L’inizio del cammino (Walkabout)
di Nicolas Roeg, 1971
Il primo film del regista inglese, dopo 10 anni di direzione della fotografia (tra cui spiccano La maschera della morte rossa e Fahrenheit 451) e dopo la co-regia di Sadismo (Performance) dell’anno precedente, racconta del viaggio nelle immense e immutabili aree selvagge australiane di una giovane e bellissima ragazza e del suo fratello minore, rimasti soli nel deserto dopo che il padre è impazzito, mettendosi a sparare loro e suicidandosi infine dando fuoco all’auto. Verranno soccorsi da un aborigeno intento a svolgere il suo "walkabout" (rito di iniziazione per cui i sedicenni rimangono sei mesi da soli) che li condurrà attraverso un percorso di immersione nella natura e – in senso più inconscio per i personaggi, palese per noi – di rifiuto nei confronti di una civiltà ritratta in veri e propri segmenti intermedi con piglio grottesco (gli scenziati italiani arrapati) quando non crudele (la fabbrica di statuine, i bracconieri).
Tra i più sorprendenti (e amati) esordi della storia del cinema inglese, il film di Roeg non solo dava un’ideale continuazione a certe istanze sollevate grazie all’avvento e al termine della New Wave britannica, ma allo stesso tempo le superava grazie a uno stile fiammeggiante e personalissimo che rende Walkabout un incredibile quanto inquietante spettacolo, soprattutto per l’eclettismo e la ricchezza linguistica che, in alcuni casi, si trasformano in ricercata ridondanza. Un uso memorabile dello zoom (soprattutto nella prima mezz’ora, per rivelare la solitudine della natura intorno ai due personaggi), ma anche di panoramiche, moltissime macro (sulla fauna selvaggia), grandangoli, persino tendine, fino ad arrivare – nella sequenza dei bracconieri, geniale e quasi insostenibile – a fermi immagine e reverse, e più in generale una varietà di piani e campi che sorprende ancora oggi.
Il film possedeva insomma un coraggio nella sperimentazione inusuale sia per un debutto sia per i tempi, che tradiva sia la sua esperienza di direttore della fotografia (in ogni singola inquadratura si respira il tentativo di far parlare l’ambiente in relazione ai personaggi, e non solo viceversa) sia aspirazioni di deciso ordine teorico – come nella celebre sequenza in cui Roeg utilizza un "montaggio intellettuale" associando la caccia e l’uccisione di un canguro all’opera di taglio di un macellaio. Ma Walkabout non è solo questo: è anche un film di impressionante e immediato impatto estetico ed emozionale, e la stupefacente storia di una scoperta di sé attraverso la scoperta della natura – e, dentro di essa, del pericolo, della paura, della più profonda sensualità, e della morte.
Non esiste un’edizione italiana in DVD. Si può ripiegare sulla edizione inglese o su quella tedesca (entrambe economiche ma senza sottotitoli inglesi) ma se non avete problemi con le Regioni vi consiglio di accaparrarvi la solita edizione Criterion (una delle prime uscite della storica Collection) che è ovviamente di qualità incomparabile alle altre edizioni in circolazione.
La splendida Jenny Agutter aveva 18 anni quando il film uscì, ma 16 anni quando lo girò: con questo sotterfugio, Roeg si permise di includere in montaggio una quantità di scene di nudo – alcune delle quali sottilmente morbose anche se sempre del tutto funzionali – che oggi sarebbe del tutto impensabile. Se la cosa vi tocca, siete avvertiti. Allo stesso modo: se vi impressionano, anche minimamente, gli animali morti nei film, statene alla larga.
Ci stiamo dando al recupero di Roeg o è solo un caso? “Walkabout” (non mi ricordavo affatto il titolo italiano) è davvero bellissimo. Tensione sessuale stupefacente. L’ultimo sguardo di lei, nella bella casa borghese col bel maritino borghese, mi inquieta ancora a distanza di tempo.
anche io amo molto Roeg e apprezzo questi tuoi post… peccato che in Italia non siano disponibili i suoi film (anche The Man who Fell to Earth non è male). Quello che non mi va nei DVD acquistati all’estero è che nel 99% dei casi non hanno nemmeno i sottotitoli per non udenti nella lingua originale (non dico nemmeno quelli italiani, ché mi sembrerebbe presuntuoso). Mah!
Questo qui sotto ha detto una cosa che non e’ vera. Un buon 95% ce li hanno tranquillamente.
La cosa mi tocca eccome.
belli questi post su roeg.
stai facendo una cosa molto bella per chi si vuole avvicinare a questo regista, che io preferisco chiamare cinematogapher.
Tra l’altro ricordo che A venezia un dicembre…. lo trovai a noleggio in una videocassetta nella città che mi diede i natali.
questo nell’era pre blockbuster ovviamente.
be kind rewind
(valido abbi pazienza con me). ^^