la stessa visione del film venga inficiata definitivamente dall’edizione italiana. Non devo aggiungere altro, intanto vi ho avvertiti.