[post in attesa]
Irina Palm
di Sam Garbarski, 2007
Una delle cose più divertenti di Irina Palm è raccontarlo poi ai tuoi amici, che non sanno che cosa sia, e godersi le loro facce: vaglielo a spiegare, poi, che questa trama – che sembrerebbe una cosa maliziosetta e un po’ porcellona, a spiegarla a maglie molto larghe – appartiene a un film così quieto, sommesso, malinconico, delicato, piacevole.
Irina Palm è stato additato da molti come una delle maggiori sorprese europee dell’anno appena trascorso, un po’ perché il suo regista a quasi sessant’anni è ancora praticamente un regista esordiente, ma soprattutto per la presenza inusuale di Marianne Faithfull, che uno in un ruolo così – la donna di mezza età che appende dietro il muro forato dal "buco della gloria" i piccoli simulacri della sua coscienza piccolo borghese, come il quadretto, il thermos del té – non ce la vedrebbe, e invece quegli occhi piccoli, vispi e tristi calzano alla perfezione sul ruolo di Maggie, come uno splendido grembiule adagiato su un corpo invecchiato e pieno di (bellissimi o grigi) ricordi.
Al di là di lei, ci sono molte cose che rendono Irina Palm un film da recuperare: tra queste, senza dubbio è principale il modo in cui Garbarski riesce a giocare con i suoi personaggi (soprattutto in quelli, più didascalici, del figlio e della nuora di Maggie, ma anche nel bellissimo ruolo affidato a Miki Manojlovic), ribaltandone l’identificazione senza mai prendere in giro lo spettatore, ma conducendolo per mano nella storia, con un garbo inaspettato e almeno due scene da conservare immediatamente nella memoria: la prima "lezione" tenuta da Dorka Gryllus (presenza inconsapevolmente meravigliosa: amore a prima vista) e la "rivelazione" ("I wank men off!") alle amiche del quartiere, che nascondono i loro squallidi altarini dietro l’ipocrisia perbenista del té delle cinque.
Io sono leggenda (I am legend)
di Francis Lawrence, 2007
Il terzo adattamento ufficiale del celebre libro di Richard Matheson (dopo il grandissimo film di Ubaldo Ragona L’ultimo uomo sulla terra e Omega man con Charlton Heston, senza contare i debitori come 28 giorni dopo di Danny Boyle) ha dalla sua il fascino senza tempo, forse perché atavico, dell’immagine dell’uomo solitario che vaga in un mondo abbandonato dall’uomo, spazzato via dalla sua stessa mano, l’ybris autodistruttiva, i cerbiatti a Times Square, e tutto il resto.
Detto questo, un po’ come già fece nel suo Constantine, Francis Lawrence ci si siede un po’ sopra, a questa comodità. Non fa molti sforzi, insomma: la materia è già tutta lì, pronta per l’uso. Di suo ci mette degli effetti speciali orripilanti (se davvero era il caso di mostrare tutto, tanto valeva spendere quattro lire di più e studiarsela per benino), una narrazione per flashback segmentati che tira tanto in televisione (viene dritta dritta da Lost) ma che qui risulta vecchierella, nonostante le buone intenzioni, e un senso dell’approccio alla paura che si accosta più al mondo delle graphic novel – almeno, ci prova – che non ai celebri predecessori del romanzo di Matheson e dello "zombie cinema" tout court. Risultato: non fa paura, al massimo qualche saltino, si teme più che altro per il bel cagnone, la tensione è mantenuta al minimo sindacale, non ci si annoia propriamente ma nemmeno ci si esalta. E nemmeno a tratti.
Quello che Lawrence e soci (la WB, che aspettava di far uscire I am legend da 13 anni, che forse non hanno giovato) azzeccano, e che salva il film in corner – oltre a una "scena di lutto" in fuoricampo talmente bella e straziante da spiccare letteralmente il volo rispetto alla quieta mediocrità del film – è questo nuovo Robert Neville, la sua rappresentazione e – perché no – l’interpretazione fattane da Will Smith: un protagonista imprevedibile, paranoico, cupissimo e psicologicamente del tutto fuori controllo (qui potremmo fare della facile ironia sulla passione di Neville per Shrek, che potrebbe però portare anche riflessioni ben più serie che si relazionino magari al rapporto che il personaggio intrattiene con il suo cane, ma questa parentesi è già troppo lunga), che "salva la giornata" per una sorta di illuminazione mistica – un colpo di culo, chiamiamolo – immersa in un clima di sostanziale follia. Non è una robetta da niente.
Però il film è, approssimativamente, quello che avete visto nel trailer. Non è che ve lo raccontino tutto: ma davvero, non c’è molto altro. Siete pronti ad accontentarvi?
Nei cinema dall’11 Gennaio 2008
[attributi]
Ci sono, eh.
In ritardo, ma il nuovo episodio di Friday Prejudice è online.
E benvenuti nel 2008.