Cloverfield
di Matt Reeves, 2008
Questo post, secondo me, non contiene spoiler. Ma visto che sulla questione siete tutti molto delicati, fate così: non leggetelo se non avete visto il film. Se volete un giudizio sbrigativo senza dover leggere il post, beh, è decisamente positivo.
Facciamo subito piazza pulita dei due o tre concetti in croce che voglio esprimere sul film di Matt Reeves prima di gettarmi in un ingiustificato e gioioso whooo!: le questioni sono strettamente correlate ma hanno a che fare con il linguaggio del film, con i suoi temi, e con cose più paratestuali come hype e aspettativa. D’altronde, visto che ho gentilmente aspettato tre giorni per scrivere questo post, permettemi di non pormi troppi problemi di spoiler.
Prima cosa. Cloverfield è, come molti di voi sanno, un film interamente girato da uno dei personaggi con una videocamera amatoriale, e si svolge quindi – va da sè – interamente in soggettiva. Una cosa che è già stata fatta, in modo simile e con intenzioni persino più teoriche, in un noto horror di qualche anno fa che tutti giustamente citano. Ma questo è un caso diverso: Cloverfield non è un fortunato giochetto tra giovani e ambiziosi cineasti, vi è una sintesi totale tra cinema di "serie A" e di "serie B" (si notino le virgolette), tra lo-fi e hi-fi, tra digitale grezzo e effetti speciali da blockbuster, che non ha davvero paragoni. Si può dire che quello di Cloverfield è un luogo in cui si trovano due mondi che finora si guardavano in cagnesco, e si trovano piuttosto bene. Dopotutto, sia la camera a mano traballante e finto-amatoriale sia l’effetto digitale che va a caccia del massimo realismo possibile giocano da anni con le medesime istanze di realtà, nonché con l’inganno e con l’accettazione della "truffa" insita nell’esperienza spettatoriale. In questo caso, appunto, si trovano a metà strada, e fanno – con la stessa infantile gioia distruttiva del mostro brutto e grosso – piazza pulita dell’entertainment fracassone degli anni ’90. Ed era pure ora.
Un film che voglia rispettare questa micidiale coerenza di linguaggio, però, porta a una conclusione diretta e scontata: Cloverfield è insomma, soprattutto, come viene sottolineato anche esplicitamente da dialoghi come se ce ne fosse bisogno, un film sulla necessità di guardare, di registrare, di testimoniare. Mi rendo conto quanto sia futile forse portare avanti questa risaputa lettura, ma altrettanto è ignorarla: non solo perché è solo un segno dei tempi, in cui il "nastro ritrovato" non è un documento ufficiale più di quanto sia un lungo filmato su youtube, ma proprio perché il modo in cui tutto ciò è portato sullo schermo: palese, ingenuo, cristallino, irresistibile.
Ma tutto questo, si noti, lo potevamo scrivere senza nemmeno averlo visto, il film. Questo è il motivo per cui una lettura stratificata ha vita breve, anche se – o proprio perché! – viene richiesta a gran voce dal testo stesso. Allo stesso modo, tutto quello che speravate e/o temevate di vedere in Cloverfield svanisce in una bolla di sapone: gli spoiler, la campagna di marketing, il mostro com’è e come non è. Ma il film è tutto lì, in un’ora o poco più, e non c’è niente da rivelare o da scoprire che non abbia a che fare con dettagli anatomici, c’è persino l’artificio manzoniano iniziale, che sta lì proprio a spazzare via qualunque dubbio su come vada a finire tutta la faccenda, fin dal primo minuto. Davvero. Insomma, Cloverfield è proprio qualcosa di cui avremmo potuto scrivere senza vederlo, niente di più e niente di meno. E qui sta il bello.
Perché Cloverfield fa una cosa che da lui non ci aspettavamo, tutti distratti com’eravamo: recupera in tutto e per tutto l’esperienza dell’emozione spettatoriale. Il valore, enorme, di Cloverfield è lì, nel suo farsi intrattenimento circense, divertimento muscolare, tangibile direi. Al di sotto c’è la solita struttura della favola (la principessa da salvare, il mostro grosso, aiutanti e opponenti) e le tendenze catastrofiste di molto cinema americano post 9/11. Ma al di sopra, davanti ai nostri occhi, c’è quest’oretta massacrante di cinema-rollercoaster, primo vero cinema dinamico ad arrivare nelle sale, che ti ingabbia alla poltrona e ti emoziona, scuotendoti letteralmente, come poche cose viste al cinema – e solo al cinema, siete avvertiti* – negli ultimi tempi. Senza dimenticare uno dei migliori personaggi di questa stagione, quello di Hud, di cui per la maggior parte del tempo sentiamo solo la voce – terrorizzata, eroica, pavida, innamorata – perché è pura identificazione, è la personificazione senza volto e senza corpo (come noi, nel buio) dell’occhio ingenuo e insieme ossessivo dello spettatore.
Adesso però tocca al whooo!, posso?
Whooo!
*a questo riguardo, intollerabili freni sono portati dal doppiaggio, indipendentemente dal fatto che sia malriuscito o meno, ma proprio perché cozza con gli statuti di realtà del film, riportandoci troppo spesso con i piedi per terra.
concordo in tutto e per tutto.
figo ci siamo ritrovati a dire le stesse cose praticamente, era da un po’ che non ci succedeva.
vorrei però dire che secondo me (ma magari è solo un malinteso terminologico) non è proprio il dinamismo a farla da padrone, se togliamo la mdp sobbalzante non è che di movimento ce ne sia parecchio, abbiamo degli spostamenti, delle corse, delle salite, ma il tutto avviene a passo d’uomo. E’ molto più claustrofobico che dinamico. In fin dei conti abbiamo della gente che vuole scappare o che vuole raggiungere un posto per poi scappare, e perchè o intrappolata o impossibilitata non ci riesce. Non lo chiamerei propio dinamismo.
Ma so già che intendevi il dinamismo delle cose che succedono e come si succedono, li siamo d’accordo, è dinamico.
Dinamitardo sul cinema fracassone degli anni ’90. Torneremo a rimpiangerlo, sia questo, che il cinema fracassone anni 90.
@murda: ehm ehm, io per “cinema dinamico” intendevo proprio l’attrazione di Gardaland che portava questo suggestivo nome: questo.
Lo so che suona scema come risposta, ma è così. ^^
Posso dirlo?
1) mi e’ piaciuto un tot (per evitare fraintendimenti)
2) rimane una spanna indietro al nuovo Romero, che ha gia’ individuato – e risolto – tutti i difetti che il genere si porta geneticamente dietro (se vi interessa procedo con l’elenco)
3) WOO-HOO!!! (questo era per il mostro grosso, che in quanto a dimensioni e’ perfino piu’ grosso del MOSTRO GROSSO)
ho già palesato il mio pensiero nel prejudice…non mi ripeto..
-Alessia-
@valido: è veramente GROSSO. Il nuovo romero però sarà ancora più GROSSO, ne sono certissimo.
Appena esce anche li’ faccio troppo scatenare il dibattito “Cloverfield vs. Diary of the dead”, e voglio vedere IL SANGUE
la recensione video di mereghetti su corriere.it è più breve ma chiara: questo film fa cahare ^^
Guarda Rosà, questo sono io che non ti rispondo nemmeno. ^^
Io l’ho visto ieri sera e a breve mi metto a scrivere qualcosa. Un commento sintetico sarebbe: “WOAH!”
A me non è piaciuto perché esistono dei limiti al concetto di “personaggi bruttissimi”.
(gne gne gne.)
Forse vado a vederlo oggi senza grosse aspettative…
@kekkoz ahhhhhh beh allora non mi pronuncio..non ho mai assistito a uno di quegli spettacoli
! applausi !
Col cinema dinamico ha soprattutto da spartire la sensazione di nausea che arreca ai poveri spettatori…
Ciaoo Rob
sinceramente speravo fosse Voltron.
lillo
ah perché non era voltron?
voltron è figo.
ringrazia d. anche da parte di a.
tu sai chi sono.
c.
“Col cinema dinamico ha soprattutto da spartire la sensazione di nausea che arreca ai poveri spettatori… ”
Rob principe del lol
Come non essere d’accordo?
Hai sintetizzato abilmente tutti gli aspetti notevoli del film. Per il resto è proprio un film spettacolare da godere con l’immersione visiva.
Aggiungerei, assolutamente da vedere in sala.
m’accorpo al whooo perché il film è
slusho!
“Ma al di sopra, davanti ai nostri occhi, c’è quest’oretta massacrante di cinema-rollercoaster, primo vero cinema dinamico ad arrivare nelle sale, che ti ingabbia alla poltrona e ti emoziona, scuotendoti letteralmente”
woohooowooohooo!!
bocca aperta e mani sudate per tutto il film.
d’accordo con lilith: ASSOLUTAMENTE da vedere in sala, (meglio se in orario improbabile, quando è semivuota).
anemicinema
Panic on the streets of Manhattan
[..] Sono andato a vedere Cloverfield (). Mi ha soddisfatto, e vorrei scriverne qualcosa. Anche per invertire la tendenza che nello scorso autunno mi aveva visto abortire diversi post già allo stato di embrione su alcuni bei film che avevo visto al c [..]
Cloverfield: un mostro grosso, un film grandissimo.
[..] Un film “epocale”. Controllo sul vocabolario il significato del termine: «che caratterizza un’epoca»… sì, allora è l’aggettivo giusto. Tralasciando, almeno per il momento, possibili interpretazioni s [..]
ho detto whooo, iai, iai, iai ancora e poi p***o d*o, merda, fiiiga, nooo alien, nooo adesso non dormo. ho detto nooo.poverina lo salva e muore, poi ho detto cazzo sembra il figone di transformer e alla fine di tutto speravo in uno spin off con il telecronista della cnn che spiagava l’arcano mistero.
gran film, iai.
lillo
Ancora una volta mi trovo d’accordo e sottolinierei anche il rapporto del film con la serialità televisiva di J.J. perché vi si trovano rimandi a “Felicity” (il gruppo di animici post-college), “LOST” (minaccia di cui non si conoscono i “contorni”) e “Alias” (il buon vecchio caro: “niente è come sembra”).
Attendiamo prossime mosse.