Sparrow (Man jeuk)
di Johnnie To, 2008
Una bellissima donna si intromette nelle vite di un gruppo affiatato di borseggiatori, dapprima seducendoli e rivelando poi le sue intenzioni – e la sua richiesta d’aiuto.
Quando mi capita di vedere un nuovo film di Johnnie To, mi chiedo sempre quale potrebbe essere, di fronte a un film come Sparrow, la reazione di uno spettatore che non sia stato iniziato ai film del grandissimo regista hongkonghese. Poi mi ricordo della mia reazione, ai tempi di A hero never dies, e mi rendo conto che To non riesce mai a stufarmi. E chino il capo, sempre, di fronte a questo stile che ha raggiunto ormai un assoluto livello di riconoscibilità – ma che non si trasforma mai in maniera. Sia per le sue spaventose capacità tecniche (che sono in ogni singolo movimento di macchina, ma bucano lo schermo grazie ad alcuni piani-sequenza in cui il lavoro degli attori e sugli attori è altrettanto impressionante), sia per la capacità di raccontare, in questo modo, rarefatto ma immediato, un film costruito apparenemente sul nulla – e su un quadrangolo amoroso che, a raccontarlo, sembrerebbe non dire niente di nuovo.
Invece anche quest’ultimo Sparrow, presentato all’ultimo festival di Berlino, film breve e affascinante anche da un punto di vista produttivo (perché girato nel giro di ben tre anni, tra il 2005 e il 2008, nei ritagli di tempo del cast tra un progetto e l’altro), è un ulteriore tassello della sua maestria cinematografica – nonostante rientri in qualche modo nel circuito del To più "lieve" in cui a predominare sono al massimo conflitti di sconfitta e riscatto. Ma Sparrow fa con i pickpocket ciò che era già stato applicato nel cinema di To, più spesso al mondo gangsteristico delle triadi ma anche (come in Throw down, per esempio) in contesti più specifici: ovvero, un film in cui i rapporti tra i personaggi, anche le comunicazioni più profonde e sentimentali (come la fascinazione, il senso di colpa, il tradimento, la fedeltà), sono raccontati, più che a parole (poche, e scelte con cautela), quasi esclusivamente attraverso il posto che i corpi occupano nello spazio, e attraverso il modo in cui gli stessi corpi si relazionano tra di loro, in un’alternanza di stasi e di movimento reciproco che è ormai il più forte dei marchi testuali del cinema di To.
Il risultato è un’operetta leggiadra che assomiglia più a un lungo brano musicale che a un film – o piuttosto, a un’avvolgente, ironica e irresistibile suite di corpi danzanti.
domanda con spoiler: secondo te perchè il boss alla fine lascia andare kelly lin?
a udine ognuno aveva una sua lettura personale…
lonchaney
Sarebbe bello che il cinema di To arrivasse un po’ anche nelle nostre sale. Non fosse per i festival e le edizioni (tardive e sempre incomplete) di dvd quando li vedremmo…?
Se ti può interessare io ho visto Sparrow a Udine ed era per me il primo film di Johnny To che vedevo. Ho detto solo “whoooooooooa” alla fine.
questo qui di sicuro non uscirà mai…
al massimo esce quella mezza marchetta di Exiled…
lonchaney
Mezza marchetta! Doh! Blasfemo.
non mi avevi risposto…ma io so come stanarti!!!!
lonchaney
Nooooo Exiled era bellissimo!!! E poi è stato il mio primo To, e visto col regista in sala a venessia… so cose che restano!
boh, a me continua a sembrare un restyling/collage dei suoi film migliori, imbellettato e ripulito per i mercati internazionali…ma l’ho già detto mille volte e sono noioso
lonchaney
P:S: intanto nessuno ha risposto al mio quesito…
Lo vado a prendere domani. A te è piaciuto lonsparrow?
à_°
a me sì, molto.
quando lo vedi, rispondi al mio quesito
lonchaney
ah la scena del duello dei borseggiatori con gli ombrelli! Cosa si può desiderare di piu’?