I padroni della notte (We own the night)
di James Gray, 2007

Nella lividissima Brooklyn del 1988, il gestore viveur di un locale tanto alla moda quanto malfrequentato, trovatosi di fronte alla paura, alla tragedia e alla morte, è costretto a rivedere tutte le sue convinzioni sulla morale e sul senso della famiglia. Dall’altra parte, appunto, la famiglia: un branco di sbirri, peraltro, capitanati da un padre poco comprensivo e affranto, e da un fratello eroico e noioso. Ma qual è la strada da percorrere, e quali i sacrifici da compiere per riscattare sé stessi e la propria esistenza?

Nell’affrontare questo percorso, non si può dire che We own the night accolga in sé le sfumature le grigio: ci si schiera apertamente e con violenza ci si scaglia, si colpisce e si taglia. Gray è fermo, fermissimo, nel dichiarare l’esistenza – la necessità, forse – di una morale superiore, che si identifichi pure con una divisa. Ma se anche l’opera terza di Gray è un film reazionario, questo non fa di We own the night un Cinema reazionario: è anzi intelligente nell’accogliere il peso, enorme come un macigno, dei movimenti classici (la caduta e l’ascesa, la sconfitta e la rivalsa), donando poi a tutta la seconda parte quest’incredibile aria funebre, funerea, mortifera, e via di sinonimi, che non può che far suonare qualche campana nelle orecchie di chi sa sentire.

Perché alla fine il riscatto c’è, ma è soffocato dal sacrificio, perché l’equilibrio ritrovato è azzittito da un volto che appare e scompare tra la folla, e da lacrime che se anche stavan per uscire – forse non ne son più capaci.

14 Thoughts on “

  1. Mi rendo conto si scontentare chi cerchi un semplice giudizio sommario e/o “numerico”: per quello, come al solito, c’è la Connection.

  2. cazzo, sì! (profondissimo questo commento ^^)

  3. la recensione è molto meglio del film. ^^

    vi ho trovato quella profondità che manca nella pellicola.

    Buona giornata e un abbraccio.

  4. Tiene attaccati alla poltrona e non fa mai guardare l’orologio-quando finisce resti per qualche momento senza parole, per uscire dal film e rientrare in te-questo film è di quelli così e allora è grande cinema.

    ciao e buone visioni

    Francesco M.

  5. Insomma, mi state convincendo un pò tutti che forse forse ne vale la pena…

  6. In occasione delle prossime festività, voglio augurare a tutti gli autori e lettori di tutti i blog che visito, una Felice Pasqua. Ciao da Maria

  7. Tiene attaccati alla poltrona e non fa mai guardare l’orologio? io direi che dopo un quarto d’ora vorresti scappare dalla sala… e l’orologio diventa l’unica ancora di salvataggio…

  8. hot eva mendez….

    heart of glass!

  9. utente anonimo on 23 marzo 2008 at 22:45 said:

    Io dopo che a Eva Mendes viene tirata fuori una tetta con Heart pf Glass in sottofondo avrei potuto serenamente assistere a uno slideshow di radiografie (cit.).

    - Tisa F. –

  10. utente anonimo on 24 marzo 2008 at 21:51 said:

    Comunque la scena dell’inseguimento in auto è bella bella.

    ^_*

  11. Lo è, davvero. Anche quella della retata, cavoli.

  12. Già, pezzi di gran bravura, ma con un finale davvero bruttino e un senso di piattezza generale.

    Ma in ogni caso era dai tempi di Vivere e morire a Los Angeles che non mi esaltavo così per un’inseguimento!!!

    ^.°

  13. con “la scena dell’inseguimento” intendete il momento in cui Joaquin Phoenix balza davanti al posto del guidatore e con un’innocua spintarella fa letteralmente sparire nel nulla il tizio che prima era al volante e che stava lì a peso morto? dai, non ditemi che sono l’unico ad averlo pensato.

    STANIAMOLO COL FUMO!!

  14. eva mendez (scena iniziale in primis) è Magnifica ma il film nn è un granchè secondo me, specie nella seconda parte l'ho trovato un pò loffio..che ne so, dovrò rivederlo e rivederlo in inglese per ricredermi?

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