Mamma mia!
di Phyllida Lloyd, 2008
Ci sono cose che in un film faccio veramente fatica ad accettare. E il film tratto dall’omonimo spettacolo teatrale, ispirato a sua volta alle canzoni degli ABBA, ne è una buona antologia. Perché una cosa è la difficoltà di una regia, magari inesperta, a trovare un’idea, un progetto da portare a termine, o almeno una strada da intraprendere. Si può perdonare, la disattenzione. Certo, magari a patto di trovarsi di fronte a un film riuscito, o quantomeno divertente – cosa che Mamma mia! non è.
Altra cosa invece è che della regia, di una qualunque regia, si senta la totale assenza. Mamma mia! è un film in cui sembra succedere tutto a casaccio. E probabilmente è proprio così. Basta vedere il modo in cui sono organizzate le scene musicali, di una legnosità sconcertante – e non parlo solo del profilmico, che è imbarazzante approssivamente quanto atteso da copione, e che fa persino meno danni del previsto. Parlo della messa in scena, della direzione degli attori, e di tutto ciò che competerebbe ad un regista, e che qui è completamente messo da parte. Inesistente. Nella convinzione errata, mostruosamente quanto banalmente errata, che una ventina di canzoni e il carisma di quattro attori possano bastare a sé stessi.
Ma diamine, queste sono lezioni che la produzione di un musical per il grande schermo dovrebbe aver ormai imparato – come ha fatto la maggior parte di esse: non tutto ciò che funziona sul palco funziona sullo schermo. Il testo va ripensato, non basta cambiare gli attori e metterci quattro nomi di grido, magari giocando furbescamente sul loro essere del tutto inadatti al ruolo musicale, e illuminare tutto con un’orripilante fotografia da cartolina. Non è una questione di valore aggiunto: sono testi diversi, che lavorano con linguaggi diversi. Il climax di questo approccio malato al testo d’origine è Meryl Streep che canta The winner takes it all sulla roccia: immobile come uno stoccafisso, con due o tre movimenti di macchina, e Pierce Brosnan che sta lì e se la ascolta tutta.
L’edizione italiana ce la mette tutta per inasprire una pillola già amara, ma il problema non è il doppiaggio, ma sta alla radice, ed è un problema di progetto, di concetto. Oltre che di risultati, va da sé: due palle così. Ma chi lo vuole vedere un film in cui per metà secca del tempo – e non credo di esagerare – tutto ciò che vediamo sullo schermo sono personaggi che si danno il benvenuto e si salutano urlando?
Menzione d’onore per il petto di Amanda Seyfried. E io che non credevo più nel potenziale sessuale del costume intero. Stolto.
Credo che l’approccio a un film di questo tipo sia da prendere diversamente.
Cioè, a me è parsa operazione che giocava proprio sul “dilettantismo” (di regia, di coreografia, di fotografia) che faceva specchio al “dilettantismo” della musica degli Abba (che però non sarebbe da sottovalutare nei suoi aspetti maliziosi).
Se si fa questa concessione, se si prende come cifra del film questo approccio alla mano, se si accetta la scommessa e si sta al gioco, il film risulta assai gradevole.
Certo, per citare Guzzano, se Gimme Gimme Gimme ti ricorda Madonna, allora ti accorgi di tutto il resto, della regia e delle coreografie ed è meglio non vederlo.
Sì, una ventina di straordinarie canzoni e almeno 6 attori (julie waters e la baranski meritano una lodevole citazione) possono bastare.
Specie se il loro divertimento contagia il pubblico (ovviamente quello che ci sta).
Diciamo che, in questo caso, è la differenza tra andare ad un concerto conoscendo tutte le canzoni e capitare là per caso. Alla fine si diverte solo chi conosce le canzoni.
Io poi credo che la grandezza della Streep sulle cui spalle viene lasciato tutto il film, si dimostri proprio nel momento più difficile del film, quando abbandonata a se stessa dalla regista sulla scogliera, che con con pochi movimenti e giocando con un foulanrd, si mangia il film e porta a termine in modo mirabile un pezzo, anche vocalmente, difficile, come The winner takes it all.
un saluto.
Kekkoz, se inizi anche tu a usare “profilmico” e’ finita. Io non so cosa vuol dire e, con tutte le nozioni platealmente inutili che gia’ regnano incontrastate nella mia testa, questa rifiuto per principio di farcela entrare. No, te lo dico…
Ecco, no. Il problema credo che sia proprio questo: Mamma mia è un film, e come tale, per quanto mi riguarda, deve sottostare proprio allo stesso approccio di qualunque altro film. Non vedo alcun motivo – affetto nei confronti degli ABBA? Ma manco fosse un biopic di Thom Yorke, sarebbe lo stesso! – per cui io possa passare sopra cose, peraltro capitali, come quelle che ho descritto.
Nota bene, che anche qui come nel post sto volutamente tralasciando che il fatto al cinema mi sono rotto le palle ma proprio tanto tanto. Poi vabbè, non mi è piaciuta nemmeno la Streep – ma nemmeno un po’, eh. Non ci ho trovato nulla che andasse oltre un’autoironia risaputa, scialba, insomma, ordinaria.
@valido: profilmico, per semplificare all’estremo, è tutto ciò che sta davanti alla macchina da presa. Trovo che usato – e non abusato – in questa accezione semplificata, sia un termine utilissimo da un punto di vista della sintesi, e piuttosto chiaro. Sicuramente non un parolone.
Ma se me lo chiedi tu smetto di usarlo. Dammi un’alternativa però. ^^
Credo che andrò a vederlo solo perchè adoro la Streep e voglio vedere cosa mi combina. Per il resto, non è che mi convinca molto.
e fu così che la veranda venne bombardata da un cannone profilmico e la mamma perì incapace di lanciare un SOS..
-Alessia-
Devo concordare sul petto della giovine. Una grazia.
oltre che sul petto concordo anche sul “potenziale sessuale del costume intero”
Sarà, ma le canzoni degli ABBA sono troppo coinvolgenti! A me è piciuto lo stesso. Anche se mi sarebbe piaciuto vederlo diretto da Luhrman.
Ciao.
Chiara
tutta l’essenza della Critica cinematografica sta qui a mio avviso:
“Il problema credo che sia proprio questo: Mamma mia è un film, e come tale, per quanto mi riguarda, deve sottostare proprio allo stesso approccio di qualunque altro film. Non vedo alcun motivo – affetto nei confronti degli ABBA? Ma manco fosse un biopic di Thom Yorke, sarebbe lo stesso!”
“Io poi credo che la grandezza della Streep sulle cui spalle viene lasciato tutto il film, si dimostri proprio nel momento più difficile del film, quando abbandonata a se stessa dalla regista sulla scogliera, che con con pochi movimenti e giocando con un foulanrd, si mangia il film e porta a termine in modo mirabile un pezzo, anche vocalmente, difficile, come The winner takes it all. ”
Perfettamente d’accordo. Un film che ha mille pecche (la fotografia in certi momenti è imbarazzante) ma che comunicandoti una tale vitalità, gioia, allegria che chiudi volentieri un occhio. A mio avviso infatti dipende solo da te: se vuoi o meno chiudere un occhio e lasciarti la forma alle spalle per perderti nella bizzaria di questo musical rusticano.
Io volevo vedere ‘Il matrimonio di Lorna’ ma non lo proiettavano per problemi tecnici e abbiamo ripiegato sugli Abba. E sono uscita dal cinema lamentandomi che non era abbastanza kitsch. Vuoi fare veramente un film musicale con le canzoni degli Abba? E allora abbonda in lustrini e cartongesso! Tutto il film avrebbe dovuto essere come la sigla finale. Pierce Brosnan con quella tutina aperta sul petto villoso e la panza era un’immagine esilarante.
quanto detto da william dollace – che non vedrà il film – apre considerazioni interessantissime e condivisibili (guarda un po’), che, incredibilmente, erano quelle che facevo con UDP, anche lui rimasto profondamente deluso dalla pellicola.
Le considerazioni, brevemente e approssimativamente, sono queste: di fronte ad un film (o attore o regista o fica o fico di turno) che comunque “ci piace” siamo molto ma molto più indulgenti e non è vero che trattiamo tutti i film allo stesso modo. Salva prova contraria da dimostrare.
e ora, basta per me.
tutto questo l’ho capito guardando semplicemente il trailer e mi sono risparmiato la proiezione
…per quanto mi riguarda invece è stato commovente.
the winner takes it all non mi è sembrato affatto tragico come lo descrivi tu. non serve alcun movimento di macchina, brosnan è meglio che non faccia o dica niente, e non interrompa tutto ciò che la streep riesce a creare da sola. non credo che il fatto che in sala si sentisse un gran strusciare di fazzoletti e tirar su di nasi sia poi così poco indicativo. ma certo, le masse si commuovono con facilità. o forse no?
non so bene cosa mi sia successo in quel cinema, ma dopo i venti minuti in cui mi sembrava tutto casuale e buttato là proprio come dici tu ho capito che l’unica cosa che si poteva fare era lasciarsi andare. e dopo c’erano solo gli abba e meryl streep.
(secondo me il tutto si spiega perchè non ti piacciono gli abba… ;P)
Carneade
ho visto il film e ho dovuto convenire con te sulle qualità della giovane protagonista.
brù
Sì, deluso, molto. E sì, d’accordo con te, molto, moltissimo. Tranne per la menzione d’onore, direi.
Oh, io son sempre d’accordo con le tue recensioni, ma stavolta no… mi è piaciuto! A parte Pierce Brosnam, ovvio.
Ho apprezzato moltissimo il commento a questo cessosissimo film, che raggiunge vette inusitate sulla schifezza che si riesce a produrre… Meryl Streep sempre in saloppette, che urla e sbraita con gli occhi fuori dalle orbite, le sue amiche drogate e ninfomani, la ragazzetta cretinetta che è innamorata come una bambina di 4 anni e mezzo alla seconda giornata all’asilo per ritardati, il posto assurdo, tutta questa agitazione da cocainomani anche quando si tratta di dire semplicemente una cazzata, per obbedire al comandamento del ritmo… Insomma, sono rimasto a vedere il film solo per 2 motivi: il primo era per non far incazzare troppo la mia morosa (che ci teneva) ed il secondo per vedere quanto in basso si possa scendere sul livello del cinema contemporaneo. Penso che ci mancasse solo un monologo della Bellucci per completare il grottesco quadro; il gran finale con la fonte di afrodite (mi aspettavo solo che pure il prete fosse preso dalla smania cocainomane globale) mi stava provocando dei sussulti di vomito che ho a stento trattenuto.
Il film è ispirato a un musical e non credo abbia velleità intellettuali di sorta.
Nel suo genere è ottimamente riuscito, senza punti morti o momenti di noia. I 108′ scorrono via senza che pesino.
Poi, è ovvio, chi non ama i musical non può amare Mamma Mia che è comunque meglio di Burning after reading, che nonostante sia girato dagli ottimi fratelli Choen ha un finale che sembra raccolto in fretta causa penuria di pellicola e fondi per girarlo.