American trip (Harold & Kumar Go to White Castle / Harold And Kumar Get The Munchies)
di Danny Leiner, 2004
Quattro anni prima di Escape from Guantanamo Bay, che inizia proprio dove questo finisce, l’esordio di John Cho e Kal Penn nei ruoli di Harold Lee e Kumar Patel ha una trama che definire ridotta all’osso è riduttivo: i due si sono sfondati di marijuana e hanno una fame boia. Ma non di qualunque cosa: vogliono strafogarsi di hambuger di White Castle (la più antica catena di fast food americana), ma il viaggio per raggiungere l’agognato cibo si rivelerà più difficile del previsto.
Probabilmente perché infarcito di un umorismo che spesso è difficilmente esportabile o traducibile*, forse per la volgarità a volte davvero irrefrenabile (le due ragazze che giocano a battleshits nei cessi dell’università) il film di Leiner da noi non ha avuto il successo di altre commedie "triviali", magari basate di più sui pruriti sessuali, mentre negli states Harold & Kumar ha ottenuto con il tempo un discreto statuto di cult, e anche uno sdoganamento critico di tutto rispetto. L’impressione, rimanendo su un discorso già accennato, è che il rifiuto inconscio della stoner comedy dalle nostre parti possa essere legato a una forma di radicata istanza benpensante, per la quale l’uso della marijuana deve essere correlato, al massimo, a suggestioni malinconiche – come in quasi tutti i film di Salvatores, che su questo han fatto scuola – o di necessità di una caratterizzazione più immediata e riconoscibile – come Marco Cocci nell’Ultimo bacio. Ma in fondo, i film della factory dei Vanzina (come Sognando la California) non sono poi così dissimili dai film di Leiner. Solo che non c’è l’erba, e non fanno così ridere.
Harold & Kumar invece fa ridere eccome, anche più del successivo – che introdurrà semmai qualche doverosa sostanza cinematografica all’ineffabile duo. E prima di tutto perché gioca con grande libertà con tutto il discorso sull’omosessualità latente (o meno) dei buddy movies, e lo fa anni prima di Superbad – pur se in maniera meno raffinata. Improponibile una lista delle sequenze più assurde e spassose del film, molte delle quali già notissime (grazie a Youtube) a prescindere dal film: vincono il podio la sequenza onirica amorosa tra Kumar e un sacchetto pieno di maria, l’incredibile monologo di Harold sul sogno americano, e l’impiegato frustrato del fast food che urla Let’s burn this motherfucker down. Tacendo di Neil Patrick Harris che sniffa cocaina dal culo di una spogliarellista: di lui si è già parlato abbastanza.
Il titolo italiano rimetteva sì erroneamente il film nel filone di Road trip, ma gli andò comunque meglio di quanto capitò all’altra stoner comedy di Danny Leiner, il citatissimo Dude, Where’s My Car?, da noi uscito come Fatti, strafatti e strafighe.
*questo post è relativo all’edizione originale, acquistabile qui a meno di 5 euro.
Anche Fatti, strafatti e strafighe aveva il suo perche’. Ma per il tuo bene ti consiglio di recuperare al massimo quello e poi fermarti
fico!
forte!
fico!
forte!
Fatti Strafatti e Strafighe vale la pena anche solo per la scena di loro che ordinano gli hamburger dalla macchina.
comunque io sono di quelli bacchettoni che le battute sulla maria gli mettono sempre un po’ tristezza.. certo però che se mi dici che ci sono le fighe che si tirano la merda, un pensierino ce lo faccio.
Ok, voglio un essay di Kekkoz su “Danny Leiner autore”, due cartelle per domani sulla mia scrivania in triplice copia.
potrei farci un monografico, adesso che ci penso..
Laugh-o-meter altissimo per garriele e valido.
Credo sia la prima volta che, da qui dove sono, viene letta la frase “fighe che si tirano la merda”. Splinder bandito da domani. Saluti.
oh
Messaggio da spasimante abbandonato: ma, ti giunsero le mie mail???
il cliche’ della Maria attorno al falo’ e’ il male del cinema italiano, e tu ne sei la cura.