Z32, di Avi Mograbi
Venezia 65, Orizzonti
La confessione di un crimine di guerra da parte di un giovane soldato isrealiano viene raccolta dal regista, il quale si mette in campo in prima persona inscenando una sorta di musical da camera. Un film molto complesso e altrattanto interessante, che al di là della forte presa di posizione politica nei confronti dell’educazione militare dei giovani israeliani, trasformati in macchine da guerra che "godono" nello svolgere lavori sporchi come la rappresaglia, suscita stupore soprattutto per un’idea che lo caratterizza. Ovvero, grazie al computer, il volto del soldato (e della sua compagna) viene nascosto, prima con un classico "sfumino" e successivamente con una maschera digitale, una una vera e propria "seconda pelle" – diventando così una riflessione sul rapporto tra l’atrocità del reale e i limiti della sua rappresentazione artistica. Forse lungo più di quel che dovrebbe – perché dopo un po’ si capisce l’antifona e non fa che ripeterla – ma senza dubbio stimolante.