Juno
di Jason Reitman, 2007
Captatio benevolentiae: questo post parla di un film che mi è piaciuto molto, davvero molto (e invito chi mi legge a tenerne conto in ogni passaggio, a pensare al mio faccino contrito e commosso e ai miei incomprensbili sorrisetti di ammirazione), ma lo farà sottolineando caratteri negativi, oppure cose raccontate con una punta di sarcasmo e con il naso un poco storto, che in realtà non hanno inficiato affatto il gradimento del film. Questione di clima, di umore, di come uno si sveglia la mattina: domani sarebbe stato del tutto diverso. Cosa credete, è sempre così.
Capiamoci, non è che io mi voglia tirare indietro. Però, forse forse, un poco, sì. Perché lo so benissimo che dovrei trovare qualcosa di spregevole, in Juno, perché sarebbe meglio che io non mi ci riconoscessi, e non dico in un personaggio, ma nell’indole generica, perché non ho più l’età per queste cose, perché non ho raccontato la perdita della mia verginità su blogspot, perché se indosso roba a righe e losanghe devo sperare ardentemente che accada perché mi piacciono davvero le righe e le losanghe, perché il mio profilo myspace giace come corpo morto giace, perché fino ai Belle and Sebastian ci arrivo, ma i Moldy Peaches non sono stati un passaggio fondamentale della mia crescita emotiva.
E invece trovo non solo che Juno sia un film assolutamente delizioso e che ha le carte per fare da noi gli sfaceli che già ha fatto negli States – ha avuto anche qui celebri apripista, non mi sorprendo più di nulla – ma che Reitman (una conferma di cui siamo entusiasti) abbia appreso la lezione dei suoi recenti predecessori sundanciani (Terry Zwigoff, Little Miss Sunshine, citando a casaccio) mescolandone gli aspetti più superficiali (i titoli fumettosi, l’irresistibile piangeria della colonna sonora) con una palese vocazione definitivamente commerciale (che però non ha a che vedere con la qualità dell’operazione, e un "inganno" c’è solo per chi lo vuol vedere), e costruendo una storia che è davvero "piccola" e marginale come la sua protagonista e la sua casa, scritta con un linguaggio quasi "realista" (le ristrettezze di dizionario delle giovani protagoniste, totally) che si appoggia con garbo su una rappresentazione schematica, quasi stilizzata, dei caratteri, semplicemente divertente e immediatamente commovente quanto l’abbraccio tra le lacrime di una raggiunta maturità che "chiude" – non prima di una cantatina, via – il film.
Credo che la questione, prendendola con le presine per non scottarsi, possa essere comunque visto al di là delle singole passioni e/o degli stili di vita: Juno è un film che qualcuno troverà sicuramente irritante, forse perché del tutto privo di elementi di contrasto, o forse proprio perché costruito – non sorprende che la sceneggiatrice Diablo Cody sia una blogger, anzi, non poteva essere altrimenti – su questo misto di scaltrezza e ingenuità che potrebbe risultare persino pruriginoso. Ma è innegabile che il film colpisca nel segno, almeno sul suo target in cui ormai mi tocca infilarmi senza indulgere oltremodo, ma che lo faccia con una tale agilità, impressionante, non me lo aspettavo. Pensavo facesse più fatica, ti ci trascinasse a forza. Poi, che a poco tempo da un film come Knocked up, Juno trovi un modo così sfaccettato e – paradossalmente – maturo per parlare di maternità, deo gratias.
Continuiamo ciecamente a venerare Ellen Page, ancora spaventosamente brava (forse perché si ricorda davvero com’è essere nel bel mezzo dell’adolescenza?), pure in guisa unticcia e logorroica. Ma tutto intorno a lei le cose vanno persino meglio, Jennifer Garner compresa. Ma Michael Cera? Ah, Michael Cera for teh win.
Al cinema dal 04 Aprile 2008
Extra: 15 microinterviste a Diablo Cody e Ellen Page, su Youtube.
Però se tutti quelli che vedono Juno escono dalla sala – o spengono il pc, non so – e pensano “si carino, ma mi hanno fregato” qualche problema grave di fondo dev’esserci. Non so. Non riesco a formulare un giudizio coerente sul film, perché sono infastidita da tutti quegli ammiccamenti ma intanto piango lacrime copiose. Sono una mammoletta.
(Non c’entra niente, ma Alopecia nonostante il titolo raccapricciante è veramente un album enorme. Elephant Eyelash lo hai già ascoltato?)
(Questo commento non ha alcuna coerenza. Mi scuso, è un periodaccio.)
@missv: posso cancellare il post e incollare la prima parte del tuo commento al suo posto?
Siamo in linea.
(io un po’ più fiducioso nelle capacità di Reitman, epperò)
(comunque, sì, Alopecia è davvero un disco della madonna. Meglio di Elephant Eyelash? Solo più immediatamente coinvolgente?)
Aspetto questo film con ansia. Sono stupito dal successo americano soprattutto per i numeri (siamo sugli 85 mil). Inoltre, Reitman ha una mano ferma e un occhio sarcastico che difficilmente si possono tradurre in flop, anzi.
Mi hai dato un’ulteriore conferma su questo film, Garner inclusa.
Ho molta voglia di vedere questo film e sto sviluppando una passsione adolescenziale per ellen page. Sì, sono messo male.
Wow, non mi aspettavo affatto tanto entusiasmo. Nel frattempo attendo che la produzione dalle mie parti sia un pò più benevola nei mei confronti ^^
Non so, elephant eyelash era SUPREMO (cit.), questo l’ho ascoltato troppo poco per stabilire se è superiore. E’ straordinario, e per adesso mi basta e avanza, altroché.
(sono l’unica a notare una vena di amara rassegnazione che percorre l’intero post?)
Non saprei se definirla “amara rassegnazione”, ma di sicuro è più amara rassegnazione che “tanto entusiasmo”, però, chi lo sa.
Sono amaramente rassegnato ad essere una mammoletta.
@valido: Schiaffoni! Voglio che lo chiamino “Schiaffoni!”. Con il punto interrogativo! Come “Petrolio!”.
E minimo minimo poi lo chiamano “La schiaffeggiatrice”.
Sulla questione “Diablo Cody = blogger” io ritornerei.
Nel senso: Diablo Cody è o è stata un mucchio di cose (una che ha preferito fare la stripper a un lavoro d’ufficio che non le piaceva; una che ha raccontato l’esperienza in un libro-memoriale; una che ha scritto “Juno”) ma siccome che ha UN BLOG tutti quanta La Scena e non solo la identifica come “una che fa LA BLOGGER”.
Come se “nella vita mi interesso di blog” fosse la somma di tutte le tue parti.
Non so a te, K., ma a me questa cosa fa veramente rabbrividire.
Naturalmente tutto ciò non è affatto legato al fatto che un idiota mi abbia contestato il post su Juno dicendo “lei è una blogger e ha sbancato il mercato diventando celebre, tu sei finita a scrivere una fiction di canale 5, gne gne gne”.
io la identifico come quella che faceva i podcast insieme a edgar wright. bèi ricordi.
Vio, è chiaro che la cosa decisiva per quella frase era il fatto, innegabile, che Diabluccia fosse tra le altre cose una blogger. Uno non può scrivere ogni volta l’intera biografia e storia professionale di Diablo Cody. Qualunque cosa scriva qui farebbe il rumore delle unghie sulla lavagna.
Però, non lo so, se pure io non mi presenterei mai e poi mai usando “blogger” sotto la voce “mestiere”, d’altra parte non voglio nemmeno arrivare alla demonizzazione del termine. Perché, ohi, non c’è un cazzo da fare, io sono un blogger. Se proprio vogliamo dirla tutta tutta, gli ultimi miei tre lavori li ho ottenuti in quanto tale. Sennò ciao, stavo ancora a pulire i vetri all’incrocio di Via Volta.
Ovviamente, tutto sommato, accolgo la tua onestissima e giusta osservazione su quanto sia limitante essere “blogger” al giorno d’oggi – soprattutto quando la gente ama usarlo come sinonimo di “cazzaro di merda torna a studiare” – anche perché la differenza pare essere solo che a me tutto ciò non fa affatto rabbrividire. Ci si vuol bene lo stesso.
Non avevo letto quel commento, ora vengo da te se vuoi e lo sputo.
Leggendo solo cose sparse per qualche motivo mi dava un po’ un’impressione di film à la Zwigoff e la cosa non può che farmi mooolto piacere. Poi dopo Thank you for smoking, per me Reitman è diventato un vero idolo. Che bello che bello che non s’è smagnetizzato il cervello tra un film e l’altro.
giassò che ci casco con tutti i piedi, me lo sento
Non ho capito il riferimento alle righe e alle losanghe.
Guarda, non sono affatto incline alla “demonizzazione del termine”, come giustamente la chiami tu: solo che sempre più spesso, anziché una COSA che uno fa insieme ad altre, mi sembra che stia diventando un modo per marchiare a fuoco quella persona vita natural durante.
Questo è tanto più paradossale considerando il fatto che i blog sono aumentati per numero e diffusione nel corso degli ultimi anni: avresti pensato che, una volta scoppiata la bolla, “blogger” non sarebbe più stata una peculiarità tale da farti presentare alle feste come “lui / lei HA UN BLOG”, cosa che invece capita sempre di più. (*)
Poi, ovviamente, considera che a) io sono allergica al processo “la parte per il tutto”; b) pur sapendo quanto in determinati casi (quorum Cody) AVERE IL BLOG serva / sia servito a trovare lavoro / farsi conoscere / sviluppare contatti / incontrare la ggggente, utilizzarlo come carta pigliatutto mi mette in imbarazzo.
Sarebbe come presentare qualcuno dicendo “ehi, ti presento Ciccio, lui possiede un dvd di Battlestar Galactica!”.
Chiudo qui per non tediare ulteriormente i tuoi lettori, e colgo l’occasione per ricordare alla fascia d’ascolto che l’unica cosa che invidio sul serio a Diablo Cody è l’esperienza lavorativa attorno a un palo.
- violetta –
( * ovviamente non nelle occasioni in cui l’80 % o più dei presenti ha un blog)
a) io sono allergica al processo “la parte per il tutto”
BBuggiarda! E “faccioni”, allora?
(o forse, nel caso di IE, i faccioni sono effettivamente il tutto)
Ti sei risposto da solo, deh !
ciao francesco non c’entra niente col post…mi pare di ricordare che amassi i portishead: il 30 suoneranno all’alcatraz a milano. buon concerto!!!
Attesissimo.
sono proprio curioso di vederlo
@vio e ohdaesu: vi amo. Scrivetemi.
@tvc15: sì, lo so, amassi è effettivamente un verbo adatto se non riduttivo, e sto già sbavando come un animale in calore.
Complimenti per la memoria.
e Juno si becca la nomination come miglior film!
Insieme a Espiazione.
E per non farci mancare l’impegno e l’indignazione, Michael Clayton.
Poi sì ci sono i Coen e il Petroluomo o Petrolezzo, ora non ricordo il titolo italiano.
Sono ancora sconvolto da Juno nominato miglior film.
Sarà una cerimonia bellissima già lo so.
@souffle: sconvolto? Io la trovo una cinquina abbastanza prevedibile, tutto sommato. Chi manca, poi? Cronenberg e Burton.
Per motivi che non mi va di dirti in pubblico, sono stato iper-soddisfatto di questa tua recensione.Il fatto che ti piaccia JUNO mi conforta.Ciao ALP
e dimmeli in privato allora, ora mi hai messo la pulce.
E le righe e le losanghe? E’ un riferimento al film?
(ma una firma? anche a caso, eh, per me, così mi ricordo)
Comunque no, non esattamente, è un riferimento (metonimico e banalmente irrisorio) agli ammiccamenti al look sotteso al film, insomma quello del suo target principale (a volte pure il mio, tragicamente).
Però, se davvero “righe e losanghe” non ti fa nemmeno suonare un campanello, probabilmente ci metterei ore a spiegarti di cosa si tratta.
Parlando del look della “generazione indie” (brr), su wikipedia trovi qualcosa di più preciso a riguardo.
Ma un giretto da American Apparel o da H&M è molto più istruttivo.
haha, kekkoz, e pull&bear dove lo hai lasciato?
cmq esigo ORA un giudizio su into the wild.
Grazie per la dritta. Io, la cultura indie l’ho subita passivamente tramite immaginario, mai sposata. Indosso maglioni di lana fino a maggio e odio le losanghe.
Quello delle righe e delle losanghe.
Concordo pienamente!!!
piaggeria, non piangeria…
saccà ha fatto scuola?
d.