Walk hard: la storia di Dewey Cox (Walk Hard: The Dewey Cox Story)
di Jake Kasdan, 2007
"The wrong kid died, the wrong kid died, la la la".
Alla necessaria premessa che di Walk Hard esistono due versioni, probabilmente molto differenti, ovvero quella per le sale (96 minuti) e quella per il mercato DVD (120 minuti), scelta ormai abituale in un mercato come quello delle sale statunitensi dominato da un pubblico perlopiù pigro e distratto, e che in questa sede si parla della seconda, e altresì della sua edizione in lingua originale, non minata dal certo impoverimento dell’adattamento italiano, bisognerebbe aggiungere quella per cui il nostro mercato dimostra una volta di più la sua risaputa cecità, per la quale, all’interno di una sorta di macrogenere qual è ormai la Apatow comedy, si investe molto di più su titoli meno riusciti come Knocked up e 40 year old virgin, maltrattando o ignorando piccoli miracoli quale fu, per esempio, Anchorman, e quale, appunto, è Walk Hard, uscito venerdì in sole 10 sale, davvero pochissime per una "commedia demenziale" – si notino le virgolette – forse per il poco appeal che un attore enorme come John C. Reilly può avere dalle nostre parti, e per dire tutto ciò non ho avuto bisogno nemmeno di un punto.
Perché appunto, Walk hard è davvero uno di quei rarissimi casi in cui un’idea tutto sommato balzana, quella di scimmiottare il biopic musicale, genere tra i più in voga soprattutto nell’ampia categoria degli Oscar movie, diviene, per una sorta di inspiegabile alchimia, qualcosa di più che un film divertente (e qui parliamo di risate continue, quasi dolorose) e riuscito. Ma è spiegabile, in verità: ci si mette soprattutto il fatto che il protagonista è un Attore Vero, che non cannibalizza la scena, come un Will Ferrell per dire, ma che recita. Davvero. E ci si mette pure una confezione del tutto appropriata, un ritmo che non conosce tregua, un utilizzo opinabilmente geniale ma obiettivamente spassosissimo dei cameo "amichevoli" (Jack White e Frankie Muniz che fanno Elvis e Buddy Holly, in primis, ma anche i quattro liverpooliani Jack Black, Justin Long, Paul Rudd e Jason Schwartzman non scherzano), e in cima a tutto una scrittura – tutta farina del sacco Kasdan e Apatow, sceneggiatori e produttori – che conosce momenti di notevolissima grazia, anche a prescindere dal livello "ironico". Vale a dire: Walk hard, cosa assai inusuale per una parodia, funziona anche come film di per sé.
Da qualche parte di parla di Walk Hard come di uno spoof di Walk the line, forse per la popolarità del suddetto film o perché la parte "cashiana" è la più lunga e rilevante: ma è un peccato impoverirlo così. No, Walk Hard è un vero e proprio florilegio dei cliché e dei topoi del cinema biografico, raccolta quasi ossessiva nella sua divertita completezza, con Reilly che con un trasformismo impressionante diventa non solo Johnny Cash ma anche Bob Dylan, Jim Morrison, eccetera, e soprattutto Brian Wilson – in una lunghissima sequenza, ambientata in un casolare tra asini canterini e tappeti elastici, che è già tra i vertici della commedia americana contemporanea. Non solo perché fa ridere, eccome, ma perché ci sta tutta: come fosse quasi il miglior biopic su Brian Wilson possibile. Perché Walk hard è ben più che un’analitica antologia, altro che un freddo sberleffo: come le migliori parodie hanno insegnato, dietro lo scherno si nasconde l’omaggio, dietro l’irrisione l’affetto.
Una delle più belle sorprese della stagione, a oggi la migliore commedia del nostro 2008.
"I want fifty thousand digeridoos!"