Mad detective
di Johnnie To e Wai Ka-fai, 2007

L’ispettore Bum è una testa calda: è convinto di avere un dono trascendente che gli permette di risolvere i casi, si immedesima "radicalmente" con le vittime, e dice di saper vedere – letteralmente – le vere personalità nascoste nell’animo degli individui. Matto come un gatto, certo: però i casi li risolve eccome. Il giorno che decide di omaggiare la purezza del suo capo tagliandosi di netto un orecchio, i suoi colleghi cominciano a pensare che sia anche pericoloso, e Bum viene emarginato. Ma chi può dire davvero quale sia il confine tra realtà e immaginazione, e – allo stesso modo – tra follia e malinconica sopravvivenza?

Queste sono le premesse dell’ultimo film del grandissimo Johnnie To, tornato a farsi spalleggiare dal collega e amico Wai a qualche anno dall’ultima collaborazione: era il 2003, l’anno del bizzarro Running on Karma. Nel frattempo, To è uscito dal "ghetto" della culto cinefilo, è divenuto una presenza fissa dei festival di tutto il mondo (e persino negli scaffali delle videoteche italiane), e asciugando ulteriormente il suo inconfondibile stile ha prodotto autentiche perle come Throwdown, Exiled e i due Election. Mad detective è stato presentato come film a sorpresa da Marco Muller all’ultima Mostra di Venezia, e rappresenta una specie di ritorno alle atmosfere che fecero grande la casa di produzione Milkyway a cavallo tra i due ultimi decenni.

Una storia intricata su identità e sopravvivenza, identità e mito, emulazione, potere, mescolanza ben amalgamata di ghost-story (sui generis) e noir metropolitano, in cui i due registi mettono spesso la loro esperienza al servizio di autentici pezzi di bravura: la sequenza dell’appuntamento a quattro, fatta di silenzi, gesti, e sguardi "nel vuoto" ne è un esempio perfetto. E se Mad detective è chiaramente un’opera disillusa e malinconica, per alcuni versi straziante, toni a cui spesso To ci ha abituato, l’elemento del gioco (soprattutto nell’esplosiva sequenza finale, risaputa e con tanto di stand-off, ma di impressionante perferzione) è ben evidente: To e Wai si divertono a confondere le carte e a mescolarle sadicamente davanti ai personaggi e agli spettatori, ma sanno gestire il continuo alternarsi dei piani di realtà, tra visioni e riflessi, con una scioltezza e una maestria impagabili.

Certamente To ha fatto film migliori, anche negli ultimi anni, e la solitudine alla regia gli ha senz’altro giovato: considerato anche che Wai, nel frattempo, girava Shopaholics. Ma non v’è dubbio che il cinema di To rimanga quasi sempre una spanna sopra quello dei suoi conterranei, schiacciando letteralmente gli emuli per le qualità formali e per l’assoluto genio che contraddistingue la sua messa in scena. E poi, in cima a tutto, c’è l’incredibile performance di Lau Ching Wan.

Per completare la mia noiosissima opinione, vi propongo quella del bravissimo e bellissimo Carlo "lonchaney" Tagliazucca, discussa in un breve e grezzissimo scambio di email che ho trasformato malamente in una specie di micro-intervista.

Carlo, voglio sapere la tua. 
Non è malaccio, dai. Molto (troppo) macchinoso e con vari riciclaggi, soprattutto da The Longest Nite. Il personaggio di Lau Ching Wan è bellissimo, e mi è piaciuta un sacco la scena del ristorante, con lui che se ne parte in moto da solo. Tu che ne dici?
 
D’accordo con te, ma un tantino più contento: qui si respira l’aria della Milkyway di una volta, ci sono un sacco di specchi che si rompono, e la scena per strada con le due mogli è da strappacuore. Bello bello bello.
Sì, dai, però è davvero troppo arzigogolato per convincermi davvero. Mi chiedo quanti minuti di film siano veramente di Johnnie To. Secondo me, pochi.

Però la mano di To nella sequenza finale c’è. E sicuramente in quella del ristorante. E’ vero, però, che è arzigogolato. Più che altro, che casino.
A me piacciono tanto Throwdown e PTU perchè raccontano esclusivamente con le immagini, attraverso gesti e azioni dei personaggi. I Milkyway troppo scritti e troppo waikafaieschi mi lasciano spesso un po’ così.
 

Il DVD (edizione hongkonghese) è in vendita da oggi, a pochi euri.

11 Thoughts on “

  1. To per considerarlo un genio mi basta il paino sequenza iniziale di Breaking News, se poi aggiungiamo Exiled, Election, the mission…

  2. Io voglio che il titolo italiano del film sia “L’ispettore Bum è una testa calda”

  3. oppure “L’ispettore Boom”.

  4. di johnnie to ho “the election”.

    non mi ha soddisfatto e non riesco a capire cosa mi sono perso. lo hai per caso recensito su queste pagine?!

    saluti

    crown

  5. Sì, il mio post su “Election” è qui, quello su “Election 2″ (decisamente superiore) è qui.

    Con il tempo anche il gradimento di Election è risalito. Posso solo dirti: riguardalo con più calma.

  6. utente anonimo on 1 febbraio 2008 at 15:20 said:

    la prossima volta vedo di sforzarmi di più…

    ;-)

    lonchaney impigrito

  7. a me ivnece i milkyway arzigogolati garbano. Poi chi ha diretto cosa mi interessa relativamente, c’è uno che si taglia un orecchio così, c’è il carrello su tutti i ocltelli all’inizio, c’è la zuppa di pescesqualo (squello) … inzomma per uno che ama il cinema della milkyway c’è tutto quello per cui lo ha amato e lo continua ad amare.

    e poi se wai ka-fai dice che fa un film da solo non glie lo va a vedere nessuno poverino.

  8. Interessante.. Ma mettiamo per un secondo che un amico di mio cugino non abbia mai visto un film di Johnnie To.. Da dove dovrebbe cominciare? :D

  9. @murda: “c’è il carrello su tutti i ocltelli all’inizio” – grazie di avermelo ricordato. E per il commento (soprattutto il finale) ho riso come un cretino.

    @jecke: non so quante volte ho risposto a questa domanda nei commenti di questo blog… sii più attento!

    [Scherzi a parte, comincia da "The Mission", che si trova facilmente anche da noi. In Italia trovi anche Breaking News e Election. Andando su mercati "alternativi", A Hero Never Dies e PTU, per iniziare. E poi tutto il resto, ovvio. In italia si trova anche Expect The Unexpeted: non è diretto da lui, ma fai conto che lo sia. Compralo.]

  10. Lo so, sono pigro!

    Grazie

  11. Sono d’accordo che non è all’altezza di altri suoi film. A Venezia mi piacque molto, anche se a volte ebbi dei momenti di incertezza nel comprendere bene ogni passaggio.

    La sequenza al ristorante, al tavolo, è geniale.

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