Red cliff (Chi bi)
di John Woo, 2008
Aspettavamo da molti anni che John Woo, uno dei più noti e importanti (oltre che grandi) registi asiatici di sempre, tornasse a fare un film che non dico fosse all’altezza dei suoi capolavori, ma che avesse quantomeno una qualche rilevanza culturale o artistica – ed è difficile negare che, tornando in Cina per questo poderoso kolossal ambientato nel terzo secolo AD, negli anni in cui terminò la dinastia imperiale Han, l’abbia finalmente fatto.
E’ purtroppo però altrettanto difficile trarre delle conclusioni su questo film dopo la sua "prima metà". Red cliff è un progetto monumentale non solo dal punto di vista economico (con un budget di 80 milioni di dollari che ne fa il più dispendioso film asiatico della storia) ma anche per la sua durata. E’ diviso infatti in due parti da due ore e mezza, l’una (questa) uscita in tutta l’Asia nel Luglio 2008, e in Giappone a Novembre, e l’altra (Red cliff 2) in uscita in queste settimane, sempre solo sul mercato asiatico. In occidente, le due parti verranno "riassunte" in un’unica opera, lunga quasi esattamente la metà, per il ben più pigro mercato extra-asiatico.
E l’impressione è che molte cose cambieranno, da questa versione a quella asciugata per "noi": Red cliff è infatti un film epico e avventuroso in cui però le grandi battaglie e le arti marziali fanno parte di una frangia narrativa (ce ne sono soprattutto due, una in apertura e una verso la fine, quest’ultima davvero impressionante) in un film che per la sua gran parte presenta tattiche di guerra, attese, personaggi che si studiano, incontri e scontri psicologici – in una concezione del rapporto tra potenza e atto nel cinema d’azione che probabilmente annoierebbe un pubblico poco avvezzo ma che costituisce la vera anima di Red cliff, tutt’altro che un polpettone bellico in costume ma un affresco storico intelligente e molto complesso che richiede anche una buona dose d’attenzione per non perdersi nel marasma dei nomi dei luoghi e dei personaggi.
A fare la differenza è anche ovviamente lo stile fiammeggiante di John Woo, che gira in modo meno personale ed estremo di un tempo (e meno kitsch, nel bene e nel male, che nei suoi lavori statunitensi), ma che mostra di voler tornare a usare la macchina da presa con quella stessa leggiadria che contraddistingueva i suoi celebri eroici spargimenti di sangue. A ciò si aggiunge la padronanza delle arti marziali (l’action director è Corey Yuen) e un cast assolutamente spettacolare in cui spiccano ovviamente un riflessivo e sensuale Tony Leung, il solito bellissimo Takeshi Kaneshiro, e una delle mie attrici cinesi favorite di sempre: "Vicky" Zhao Wei.
Però, ci si ferma qui: ritmi e scelte narrative di un film che si conclude con un "to be continued" (così bastardo, aggiungo io) vanno affrontati, credo, con il senno della sua conclusione definitiva. Non c’è che dire, non si vede l’ora.
Se avete voglia o fretta di vederlo, e avete capito che l’edizione occidentale potrebbe essere una sonora delusione, è già disponibile su Yesasia la doppia release hongkonghese, senza nemmeno il problema delle regioni: l’edizione DVD costa una ventina di euro, quella Blu-ray una trentina.
Ce l’ho pronto alla visione da diverse settimane ma tra esami e panettoni non ho ancora trovato il tempo. Però visto che uno degli esami è proprio storia della Cina sarebbe anche ora..
Fa piacere sapere che merita.
Jecke
Che gnocca Zhao Wei…
Banjo
Me la ricordo in una cazzatona, “So Close”, accanto ad un’altra gnocca colossale, Shu Qi.
Banjo
So Close era infatti salvato dallo charme e dalla bravura esorbitante delle tre protagoniste.
La terza era Karen Mok.