Zero bridge, di Tariq Tapa
Venezia 65, Orizzonti
Il film di Tapa, newyorkese di origini kashmir, girato camera a spalla con una troupe composta anche di amici e parenti, racconta di un diciassettenne che ha rubato il passaporto sbagliato, e della ragazza a cui il passaporto appartiene. Il suo esordio, gradevolissimo, è una piccola vicenda ambientata tra le grigie strade del Kashmir occupato, una storia sull’impulso ala libertà individuale che contiene al suo interno sia un bell’approccio ai meccanismi narrativi dell’equivoco sia un impulso politico non indifferente, frustrato da uno status quo in cui i personaggi sembrano soffocare, annegare nelle nebbie e nello smog e nel fango – che però passa in secondo piano rispetto a una lieve e disperata storia d’amore impossibile tra i due protagonisti.