Akires to kame (Achilles and the tortoise), di Takeshi Kitano
Venezia 65, Concorso
C’era chi, dopo il magistrale ma complesso e discutibile Takeshis’ e dopo il bruttino Glory to the Filmaker, aveva già dato per spacciato uno dei più grandi registi mondiali degli ultimi decenni. Molti di essi si ricrederanno con Akires, un film semplice e stupefacente che è insieme di una coerenza spaventosa (perché spinge sugli stessi pedali, sulla crisi dell’artista, sul consumo e la produzione dell’arte) ma che ha il coraggio di fare marcia indietro e recuperare una linearità che sembrava non interessare più il regista giapponese. Ma solo in apparenza: perché seguendo il percorso del suo protagonista, anche il film percorre strade diverse – quella di un dramma, di una commedia malinconica, di un comico buffo (ma non ridicolo) – con un eclettismo che fa impallidire i più audaci sperimentalisti e insieme un grande gusto del racconto, e una confezione eccellente in cui si inscrivono momenti di bellezza folgorante (tutti i tentativi di "fare arte" degli amici del protagonista) che ricordano per intensità la fiammeggiante filmografia kitaniana degli anni ’90. Bello, bellissimo.
ohhhhhhh
Finalmente è tornato! Uno dei miei favoriti.
Rimango scettico ma comincio a sperare.
Tendo sempre a dar retta a chi dice quello che vorrei sentirmi dire.
Fiuu… rincuorata
evviva!
Anch’io sceticco, ora molto più speranzoso.
Kitano è sempre Kitano.
hai ragione, il film è bello… tra parentesi, l’ho visto con takeshi in sala ed è sembrato divertirsi quando l’audio non è partito.
Resto scettico, i tuoi entusiasmi ormai li condivido raramente