Inju, la bête dans l’ombre, di Barbet Schroeder
Venezia 65, Concorso
Non si può negare che il progetto sia esaltante: un regista francese che reintepreta l’immaginario del romanziere giallo Edogawa Rampo filtrandolo attraverso le suggestioni del noir. Purtroppo il film non si può dire altrettanto esaltante: perché il risultato è di una piattezza sconfortante, estremamente freddo, assolutamente privo di senso dell’umorismo (tanto che, quando ci prova, risulta quasi imbarazzante) e in definitiva tanto noioso quanto ambizioso – e capace di sprecare anche le composizioni più ricercate. Più interessante il film nel film che apre la storia, quasi un cortometraggio, estremamente stilizzato, che omaggia il cinema hard boiled giapponese che fu con una classe e una sottile ironia che poi si perdono completamente dietro a una trama prevedibile e alle faccette da schiaffi di Benoît Magimel.
Benoît Magimel toglie preventivamente due punti di gradimento a qualsiasi film con cui ha a che fare, lo vado sostenendo con forza da mesi.
Benché di solito la risposta standard è semplicemente “Chi?”
Apprendo da Ciak daily che Barbet Schroeder è considerato un regista maledetto. Sì, maledetto il giorno in cui hai deciso di fare il regista.
Maria Sung
Davvero Magimel è considerato una specie di merluzzo? Nei due film chabroliani – e ne La pianista di Haneke – m’era sembrato azzeccato. Anche se in La fille coupée en deux doveva proprio interpretare un faccia-da-schiaffi ricco insopportabile e viziato.
L’ho appena visto e secondo me è indegno!
che film terribile.
Siete tutti troppo duri con questo film