La banda (The band’s visit) (Bikur Ha-Tizmoret)
di Eran Kolirin, 2007

Per quanto potessi considerare ormai garantito, quasi scontato, l’acclamato e premiatissimo esordio cinematografico di Eran Kolirin, The band’s visit è riuscito davvero a stupirmi: per la sua immediatezza, l’irresitibile leggerezza della sua scrittura, la perfezione di un cast di facce e di voci (dissonanti eppure perfettamente "concertate"). Ma anche per lo stupefacente gusto nella composizione delle inquadrature, in cui il fotografo Shai Goldman riesce a coniugare un gusto estetico da "quadro vivente" con uno stile asciutto che si appaia perfettamente con lo stile e i linguaggi del film.

Una piacevole, piacevolissima sorpresa, sospesa tra la malinconia e l’ironia, tra l’immutabilità e la speranza, tra una riconciliazione aleatoria e disperata e la dolcissima ventata di uno sguardo, o di una carezza, che sia anche lungo una notte sola, che sia anche relegato a un paesino perdutosi nel buco del mondo. Che sia anche sbloccato per un momento da una musica passeggera che arriva e se ne va. E parlare di tutte queste cose senza parlarne affatto, davvero, non è cosa da tutti.

Di indescrivibile grandezza la prova attoriale di Sasson Gabai. La splendida Ronit Elkabetz stravince il premio Quarantenne che ci faremmo 2007-2008.

5 Thoughts on “

  1. Un gran bel film!

  2. Ma anche se fosse quarantacinquenne eh ;)

    Un film che mi ha commosso per gli azzurri.

    Disse de Chirico in visita a Napoli: “Tutti mi hanno parlato degli azzurri di questa città, io mi porterò a casa i grigi.”

    Io direi di questo film:

    “Tutti mi hanno parlato del tentativo d’integrazione tra le genti, io mi porto a casa un’integrazione che parte del cromatico, dagli azzurri …

    Dopo tutto non è l’immagine l’elemento alchemico del cinema?

    E si che erano gli azzurri della divisa della polizia.

    Anche quella della Banda.

    Un film drammatico e brillante, commovente e divertente, al tempo stesso.

    Un viaggio tra Egitto ed Israele.

    Bellissimo.

    Rob.

  3. il film è israeliano ed è pieno di quell’umorismo molto particolare e difficile da spiegare, che solo gli ebrei – a mio parere – sanno donarci e che nessuno sa replicare.

    Ed è anche pieno di “buona volontà” (non si può parlare del cinema di Israele senza tirare in ballo la politica).

    Ovviamente la pellicola è stata vietata nei paesi arabi.

    Poi dicono che non dovremmo stare da una parte…

  4. “non si può parlare del cinema di Israele senza tirare in ballo la politica”.

    E perché mai? Avrei preferito farlo, a questo giro.

  5. Straordinario incontro tra due culture che non mette in ballo assolutamente le diversità e le divergenze ma che gioca sui piccoli o grandi drammi personali, ironizzando delicatamente e deliziando la vista e le orecchie con dei colori romantici e delle note affascinanti. Bellissimo.

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